Siamo giunti al secondo appuntamento con gli interventi del Maestro Comino, che quest’oggi presenta un approfondimento sul Kata, a partire dalla storia del Ju Jutsu e del Judo, per arrivare fino agli anni recenti, alle moderne gare, con una spiegazione sull’evoluzione dei metodi di giudizio arbitrale e alcune proposte di miglioramento.
A un primo approfondimento storico e linguistico fanno seguito le persole di Jigoro Kano per spiegare la funzione e l'utilità del kata e del randori, per poter meglio comprendere la visione del Maestro Comino sullo stato attuale delle gare di kata e dell'approccio nell'insegnamento dello stesso e della valutazione nelle competizioni di livello nazionale e internazionale, con una proposta di approccio basata sull'esperienza e qualche aneddoto personale.
Notizie preliminari:
Kata Kanji, significato: FORMA, utilizzato dal JUDO (luce che penetra una finestra, per taluni pioggia, comunque indica qualche cosa che viene dal di là del condiviso significato: forma).
Kata Kanji, significato: FORMA utilizzato per esempio dal karate (nasce, si genera dal suolo)
Il Kanji: 刑 KEI esercizio obbligato +土 Doh terreno - il Kanji: 形 finestra aperta + pioggia/luce che entra
組み方 Kumi Kata modo, maniera di prendere afferrare + Hairi方Kata modo di ingesso, inizio d - 肩Kata spalla nel caso abbinato a guruma, ruota con sulla spalla, etc.
Ma nel JUDO un solo KANJI viene utilizzato nella letteratura JUDO per scelta del fondatore : 形
La storia: l’esercizio marziale di addestramento era diversamente dedicato alle varie componenti del corpo combattente a seconda della specialità. In particolare gli ashigaru, di estrazione sociale più umile, erano quelli che, armati alla leggera, più frequentemente venivano “alle mani”, mentre i vari specialisti, cioè i Samurai, svilupparono quel sistema a noi noto con diversi nomi, ma principalmente riferito a Yoroi Kumiuchi - per gli ashi garu prevaleva la lotta con armi corte e/o corpo a corpo con armatura leggera - conosciuto anche come Yawara, Taijutsu, Kogusoku, Kempo e Hakuda e, infine, JU JUTSU.
A tale proposito, Jigoro KANO scrisse: ”Ci sono altre informazioni sulle origini del JU JUTSU che andremo ora ad esaminare: secondo la scuola Yoshin Ryu, questa scuola ebbe origine da MIURA Yoshin, un medico della zona di Nagasaki a Hizen, operò all’inizio dello Shogunato TOKUGAWA. Credendo che molte malattie fossero conseguenti alla dissociazione funzionale di corpo e mente, si inventò alcuni metodi di JU JUTSU.
Assieme a due studenti di medicina formalizzò 81 metodi di neutralizzare un avversario e successivamente ne aggiunse altri 51. Dopo la sua morte i due studenti fondarono rispettive scuole, l’uno denominando la sua scuola YOSHIN dal nome del maestro, l’altro denominandola MIURA ugualmente dal nome del maestro.
Il prossimo riferimento ci viene dal Tenjin Shinyo Ryu Taiiroku. Nel manoscritto è riportata la conversazione tra ISO Mataemon, il fondatore del metodo e Terasaki, uno dei suoi studenti. L’origine del JU JUTSU è così riportata: un tempo viveva a Nagasaki un medico di nome AKIYAMA che si recò in Cina per studiare medicina (Kampoyaku); in Cina apprese un’arte chiamata Hakuda, che consisteva di tecniche di calcio e di percussione, diversa, possiamo notare, dal JU JUTSU, principalmente dedicato alla proiezione e alla immobilizzazione. AKIYAMA imparò tre metodi di HAKUDA ed 88 per interventi di rianimazione. Al ritorno in Giappone iniziò ad insegnare l’arte, ma dato che si trattava di poche tecniche gli studenti presto, annoiati lo abbandonarono. Akiyama piuttosto deluso dal fatto se ne andò nel tempio TENJIN a Tsukushi, e qui rimase in preghiera 100 giorni.
