“Le mie prime impressioni? Non le ho viste!”. Parte con una battuta la chiacchierata con l’atleta non vedente Fabio Serafini e con il suo coach, Fabio Fabbroni (Dojo Equipe Bologna) allo stage FIJLKAM di Lignano.
Accomunati dallo stesso nome di battesimo, da una smisurata passione per il judo e da una grande ironia, Serafini e Fabbroni si sono conosciuti tre anni fa nel dojo bolognese. Si sono capiti al volo e hanno subito fatto squadra. Per dirla con le parole di Serafini è stato “amore cieco”.
Sono quattro anni che Serafini pratica judo, disciplina cominciata a Francavilla al Mare, sotto l’occhio attento della Maestra Chiara Meucci, che ha intuito e incoraggiato le potenzialità del suo allievo.
Ipovedente dalla nascita, la cecità ha colpito Fabio, ora ventottenne, attorno ai sedici anni, senza però minare la sua voglia di fare, né la sua carica vitale, che lo porta a essere impegnato in molteplici attività, dando sempre il massimo Lo stage FIJLKAM è un’occasione per riprendere il ritmo nell’attività judoistica, che, negli ultimi anni, si è inserita prepotentemente nel suo quotidiano.
“Nonostante l’anno difficile, mi sento bene! Le mie impressioni su questo stage sono molto buone, almeno dal mio punto di vista, poi non so il mio maestro cosa ne pensa!” ride insieme al coach Fabbroni. “Nonostante il lockdown, questo stage non lo sto soffrendo tanto, a parte gli acciacchi dopo quasi una settimana di allenamento! Però mi piace, mi sento carico, anche perché il nuovo quadriennio lo voglio fare nella mia nuova categoria di peso, che sono i 73 kg; lo scorso l’ho fatto negli 81, perché ero un po’ più pienotto!” scherza.
“Sì, ci siamo rimessi a posto fisicamente” conferma il coach Fabbroni. “Oltre a Fabio, al Dojo Equipe abbiamo adesso altri due atleti non vedenti: è molto bello lavorarci, perché sviluppa anche per noi insegnanti delle qualità nuove: ci costringe a spiegare e ad acquisire delle sensibilità che sono particolari. Pertanto abbiamo deciso di partire con un corso dedicato ai non vedenti e, nella nuova palestra, che ci verrà consegnata a settembre, parlando con l’amministrazione comunale, che dobbiamo proprio ringraziare, sono stati creati dei percorsi dedicati e adatti ai non vedenti”.
Un ulteriore incentivo a fare sempre di più e sempre meglio, trainando un gruppo di lavoro e fungendo da esempio per chi voglia intraprendere le nostre discipline.
“Le mie aspirazioni, ormai, sono quelle di puntare alto: guardo a Parigi 2024! Anche perché, quest’anno con la FISPIC (Federazione Italiana Sport Paralimpici per Ipovedenti e Ciechi) abbiamo a Tokyo due ragazze che si sono qualificate (ndr. Carolina Costa e Matilde Lauria), quindi ci possiamo arrivare! E speriamo di arrivarci al meglio, portando anche altre persone. Sto cercando di stimolare soprattutto i non vedenti che spesso hanno genitori un po’ restii a fargli praticare sport come il judo, perché li vedono come violenti e non formativi, mentre è l’esatto contrario!”
“Tutto questo lavorando, perché a settembre cominci a lavorare!” specifica coach Fabbroni, faticando a nascondere l’orgoglio.
“Esatto! Inizierò un lavoro in un’azienda a Bologna, dove mi occuperò di risorse umane. Quindi, quando staccherò dal mio lavoro primario, verrò a lavorare in palestra!”
“E alle sei, dopo il lavoro, ci ritroviamo in palestra e lavoriamo fino alle nove e mezza di sera!”
“Be’, i miei genitori li ho tenuti giovani proprio grazie a tutte le attività che facevo: sport, università (conclusa con una Laurea in Lingue e cooperazione internazionale), musica, uscite, escursioni, viaggi all’estero. Sono il contrario dell’archetipo del non vedente: spesso, quando lo si diventa, soprattutto da adolescente, uno tende a chiudersi, ad andare in depressione o comunque a isolarsi molto dall’ambiente sociale, mentre io di carattere ero già forte di mio, quindi ho detto no, voglio fare le robe, fa niente che non ci vedo, ci sono tanti altri modi per farle, quindi troviamo una strada alternativa. A dei ragazzi giovani direi: finché siete ancora giovani, non cominciate ancora a lavorare, studiate soltanto, godetevi al massimo tutto il tempo che avete, facendo cose, facendo esperienze, viaggiando, perché poi, quando cominciate a lavorare il tempo si riduce drasticamente e quindi le esperienze diventano tutte più centellinate! Io, infatti, le mie esperienze le ho fatte soprattutto durante gli anni dell’università e non me ne pento, anzi, lo rifarei e ne farei anche di più, potendo!”
Voglia di mettersi in gioco e capacità di non arretrare davanti alle difficoltà, sempre con un sorriso solare sul volto. Viene da chiedere a Fabio se ha un atleta di riferimento. “No, per un semplice motivo: quando ho studiato canto moderno, la mia insegnante mi diceva sempre: non devi avere idoli, perché tu devi essere te stesso. Puoi magari cercare di imitarli un pochino, nella loro mentalità, però non devi aspirare ad essere come nessuno”.
“Il riferimento è raggiungere i traguardi possibili” aggiunge coach Fabbroni.
“Esatto. Fare il meglio di quello che voglio fare, al massimo delle mie possibilità. Poi, se ci riesco è bene, se non ci riesco è bene lo stesso, perché almeno so che mi sono impegnato al massimo!”