Simpatia e modestia. Sono queste le prime due caratteristiche che balzano agli occhi a una prima conoscenza con Shunsuke Mukai, tecnico emergente, da pochi mesi in forze al Judo Klub Rijeka, Croazia. L’occasione è quella del Selce Camp organizzato dal Klub a inizio agosto. Non serve conoscerlo molto meglio prima che emerga tutta la sua squisita gentilezza, che si esprime in mille piccoli dettagli: dallo sforzo di provare a pronunciare qualche parola nella lingua madre altrui, al sorriso onnipresente e contagioso, che gli esplode in faccia ogni volta che un bambino gli si avvicina, sia sul tatami che fuori, quando gioca a ping pong con i suoi allievi o si siede vicino a qualcuno dei piccoli che non vuole mangiare perché ha nostalgia di casa.
Shunsuke è figlio d’arte: suo padre è il M° Mikihiro Mukai, 7° dan del Kodokan di Tokyo: è lui ad averlo iniziato alla pratica del judo fin da giovanissimo, a tre anni, e ad avergli trasmesso il rigore, la disciplina, ma anche l’amore profondo per quest’arte marziale.
La semplicità con cui ha risposto ad alcune delle domande che gli sono state poste rispecchia un carattere aperto, eppure schivo, formatosi nella consapevolezza d’essere, in fondo, ancora uno studente che sta lavorando duramente per raggiungere obiettivi ambiziosi.
Due gli anni che in totale trascorrerà a Fiume, lavorando tanto nelle scuole, quanto nel club, in sinergia con gli altri insegnanti tecnici.
Shunsuke, in famiglia praticate tutti judo?
No, soltanto mio padre e io.
Anche molti dei Suoi amici sono figli di grandi maestri: quanto è importante praticare insieme per continuare a mantenere la stessa passione?
Ci sono moltissime persone che vengono al Kodokan e posso dire di aver imparato diverse cose utili non soltanto da un certo tipo di persone, ma anche da molti altri attraverso il Judo.
Quanto è stato difficile avere Suo padre come insegnante?
A essere onesto, a volte è stata molto dura. Dal momento che si trattava di me, mio padre ha, da subito, manifestato grandi aspettative nei miei confronti relativamente al judo. Per poter essere all’altezza di tali aspettative, ho studiato duramente e mi sono comportato in maniera tale da non dovermi mai vergognare di presentarmi come il figlio del Maestro Mukai. Ancora adesso combatto contro la stessa pressione, malgrado io sia molto orgoglioso delle mie origini.
E ora che anche Lei è un insegnante qual è il vostro rapporto?
Considero mio padre una figura importante nel mondo del judo e per me assomigliargli è un obiettivo a cui aspirare. Spero di sviluppare ulteriormente ciò che mio padre ha lasciato nel judo. Quello che sto insegnando ai bambini in Croazia è basato originariamente sull’idea del judo di mio padre e su ciò che ci ha insegnato. Spero di poter trasmettere questi metodi di insegnamento anche a persone al di fuori del Giappone.
Da quanto tempo insegna?
Da tre anni.
Quale percorso bisogna seguire per diventare un insegnante in Giappone?
In Giappone gli studenti delle scuole medie e superiori praticano judo come attività del dopo scuola. Partecipano anche a competizioni su base scolastica. Per questo motivo è necessario per prima cosa diventare un insegnante di scuola e lavorare come membro attivo del team di judo scolastico. Gli studenti delle scuole elementari, o più giovani ancora, hanno solamente il permesso di partecipare alle attività di club.
Quali caratteristiche dovrebbe avere un buon insegnante?
Credo che si tratti di imparare costantemente e di essere in grado di capire i sentimenti di chi viene allenato. Il judo si evolve sempre in modi nuovi. Pertanto, credo sia necessario continuare a imparare cose nuove per poter rispondere ai cambiamenti. Inoltre, anche se penso che un metodo di insegnamento sia buono, se la reazione della persona che riceve l'istruzione è scarsa, penso che si tratti di un cattivo insegnamento. Pertanto, penso che sia necessario che gli insegnanti costruiscano i loro programmi in base alle reazioni degli studenti.
Lei è uno dei primi insegnanti giapponesi a sostenere un esame all’IJF Academy: come La fa sentire?
Non mi interessa particolarmente questa parte. Si tratta di una riaffermazione di ciò che ho studiato. In Europa le persone devono imparare quasi tutte le tecniche per diventare cintura nera. In Giappone, invece, un adulto può ottenere la cintura nera di judo già un anno dopo aver iniziato a praticarlo, purché sia in grado di eseguire i movimenti di base del judo.
Qual è la Sua visione del judo?
L'obiettivo è trasmettere la gioia del judo al maggior numero possibile di persone. Il judo inizia con la pratica perdente dell'ukemi, e le basi vengono finalmente padroneggiate facendo sempre le stesse cose. Per le persone comuni, arrivare a questo punto può essere molto noioso e tedioso. Credo che se riusciamo a rendere interessante e divertente questa importante parte di base del judo, più persone potranno apprezzarlo. Pertanto, come istruttore, vorrei studiare ogni giorno e insegnare il judo in modo da renderlo il più interessante e divertente possibile.
Quali differenze riscontra tra il judo giapponese e quello al di fuori del Suo Paese?
Ciò che noto nel judo europeo è che si basa molto sulla forza, fin da giovanissimi, e su scelte tattiche che portano spesso a strappare le prese, ad assumere posizioni che puntano più al non far entrare l’altro che a eseguire qualche azione tecnica. In Giappone diamo molta importanza alle basi: al kuzushi, al tai sabaki, eccetera. Questo non significa che una cosa sia meglio dell’altra: sono stili differenti e trovo quello europeo molto interessante, così come quello americano, mongolo, coreano… ci sono tanti differenti stili e modalità per intendere il judo. Quello che cerco di insegnare è il judo giapponese tradizionale.
Ritiene che un judo più tattico sia combinabile con quello tradizionale o sono stili di insegnamento agli antipodi?
Il Judo Kodokan esprime un principio chiaro: bisogna ricercare la proiezione per ippon. La rottura delle prese, la ricerca di diverse modalità per eseguire la tecnica fanno parte ormai del judo di alto livello, ma la cosa importante è che alla base rimanga il principio di cercare l’ippon.
Perché ha scelto proprio la Croazia per insegnare in un Paese straniero?
Volevo insegnare all'estero e stavo cercando un posto che mi accettasse, ma continuavo a essere respinto per via delle restrizioni causate dal Covid, e proprio mentre le misure sul Covid si stavano allentando in Giappone, Brada ha detto a mio padre che mi avrebbero accettato e sono riuscito a venire.
Qual è la cosa che più l’ha colpita quando è arrivato in Croazia?
La gentilezza delle persone: in Croazia sono tutti così a modo e mi accettano, malgrado io sia uno straniero. Inoltre la città in cui vivo, Fiume, è sicura e pulita.
Qual è invece la cosa che più Le manca del Giappone?
Il Ramen!