Lì scoprì 808 differenti tecniche dell’arte e la cosa lo rese del pari curioso. Un giorno durante una tempesta di neve gli capitò di osservare un salice con i rami coperti di neve che, al contrario di un pino ben dritto, cedette piegando i suoi rami (al peso della neve) così che li riscosse, senza romperli, al vento. In questa maniera realizzò dovesse comportarsi nella pratica il JU JUTSU. Pertanto chiamò la sua scuola YO SHIN Ryu, cioè la scuola dello spirito del salice. “
Sempre KANO SHIHAN: “Sulla funzione dei kata e del randori.
Tutti certamente ammettono che sia i kata che il randori sono aspetti essenziali dal punto di vista tecnico dell'allenamento nel jūdō, ma la loro funzione deve essere chiarita e garantire che, nella pratica, si sostengano a vicenda. Poiché il Randori è pieno interessante, molti tendono a metterci energia e ad abbandonare i kata. Spieghiamo in sintesi perché è impossibile sacrificare l'uno a vantaggio dell'altro.
Randori è un metodo in cui, una volta fissato l'obiettivo, se lanciare o strangolare, due le persone, in generale, competono tecnicamente per raggiungerlo. Tuttavia, poiché non è necessario che nessuno di loro si faccia male e che non bisogna comportarsi male, poniamo questi due elementi come condizione primaria. E poiché deve essere elaborato in modo da poter rimuovere il file maggiori sono i benefici possibili di questo esercizio, ne aggiungiamo tutti i tipi altri. E finché lo seguiamo Siamo liberi di praticare queste condizioni secondo il metodo che preferiamo.
Il kata, essendo il modo di agire definito in anticipo, non consente a nessuna delle parti di agire come desidera.
Il motivo per cui questo metodo è essenziale oltre al randori è che se l'esercizio.
La tecnica del jūdō fosse limitata a quest'ultima, sarebbe stato difficile esercitarsi a colpire, battere a macchina, dare, calciare o affettare. Se colpisci o tagli davvero, ti fai male. È per questo, quando colpisci o tagli, devi esercitarti definendo in anticipo come lo farai schivare per non farsi male. Questo è ciò che rende necessari i kata oltre al randori.
Poi, per di più, nel randori le tecniche sono autolimitanti ma, se vogliamo lavorare in modo esaustivo su tutte le tecniche necessarie, è importante farlo a attraverso i kata. Per insegnare una lingua, possiamo naturalmente insegnare la grammatica mezzo agli esercizi di composizione, ma per insegnare veramente la grammatica, niente di meglio ritagliare le ore ad esso dedicate. Per questo stesso motivo i kata non dovrebbero esserlo carente in termini di pratica tecnica al fianco di Randori.
KATA: Quando invece pratichiamo il jūdō come educazione fisica, oltre a Randori, il kata è essenziale. Poiché il randori consiste nel praticare confrontandosi con se stessi, c'è ha molti effetti sullo sviluppo del corpo. Tuttavia, se lo desideriamo modo armonico e proporzionato, non esiste metodo più adatto del kata.”
Evidenti istanze portarono allo sviluppo di esercitazioni incruente, tecnicamente reali e sostenute da sistemi addestrativi mutuati con l’influenza della cultura del tempo: principalmente CHA no YU e Teatro NO ( grandi Maestri Zeami Motokiyo世阿弥 元清 1363 -1443 c.a.e Sen no Rikyū 利休, 1522 – 1591), altrettanto ovvia la necessità addestrativa con armi e con armi relativamente innocue boken, shinai etc.
Questo fino a Sekiguchi Jushin ed all’inizio dell’introduzione della tecnica di caduta nelle esercitazioni di lotta corpo a corpo che, oltre a permettere la ripetizione delle pratiche di addestramento, arricchiva anche la pratica dei KATA avvicinandola, il più possibile, alla realtà.
Tutte le scuole di JU JUTSU erano corredate da un numero notevole di Kata, anche perché il termine poteva riferirsi ad una singola tecnica, non necessariamente ad una sequenza e, in talune scuole, ad una lettura diversa, tecnica a destra e a sinistra (Takenouchi Ryu).
