Si è svolto tra giovedì e sabato a Lubiana (Slovenia) l’incontro tra i rappresentanti del progetto Sonkei, che vede coinvolta FIJLKAM FVG insieme a Slovenia, Croazia, Bosnia e Erzegovina, Bulgaria, Romania, Turchia e Portogallo.
A fare da portavoce per la nostra Regione Gianni Maman e Milena Lovato, che ci hanno spiegato principi e obiettivi che stanno alla base del progetto biennale della Comunità Europea promosso dalla Slovenia.
Il raduno è iniziato venerdì con una visita preliminare alla struttura multisportiva del Siska Lubiana, che accoglie tesserati di varie discipline, a partire da 1 anno di età.
“La struttura è davvero notevole e ben attrezzata” ha commentato Gianni Maman. “È stato un bel modo per cominciare la giornata. A seguire siamo partiti con i lavori per il progetto Sonkei. Divisi in tre gruppi, abbiamo lavorato su altrettanti macro argomenti: un protocollo basato sul concetto di fiducia, da adottare per intervenire in casi di violenza, un kit pronto all’uso per individuare il tipo di violenza e agire di conseguenza e un poster da appendere all’interno dei club con indicazione di un referente cui rivolgersi in situazioni critiche.
Uno dei punti cardine del progetto–ha continuato Maman- è sicuramente individuare un responsabile che funga da ricettore della segnalazione di violenza. La parola individuata per identificare questa figura è Ombdusman, ovverosia mediatore: qualcuno dotato di esperienze sia legali che psicologiche, disponibile, di fiducia e in grado di investigare il problema segnalato, per valutare se sia il caso di attivare le autorità competenti o se sia qualcosa di risolvibile con il confronto di genitori e atleti”.
La seconda giornata è stata dedicata all’intervento di due relatori, il dottor Ferry Stepanĉić, che ha esaminato il termine violenza da un punto di vista storico e filosofico e il Presidente della Accademia slovena Olimpica in Europa Aleŝ Ŝolar, che ha illustrato le strategie e le modalità di intervento del Comitato Olimpico in tema di violenza e doping.
A ciascun intervento sono seguiti dei workshop, il primo incentrato su eventuali esperienze dirette di violenza, su progetti già esistenti dai quali prendere spunto e su eventuali proposte da attuare a differenti livelli (di Club, di Federazione, di Stato); il secondo ruotato attorno allo sviluppo di giochi che favorissero i concetti di fiducia, protezione, inclusione, comprensione del diverso.
“Il messaggio portato da Stepanĉić, è stato molto schietto e diretto - ha spiegato Milena Lovato- non esistono delle ricette o delle bacchette magiche per contrastare la violenza, ma noi educatori abbiamo una grossa responsabilità, perché siamo per i ragazzi le persone più importanti dopo i genitori e quindi abbiamo un ruolo determinante anche nel rispetto della prevenzione della violenza e delle azioni contro la violenza accaduta. Dobbiamo cercare noi stessi le risposte e i modi corretti da usare, perché non esiste un’attività o un progetto o un metodo che funziona sempre e comunque, ma sta a ciascuno cercare dentro di sé le risorse per aiutare i ragazzi e per spingere loro a trovare il modo migliore per reagire di fronte alla violenza. Come ha detto Stepanĉić la violenza, è un sintomo di un ambiente, di accadimenti, di situazioni sommerse che sta a noi far venire a galla, con la dovuta delicatezza e sensibilità”.
“Gli aspetti da prendere in considerazione sono molteplici e possono variare da Paese a Paese –ha spiegato Maman- non dappertutto esistono la stessa legislazione o la stessa cultura o il modo di affrontare certe situazioni. Quello cui ambisce il progetto è creare una visione comune che tenga conto di differenze e similitudini, analizzando la violenza in tutte le sue forme, ponendo particolare attenzione al mondo dello sport e a un’educazione pedagogica sempre più fruibile dai coach”.
Un lavoro lungo e complesso, che, nei mesi a venire dovrebbe gradualmente portare alla creazione di un protocollo comune, analizzato e condiviso tra i partner, nella speranza di creare uno strumento pratico che possa fare davvero la differenza.