Il progetto Sonkei – Erasmus plus è anche questo: la possibilità di incontrare e conoscere persone che vivono in altre realtà, parlano lingue differenti, ma condividono valori, speranze e prospettive.
Tra i compagni di avventure di questo interessante percorso abbiamo avuto la possibilità di conoscere meglio il Maestro croato Slaviŝa Bradic, a tutti noto come “Brada”.
Largo sorriso, sempre pronto a esplodere, personalità carismatica e passione per il judo e i valori dei quali è portatore, Brada ci affascina con i suoi racconti su viaggi ed esperienze in giro per il Mondo, in particolare in Giappone, dove, al Kodokan, è ormai di casa.
Maestro 7° dan di judo, insegnante membro del Kata Commission all'interno dell’IJF Academy, un dottorato di ricerca in Scienze Motorie, da alcuni anni anche Segretario Generale della Federazione Sportiva di Fiume.
Maestro, tra tutte queste attività, qual è il risultato da Lei conseguito che La rende più orgoglioso?
I miei allievi hanno vinto diverse medaglie in competizioni locali, nazionali e internazionali e questo non può che rendermi orgoglioso. A ogni modo, credo che il mio maggior successo sia stato l’essere riuscito a trasformare quei bambini che hanno iniziato a praticare judo con me da piccoli in veri maestri e persone affermate, che sono oggi validi membri della nostra comunità.
Il Suo contributo alla promozione dello sport e all’assistenza dei club croati ha rivoluzionato il modo di vivere delle associazioni. Da dove è iniziata questa trasformazione?
L’idea e l’obiettivo originale del judo è di sviluppare al massimo il proprio potenziale fisico, intellettuale e morale e renderlo disponibile alla propria comunità, che pertanto riesce a progredire. Penso che il judo non venga utilizzato abbastanza in ragione di questi scopi originari e che dovremmo lavorare per realizzare fattivamente i valori di cui è portatore. Personalmente, ho iniziato a lavorare intensamente per far sì che il judo diventi un elemento ufficiale dello sport nelle scuole e ci stiamo gradualmente riuscendo. A partire dal 2013 il judo è diventato ufficialmente parte degli sport praticati a scuola in Croazia. Questo è molto importante, perché la percezione della società è tale che tutto ciò che passa attraverso il sistema educativo è qualcosa di serio, utile e documentato. A questo modo il judo ha una grande opportunità di diventare ancora più popolare. Oggigiorno, il judo è riconosciuto in Croazia come uno sport popolare, che include tutti i segmenti, dagli sport alle competizioni senza trascurare l’aspetto educativo. Indubbiamente non è sempre facile e richiede molto sforzo per superare alcuni ostacoli. Attualmente, abbiamo una grande quantità di lavoro e l’opportunità di far praticare judo ai bambini con disabilità, attraverso il kata, ma anche ai veterani e come sport che aiuta altri sport.
Il judo Le ha permesso di viaggiare attraverso il mondo, vivendo esperienze significative in Africa e in Giappone: che cosa l’ha colpita maggiormente a livello culturale e judoistico dei Paesi che ha visitato?
Il judo mi ha dato l’occasione di vedere diverse parti del mondo e differenti culture, assistendo a diversi sistemi e approcci, ma anche all’incontro tra culture e Paesi. Di certo, essere parte dell’IJF è qualcosa che impressiona tutti quelli con cui parlo, perché mi dà l’opportunità di lavorare con i più grandi maestri di judo nel mondo. Ogni Paese e ogni cultura ha lasciato un segno su di me e in qualche modo mi ha fornito una miglior visuale sulla vita. Il Giappone di certo è la terra madre del judo e i momenti che ho trascorso laggiù sono stati davvero indescrivibili, dal duro lavoro con grandi Maestri all’aver imparato ad arrampicare sul Monte Fuji (ho raggiunto la vetta per tre volte e mi auguro che lo farò ancora in futuro!): decisamente uno dei miei sogni giovanili è diventato realtà. L’Africa mi ha insegnato ad apprezzare in profondità i valori della vita, perché la gente laggiù lavora molto duramente malgrado le condizioni di vita e lavoro siano ridotte al minimo indispensabile. Ho viaggiato molto per diversi Paesi intorno al Mondo e ciascun luogo mi ha lasciato un segno sul cuore e sono felice di ricordarli attraverso gli eventi che ci hanno visti partecipi insieme, ma, soprattutto, attraverso le persone che ho incontrato e che sono diventate miei amici.
Lei ha conseguito un dottorato di ricerca in Scienze Motorie in Inghilterra: quali sono i passi che l’hanno portata a poter cogliere una simile opportunità?