Il JUDO origina anche da Tenjin Shin’yo Ryu, scuola relativamente recente che ovviamente riferiva le origini a scuole ed a tempi di gran lunga precedenti con ben 124 Kata e Kito Ryu. Nel caso del Kito Ryu no Kata, di complessità tale che un kata basta ed avanza -ma ovviamente c’erano altre serie di kata come Kou, Hei Otsu - in genere la sequenza in progressione “logica” era composta da 10 tecniche, come nel JUDO Kodokan delle origini, mentre nel KITO Ryu no Kata adattato e dal 1901 Koshiki no Kata Kodokan, 14 tecniche di studio (KI no DAN) e 7 tecniche di esercizio (MU no DAN).
Il fondatore del metodo JUDO Kano Jigoro SHIHAN, pur giovanissimo, aveva raggiunto il grado di Kiyoshi Menkyo di Tenjin Shin’yo Ryu ed aveva ottenuto la trasmissione completa dal suo Maestro IIKUBO Tsunetoshi (Kounen) per il KITO RYU JUDO – una maniera direi originale e personale di affidare il Menkyo Kaiden (la trasmissione completa) nel caso per il KITO RYU JUDO come da attestato tutt’ora esposto nel museo del KODOKAN nella sede di Tokyo, del tutto estranea al KITO Ryu Takenaka HA la scuola di origine per il M° IIKUBO.
Il problema comunque si presenta nella diversa interpretazione e traduzione Oriente / Occidente, un diverso approccio culturale che rende difficile comprendere, tradurre, convertire ed alla fin fine utilizzare il KATA anche solo come insegnamento.
La FORMA è indispensabile per lo studio della tecnica che non si esaurisce nel gesto ma coinvolge la sensibilità a partire dalla percezione dello spazio, del movimento e così via fino al contatto fisico sia mediato che diretto-
La degenerazione specialistica con l’individuazione dei ruoli porta inevitabilmente a danneggiare un sistema didattico allargato, basato su forma e libera sperimentazione reciproca, senza dimenticare che l’estetica inscindibile da KATA comporta una crescita non solo tecnica, ma che trascende il gesto e la perfezione estetica. In occidente il tutto viene mediato dalla cultura e dalla formazione culturale e pertanto, soprattutto nella inevitabile critica analitica, può degenerare in specializzazione che poi nella gara anche di kata trova le figure dei Tori professionali, degli uke professionisti cascatori ed aggressori e si realizza in una stereotipia assolutamente inutile.
L’indirizzo sportivo è un inevitabile prezzo pagato alla diffusione del JUDO assolutamente imprevedibile agli inizi. Si pensi che dai primissimi 5 allievi del 1882, nel 1886 erano una sessantina gli allievi che si esercitavano sui 40 tatami del Dojo di Fujimi cho ed altri anni dovranno trascorrere prima che il JUDO diventasse popolare. La gara fino al 1925 era regolamentata dall’esperienza del giudice e da un obbiettivo ben preciso: IPPON. Inizialmente si andava al meglio di tre IPPON e con tempi molto lunghi per poi, per praticità, passsre a tempi sempre più ristretti e ad un IPPON; dopo il 1925, sempre per praticità e per superare il problema della crescita delle altrimenti ingestibili parità, è stato introdotto Yusei Gachi: il giudizio di superiorità (ovviamente opinabile).
È innegabile che la gara sportiva intesa all’occidentale ha contribuito notevolmente alla diffusione del JUDO in quanto traducibile facilmente in ogni cultura. Anche per i kata del metodo, la gara, talvolta iniziata come confronto diretto, talaltra come paragone/giudizio, innegabilmente è servita a rivitalizzare uno studio altrimenti confinato a dimostrazioni o per episodico esame, con un evidente scadimento non solo di cultura, ma anche di capacità pratica e soprattutto di utilità. Lo sport e la gara condizionata dai regolamenti operavano una inevitabile degradazione tecnica con semplificazioni ed anche inclusioni da importazione. A mantenere l’identità del JUDO restano solo e soltanto i KATA del metodo.
