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Judo

Judo, una disciplina al servizio degli altri sport: il Genius Safe Motor Program di Samo Maslesa fa scuola

Trentanove anni, di cui almeno trenta trascorsi sul tatami e ben venti in qualità di allenatore, Samo Maslesa, judoka sloveno plurimedagliato, ex atleta della Nazionale di judo del Suo Paese, è un uomo che vive di sport e per lo sport.

Laureato in Scienze Kinesiologiche presso la Facoltà di Scienze dello Sport di Lubiana, dove ha rivestito per qualche tempo anche il ruolo di assistente, il Dottor Maslesa ha conseguito in seguito un Dottorato di ricerca in Movimenti Umani e Scienze dello Sport presso la medesima Università, e un analogo Dottorato di ricerca presso il Foro Italico a Roma.

Da anni insegnante di judo presso il Judo Klub Koper, attualmente lavora presso la scuola CKSG di Portorose, dove avvicina i giovani allo sport e insegna anche ai bambini affetti da autismo, iperattività e problemi della sfera comportamentale. Contemporaneamente, porta avanti il progetto da lui stesso ideato anni fa e denominato GSMP: Genius Safe Motor Program.

Samo, quando e come è nato il progetto GSMP?

Il progetto ha preso forma nel 2013. Lavoravo come preparatore atletico per la Nazionale di Pallamano Femminile Slovena. L’allenatrice, un’icona del mondo della pallamano, la Dottoressa Marta Bon, mi ha dato carta bianca, incoraggiandomi a realizzare qualcosa di diverso che migliorasse il gioco delle atlete. Il risultato che abbiamo ottenuto con quella prima esperienza è stato l’argento ai Giochi del Mediterraneo!

Da lì in poi ho capito che il metodo che avevo adottato con la pallamano poteva essere applicato in diversi giochi e discipline e così l’ho proposto anche ad altri sport, da quelli con la palla allo skateboard o agli sport su due ruote, solo per fare qualche esempio.

In che cosa consiste esattamente il progetto?

L’idea di base ruota attorno al concetto di sport sicuro, divertente ed educativo fin dall’infanzia: tutti concetti che emergono prepotentemente dal Mondo del Judo. Ho iniziato con delle fasce giovanili, che però erano già, agonisticamente parlando, al top della carriera. Ora cerco di far sì che questo approccio venga il più possibile usato con i bambini in età evolutiva: lo scopo è permettere lo sviluppo del cervello dei bambini insieme al loro fisico, perché il cervello è l’organo che orchestra i nostri pensieri, sentimenti e azioni.

Il programma, come già accennato, si basa sul judo, definito da CIO e Unesco come lo sport più completo: dal judo ho estratto gli elementi più utili per implementare le altre discipline sportive. Ho notato che i ragazzini non ce la fanno a praticare diversi sport, per diverse ragioni. Da lì l’idea di portare qualcosa dl judo nello sport che già praticavano: se i ragazzi imparano a cadere senza farsi male, perdono la paura che li ostacola nel dare il massimo, nello svilupparsi, nell’esplorare e osare di più. In questo modo permetto loro di sviluppare appieno il loro talento. Uso il principio concentrico, il cui scopo non si limita all’apprendimento di elementi fisici, ma sviluppa il cervello, aiuta la multilateralità e aumenta le possibilità di imparare e progredire. Al bambino non viene chiesto soltanto di svolgere azioni meccaniche sempre uguali, ma di pensare fuori dagli schemi, di trovare soluzioni fantasiose e creative, di abituarli a ragionare con la loro testa. Se, invece, gli diamo soltanto istruzioni ed esercizi, non dandogli la possibilità di metterci se stessi, avremo sempre solo dei mediocri ripetitori.

Come viene recepito questo tipo di insegnamento dai bambini?

È molto importante usare il clima positivo creato attraverso una corretta pedagogia e trasmettere tutto attraverso il gioco, che è il linguaggio che i bambini capiscono meglio e in cui si sviluppano tanti ormoni della felicità (le ossitocine), ma avviene anche la neurogenesi.
Il programma è divertente e dinamico. Le istruzioni vengono date in modo che il bambino le possa capire; vengono cioè adeguate all’età e alla fase dello sviluppo. Andando avanti i partecipanti vengono messi costantemente dal proprio partner di gioco nella condizione di perdere l’equilibrio, il che richiede un adeguamento delle proprie conoscenze psicomotorie, nella maniera più veloce ed efficiente possibile.

Da dove si parte? Quali sono le prime cose che vengono insegnate?

Prima di tutto il bambino impara a cadere e a prendere coscienza del proprio corpo, anche attraverso il contatto con l’altro, sviluppando empatia e intuizione. Il bambino viene messo al centro e quindi diventa parte attiva del programma. Se supera la paura di cadere e lo fa correttamente e impara a rialzarsi in fretta, supera poi la paura del contatto fisico e vede aumentare la fiducia in se stesso, diventa più audace e più abile a trovare soluzioni di gioco non convenzionali.

Che cosa ne pensano gli organi sportivi ufficiali del tuo progetto?

Dallo scorso anno molte Federazioni Sportive hanno appoggiato il Genius safe motor program e questo ha dato una spinta enorme al progetto. Il programma è stato introdotto nella preparazione fisica della squadra slovena di pallamano e in diversi club calcistici che giocano nella serie A slovena e partecipano alla Champions League Europea.

Qual è il prossimo obiettivo?

Mi piacerebbe esportare il metodo anche al di fuori dei confini nazionali, perché credo che i valori trasmessi siano importanti. Il concetto di base è di evitare una specializzazione precoce dei giovani atleti in favore di un percorso ludico motorio che riporti il bambino, ma più in generale, l’atleta al centro e gli insegni a sviluppare il proprio corpo e la propria mente. Ci sono molti sportivi di varie discipline che hanno praticato judo da giovani (Giacomo Agostini nel mondo dei motori, Zidane, Iniesta e Lewandowski nel mondo del calcio, solo per citarne alcuni più noti) e questo ha contribuito senza dubbio alla loro formazione.

La pandemia ha mischiato tutte le carte in tavola e provocato tanti problemi anche al mondo dello sport. Che cosa ti senti di dire a chi non ha potuto praticare il proprio sport per tanto tempo?

Lo sport significa salute. E la possibilità di essere sani e crescere e svilupparsi non può essere tolta a nessun bambino e non ci può essere distinzione tra gli agonisti e chi che fa sport anche semplicemente per la propria salute.

Quando i bambini torneranno a fare sport, saranno cresciuti, e avranno qualche chilogrammo in più... sarà molto importante calibrare prima il loro corpo, imparare a cadere nuovamente, essere piloti della propria navetta corporale.

Ma, soprattutto, spero che gli allenatori facciano del loro meglio per trasmettere positività e ottimismo attraverso lo sport, facendo sì che i bambini (e, perché no, anche gli adulti) imparino giocando.