Ho conseguito il Dottorato presso l’Università di Hertfordshire a Londra, una logica prosecuzione dei miei studi a Cambridge; naturalmente, il tutto relazionato al judo. Il dottorato rappresenta il mio desiderio di dimostrare che il judo è ottimo per lo sviluppo e l’influenza sul codice morale umano ai massimi livelli. Il modo in cui ho studiato e le condizioni in cui mi sono trovato mi hanno consentito di lavorare con uno dei massimi esperti nel campo del judo, il Dottor Mike Callan: questa possibilità ha rappresentato per me il mio più grande sprone e incoraggiamento.
Nell’articolo accademico “The influence of judo kata exercise on adolescents”, redatto in collaborazione coi Maestri Mike Callan e Daniel Lascau, spiegate come l’inclusione di esercizi di kata sia determinante nell’allenamento dei judoka adolescenti: in quale modo tali esercizi riescono ad apportare dei miglioramenti anche per gli agonisti?
L’età adolescenziale è segnata da comportamenti causati da cambiamenti fisiologici, morfologici, psicologici e ormonali. È un’età turbolenta nello sviluppo umano. L’esercizio del kata aiuta decisamente gli adolescenti ad accrescere la concentrazione e a sviluppare l’autocontrollo. Certo, già il kata di per sé è ottimale per la qualità dell’insegnamento delle tecniche di base e dei principi del judo.
Alla fine della primavera a Parenzo si terrà il judo Festival, una manifestazione di grande successo: che sorprese ci sono in serbo quest’anno?
Il Festival di Parenzo è già un luogo di ritrovo tradizionale per tutte le età e livelli del judo: è un camp di ottimo livello per i Senior, ma è anche un appuntamento per i Cadetti e, tradizionalmente, offre una varietà di programmi educativi per persone con disabilità, seminari di kata e conferenze dedicate a temi scientifici inerenti il judo. Proseguiremo di certo con questa linea, cercando di incrementare al massimo l'offerta formativa e incentivare il confronto a livello internazionale.
Lei è parte attiva nel progetto dell’Erasmus plus Sonkei, finanziato dalla Comunità Europea: quanto è diventato impellente trattare il tema della violenza nei settori giovanili dello sport?
La violenza, per definizione, è un problema della società nel suo complesso. I giovani sono soltanto un riflesso e una manifestazione di varie problematiche già insite nella società. Credo che sia prima necessario sviluppare una consapevolezza della violenza e poi istituire dei programmi preventivi per aiutare a precorrere la violenza tanto nello sport, quanto nella società. Il Judo è uno strumento meraviglioso per concretizzare questa necessità, perché, malgrado sia un’arte marziale, aiuta a sviluppare autocontrollo e rispetto.
Tra i suoi partner è presente anche il gruppo della nostra regione, il Friuli Venezia Giulia: la Sua connessione all’Italia e all’FVG è dovuta soltanto al progetto Sonkei?
Di certo mi sento connesso all’Italia e questo da molto prima di Sonkei. I miei primi passi nel judo e le mie prime gare si sono svolte prevalentemente in Italia. Inoltre, il mio insegnante di kata è un italiano del Friuli Venezia Giulia, il Maestro Piero Comino. Inoltre ho molti amici italiani, senza contare che mia figlia si è diplomata in una scuola italiana e sta studiando all’Università di Trieste (oltre ad essere una cintura nera di judo, cosa che mi ha reso ulteriormente un padre orgoglioso!). Per questi motivi l’Italia possiede una gran parte del mio cuore.
Insegnante, educatore, segretario generale, promotore sportivo…. qual è il ruolo in cui si riconosce di più e che Le dà maggiori soddisfazioni?
Sicuramente quello di insegnante di judo.
Qual è il complimento più bello che Le sia mai stato rivolto?
dicUao! È una domanda difficile per uno come me. Non mi viene in mente niente di specifico, ma probabilmente un bel complimento sarà arrivato da qualcuno al quale ho detto qualcosa che ha scatenato in quella persona delle emozioni: in genere, mi esprimo attraverso le emozioni che sgorgano dal mio cuore e questo provoca sempre una reazione nel mio interlocutore.
La Sua sembra una vita piena di successi e soddisfazioni. Ha qualche rimpianto?
Rimpiango il tempo che non ho saputo usare al meglio: è l’unica cosa che non posso recuperare e la sola cosa che abbiamo il potere di gestire per compiere appieno il nostro destino.
Che cosa si aspetta dal futuro? Ha ancora qualche sogno nel cassetto da realizzare?
Voglio esprimere e sviluppare al massimo il mio potenziale per migliorare la società in cui vivo. Può sembrare idealistico, ma è ciò che desidero. I sogni… i sogni, la maggior parte delle volte, possono diventare realtà.