Tra i nove Kata attualmente KODOKAN, fondamentali per la stretta connessione con il metodo e strutturali allo stesso, nage, katame e ju no kata giocano un ruolo principale in una progressione di esercizio e di studio che non conosce fine altro dal sé che spesso viene frainteso come culto del sé non come consapevolezza di una ricerca culturale a servizio di ben altri ed alti ideali.
La tradizione giapponese insegna l’identificazione con la tecnica, l’essere il kata in una espressione di efficienza artistica che nell’arte della spada ha conosciuto il massimo della sintesi (Vita/Morte ma anche soprattutto AiUchi), mentre nel Ju Jutsu e poi nel JUDO non ha saputo ritrovare l’anima.
Le tre correnti del JUDO Rentai – Shobu – Sushin non hanno trovato la sintesi e tanto meno il necessario preliminare ideale in cui confluire. Il prevalere della lettura sportiva, opportunamente aggiunta, poi ha deviato in senso retrogrado l’intuizione e gli indirizzi iniziali, con un rientro del culto della forza e della supremazia fisica e con un rilevante disprezzo per l’incolumità e le precauzioni di origine che avevano depurato il JU JUTSU, questo almeno fino al 1930: sono bastati meno di 50 anni!
I KATA del JUDO - è ben noto che KANO Shihan nel Nihonden Kodokan JUDO era decisamente restio a inserire nuovi kata, altri dagli originali, in genere progettati da lui, e che successivamente facevano riferimento a un gruppo di maestri diretti allievi di KANO Shihan (nel primo periodo del Kodokan i responsabili erano TOMITA, SAIGO, YOKOYAMA e YAMASHITA, il gruppo si è poi allargato soprattutto a MURAKAMI, ISOGAI, NAGAOKA, MIFUNE, ma per i KATA dobbiamo guardare a MURAKAMI incredibilmente ma puntualmente scambiato per KANO Shihan nei filmati d’epoca.
Nage no Kata, Katame no Kata, Ju no Kata, Go no Kata (1887 poi Waseda Daigaku), Shinken Shobu no Kata poi Kime no Kata (1906), Itsutsu no Kata e Koshiki no Kata, Seiryoku Zenyo Kokumin Taiiku no Kata (siamo già nel 1924) e (postumo, nel 1956) il Kodokan Goshin JUTSU, assunto solo tardivamente come tale; di alcuni Kata praticati nel periodo tra le due guerre mondiali Renko Ho (tecniche di arresto) e Fujoshi-yō-Goshin-no-Kata (difesa personale per ragazze e donne) e Ippan-yō Goshin-no-Kata (difesa personale maschile) si ha solo memoria e, ovviamente, la documentazione – alcuni maestri di alto grado ed esperienza produssero Kata di grande interesse, seguiti da proposte anche da stranieri a cui non poteva mancare l’Italia: SHINTAI KOKI no KATA, edito dalla Accademia Nazionale di JUDO (M° Giraldi denominazione giapponese offerta dal M° OTANI Noritomo) presto dimenticato non poteva comunque sopravvivere all’ANJI.
La GARA di KATA.
In Italia: Amici del JUDO e Giorgio Sozzi sono agli inizi delle gare di kata, se ben ricordo con tentativi anche originali, poi puntualmente abbandonati, di gare in parallelo dove ovviamente, i giudici giudicavano a occhio di camaleonte….
Ma poi, inaspettatamente a partire è il Kodokan, iniziativa molto criticata dagli alti gradi tradizionalisti ma, guarda caso è il Kodokan a indicare la strada della gara di kata, forte anche del fatto che, a chiusura dell’annuale seminario estivo di Kata, immancabile c’era da sempre a mio ricordo (1972) la Kata contest, dove la valutazione non era comparativa, ma individuale e riguardava la dimostrazione come tori e come uke con tre livelli di giudizio
In precedenza due, poi l’attuale allargata a:
Shutoku , Seijuku , Jukutatsu, i livelli: sufficiente (60-69%), buono (70-79%), eccellenza(80-89 o+%)
Prova inizialmente molto impegnativa in quanto la dimostrazione era a scambio di ruoli immediato, successivamente ritmata con opportuno intervallo ed eccezionalmente ammessa come singola ovviamente da Tori.
Il regolamento iniziale KdK era piuttosto complesso e comportava molte valutazioni che rispecchiavano il kata contest della chiusura del seminario estivo. La dimostrazione veniva valutata dal direttore dell’insegnamento e da due collaboratori. Il giudizio era unico e come già precisato non comparativo anche se in alcune occasioni si era precisata la % da cui si poteva desumere autonomamente una precedenza.
In Italia dopo le sperimentali Amici del JUDO e KODOKAN Cremona, anche la FIJLKAM organizza una prima commissione e le prime gare a livello nazionale , siamo nel 1998 e segue il primo stage diretto da Sengoku Tsuneo KODOKAN 8° dan che vede qualificare i primi docenti nazionali: Sugiyama Soji, il sottoscritto, Grandi Alberto che poi viene depennato, mentre il dirigente federale, di suo, aggiunge altri nominativi a cui si uniscono terzi a seguito di esami nazionali ed ovviamente un gruppo arbitri sempre più nutrito, dal livello regionale a quello nazionale , continentale ed internazionale in cui Italia attualmente troneggiava con ben 15 nominativi (ref 2020 report EJU- IJF).
Il primo regolamento internazionale è stato da me redatto sulla base del riconoscimento degli errori, perché non c’erano giudici, si dovevano formare in quanto, da bel principio, era apparso ben chiaro che la limitazione della pratica e studio dei kata finalizzato unicamente all’occasione episodica di un esame aveva depresso pericolosamente la specialità, tant’è che al primo appuntamento internazionale a San Pietroburgo si fece fatica a mettere insieme 5 giudici, senza parlare delle modeste prestazioni evidenziate anche successivamente in occasione degli esami, prestazioni che presto consigliarono di evitare la prova pratica (Malta) causa inguardabili prestazioni anche politicamente non sostenibili e dannose da cui a procedere con quiz e/o con giudizi formulati su simulazioni il passo obbligato.
Ovviamente il M° Sugiyama era decisamente contrario al sistema del riconoscimento degli errori ma del resto era anche preso tra due fuochi, viste le evidenti carenze dei postulanti e le non meno preoccupanti deviazioni del Kodokan rispetto alla sua cultura. Annualmente al seminario estivo Kodokan erano immancabili le sue attente critiche e gli evidenti contrasti con molti degli insegnamenti che via via si aggiornavano a seconda dell’alternarsi dei docenti.
Nella gara il sistema di raccolta dati oltre che prestarsi ad errori materiali di trascrizione era molto utile e suscettibile a maneggi funzionali alla politica corrente o interessi di parte, infatti il sistema Tablet e la conversione dati immediata in automatico era stata immediatamente rifiutata, e forse è, ben là da venire, tant’è che il team IT della commissione KATA è indipendente dagli specialisti IJF addetti alla gestione IT della gare, perché?
Comunque sia improvvisare giudici e arenarsi su un regolamento che dopo oltre 20 anni andrebbe sicuramente rivisto ed aggiornato, non è il solo problema che assilla la gara di KATA…….
I Giudici: il dettato IJF recepito dalle unioni continentali e via via dalle federazioni aderenti, recita che chi opera come ufficiale di gara non deve rivestire altre cariche… bene nei kata tutti o quasi i giudici fanno parte delle rispettive commissioni nazionali Kata o rivestono simili cariche federali istituzionali e vengono puntualmente impegnati a spiegare i regolamenti con l’evidente obbiettivo di fare la differenza nella prestazione non certo come insegnanti di Kata, ruolo che non potrebbero per mandato e spontanea sottoscritta rinuncia rivestire! Vero che si è voluto tutelare i partecipanti con la neutralità ma… ovviamente non certo dalla solidarietà e tantomeno da possibili conventicole, che ovviamente si escludono in linea di principio, ma non certo impossibili e certamente sospettabili puntualmente verificatesi ed altrettanto non certificabili, se poi si parla di “moduli” sicuramente condizionanti come per la gara invece del sospetto si affaccia la certezza!
Siamo alle solite è il regolamento gara che fa il JUDO e non il JUDO che si dota di un regolamento!
Siamo di nuovo a considerare un REGOLAMENTO sicuramente discutibile e non bastasse c’è il LIVELLO dei GIUDICI: se l’esperienza del giudicante non è sufficiente, osserverà solo la forma pedissequo all’esposto regolamentare e non coglierà la dimostrazione del principio, ciò rende i protagonisti della dimostrazione simili a burattini inamidati nel judogi, attenti unicamente ad osservare rigidamente nella forma i disposti enunciati nel manuale arbitrale, con il professionismo di ruolo in particolare per il ricevente UKE un automa privo della naturale spontaneità reattiva, esibitore di spettacolari automatismi che per contro priveranno di pregio la possibile azione tecnica dell’agente occasionale in tutta evidenza indipendente.
Lo studio tecnico proposto a migliorare la pratica libera iniziata nel tempo con NOKORI AI poi MIDARE GEIKO ed infine RANDORI riversata in uno stereotipo di forma rigida è semplicemente inutile, impossibile da valutare per contenuti, inutile da valutare per povertà di riferimento, deviante la crescita ed anche pericoloso per lo stunt man obbligato di turno, cosa poi ci si possa attendere da un politraumatizzato da caduta è facile da intuire.
UEJ da Madrid annuncia importanti novità tra cui il “care system” poi chissà…. il supervisore? Poi cosa seguirà per Abu Dhabi? Che non si siano accorti che il meccanismo è semplice, dati per scartati il minore e maggior punteggio basta accordarsi in due……ed è fatta sia in un senso “far vincere”, che nell’altro, “far perdere”.
Certo che i Kata insegnati da BENIGNI sarebbero ben altra cosa!
Alla critica deve seguire la proposta.
I rimedi - dato per scontato che il sistema di punteggio debba essere cambiato e la qualità dei giudici verificata, per questi sì il “Care System!” basterebbe che il ruolo TORI / UKE, attesa la complicazione nella gestione dei tempi gara se si dovesse procedere alla naturale alternanza fosse deciso tirando a sorte il ruolo: bene augurando che non si ricorra a niente di illecito, obbligherebbe ambedue a studiare correttamente il KATA, nel caso di più ripetizioni come avviene per eliminatorie e finali la coppia estratta nelle eliminatorie si inverte per le finali… e così avrebbe un senso, comunque, avere una coppia da podio e non obbligare a premiare anche il socio di minoranza sarebbe già un risultato – per il nage no kata l’unico simmetrico, soprattutto per i più giovani, l’alternanza dopo ovviamente il sorteggio di partenza l’uke di inizio per esecuzione a destra diventa tori nell’esecuzione a sinistra cosa che poi gruppo a gruppo volendo si può invertire.
Perché non procedere ad eliminazione comparativa diretta? Un kata ha la durata da 7 a 10 minuti niente di eccessivo in confronto ad un incontro e golden score che richiede ben altro e più stressante impegno.
La commissione giudicante di 5, da cui vengono estratti a sorte 3 giudizi A o B, in modo da non creare possibilità di conventicole – nel caso uno o due giudici siano dei paesi interessati vengono esclusi da bel principio così che non si creano problemi di punteggio come avviene nelle attuali sostituzioni temporanee, dato che il punteggio non c’è solo A o B ma se preferite: bianco o blu.
Al mattino le eliminatorie il pomeriggio le finali in un sistema a 32 al mattino tre dimostrazioni e il pomeriggio le finali sempre di volta in volta a coppia invertita, in termini di tempi effettivi Nage no kata.
Le coppie in finale per il primo posto avranno lavorato per 35 minuti effettivi circa ed i perdenti in semifinale potranno o disputare il 3°/4° posto o essere classificati terzi a pari merito come avviene normalmente in competizione.
Le coppie potranno vestire come in competizione Blu e Bianco o in Bianco per salvare la tradizione.
La vittoria verrà assegnata per alzata paletta o apposito segnale contemporaneo a maggioranza su tre contrassegni validi estratti tra i cinque espressi dai giudici di tavolo e nemmeno i cinque saprebbero, opportunamente distanziati se…
Per i giudici: ho dovuto lottare per un minimo di 4°dan ed ovviamente mi sono visto promuovere dall’oggi al domani tizio e caio… lasciamo perdere i docenti…. ricordo i 10 iniziali poi diventati 40 disoccupati FILPJK, attualmente giudici e docenti superano alla grande i praticanti attivi, in numero ben s’intende
Naturalmente non poteva mancare che venissero posizionati dal lato a cui si espone solo la prima tecnica…. Fattolo notare e consigliato disporli opportunamente, apriti cielo…. compromettevo l’uniformità di giudizio!
Torricelli e Gioia non potevano che nascere nel Bel Paese
Chicche a proposito di gare….
EJU il primo campionato vede inattesa anche una simpatica coppia nel Nage no Kata, si presentano infatti un noto commerciante orto frutta ed un dirigente federale che pur non avendo partecipato ai campionati nazionali e quindi inqualificabili (in tutti i sensi) sostituiscono i secondi classificati di diritto (Lombardia) a loro insaputa, la modesta prestazione si conclude con una comica al terzo gruppo quando l’uke perde la “bussola” tanto che poi il filmato viene mostrato al corso giudici di Malta e poi, prudentemente non reiterato. Grandi Alberto e Grandi Nicola salvano la Bandiera! alle successive vigorose proteste del dott. Sozzi, il Presidente FIJLKAM se la cava con il commento “credevo fosse una goliardata”
Non bastasse a Malta, Campionati del Mondo …… una coppia giapponese nel kime no kata si appresta a dimostrare e dimostra con ben poche sbavature il Kime no Kata, vincerà? No naturalmente, l’attenta giuria si accorge, dopo……che è salita sul tatami senza il regolare contrassegno sulla giacca e retrocede i malaccorti Giapponesi… ditemi ora voi, in ogni gara IJF, Kata compreso i judogi vengono controllati come idonei e conformi a qualità e confezione, poi prima di salire sul tatami con l’apposito congegno per la conformità al regolamento gara……. Ma così per la prima volta la Francia ha portato a casa un titolo mondiale! E per la prima volta in una gara di kata il Giappone cede il passo cosa che successivamente preferisce fare non partecipando, vince Germania, vince Brasile… Italia. “Vinceremo!” et voilà il kata è internazionale!
Budapest : finale Kodokan Goshin Jutsu la coppia Giapponese due poliziotti di Osaka forse traditi dall’inusuale pistola di legno di peso ed aspetto ligneo ben diverso dalla standard sfugge di mano: errore grave…..ebbene vincono egualmente e scippano letteralmente di vittoria e soprattutto il titolo alla coppia Mainenti/Faccioli eterni secondi che nel caso di vittoria del Mondiale avevano giurato di rientrare a Venezia in gondola a remi via Danubio, Mar Nero, Mar di Marmara , Egeo, Adriatico…….
Ne avrei delle altre ma purtroppo sono stato letteralmente redarguito e privato delle carte dall’ing. D’Arcangelo ad Olbia, cosa da carabinieri solo che frequentano episodicamente solo le competizioni e non le toilettes Master e Kata…
JIGORO KANO SHIHAN
“Dicono che se pratichi arti guerriere specifiche del Giappone, si possa sviluppare naturalmente lo spirito giapponese e tutti i tipi altre formazioni morali, ma questo, avviene anche se approfondiamo le discipline sportive che provengono dall'esterno, poi, naturalmente, si diventa estranei anche nell'anima. Altri sostengono vantaggi del movimento competitivo e affermano che anche il jūdō deve essere reso popolare sul modello discipline agonistiche e che tutto deve ricalcare il modello degli sport attuali, modalità di allenamento per le formule di gara. Nessuno di questi due concetti è giusto” Jigoro Kano 1934