Si è concluso oggi il 38° Skorpion Stage, dopo un’intensa tre giorni sul tatami del Palaghiaccio Palapredieri di Piancavallo. Un camp che ha sempre qualcosa di importante da dire e che, anno dopo anno, sa rinnovarsi e perfezionarsi grazie a una comunione di intenti e un clima sempre piacevole, famigliare e caloroso, in cui l’attenzione ai dettagli è percepibile concretamente da tutti: atleti, tecnici, accompagnatori.
760 gli ospiti che hanno pernottato negli alberghi della zona, con un altro centinaio lasciato forzatamente e con rammarico a casa per mancanza di posti, ci hanno spiegato il Presidente dello Skorpion Massimo Cester e i responsabili organizzativi Luca Feletto e Luca Copat, con un sold out dichiarato dieci giorni prima del termine delle iscrizioni e circa 250 bambini iscritti al tradizionale Randori Day: un successo di numeri che non ha affatto sminuito la qualità.
Dalle dichiarazioni rilasciate dai tecnici intervistati tra una lezione e l’altra, traspare la soddisfazione di un evento realmente riuscito.
Donata Burgatta
Anche quest’anno lo spirito dello Skorpion Stage si rinnova. L’entusiasmo è lo stesso, quello che si ritrova è sicuramente lo spirito di condivisione, lo stare insieme attraverso il judo, la disponibilità di tantissimi insegnanti a essere presenti alle lezioni per essere informati, aggiornati e molto interessati allo sviluppo di alcune tecniche proposte in modo da attraversare sia la parte ludica che la parte tecnica specifica. È una formazione reciproca, perché anche per me, per noi tutti, diventa un modo di confrontarsi a fine allenamento per comparare la nostra competenza e la loro percezione: uno scambio per capire se abbiamo condiviso davvero lo scopo di esserci trovati dopo un anno di lavoro sul tatami, anche dopo diverse vicissitudini che possono essere competizioni, lavori nei club o altro. Di certo è che è sempre un grandissimo piacere ritornare qui!
Roberto Meloni
È bello vedere così tanti atleti giovani che in questo periodo vengono a fare uno stage, probabilmente anche un po’ lontano per qualcuno. È bello stare con loro. Penso e spero di aver lasciato qualche cosa a loro, perché bisogna sempre imparare, no? Però, anche noi che insegniamo vediamo cose nuove e da lì rubacchiamo un pochettino per fare poi gli altri stage. Ho visto molta attenzione quando tenevo la lezione, ma anche dal di fuori, vedendo le altre lezioni, ho visto che i ragazzi sono molto attenti e tanto interessati. Io mi rifugio sempre in una frase: il judo a me ha dato molto, quindi io sono in dovere di restituire molto e mi metto a disposizione di questi ragazzi. Ed è bello vederli e vedere che provano quello che noi abbiamo fatto vedere: il judo è una famiglia, ha dato tanto a noi e ora noi diamo tutto quel che possiamo a loro!
Monica Barbieri
Il mio stage penso sia un po’ come quello di questi bimbi: staccare dalla routine normale, quindi lavoro, palestra, casa, per loro scuola/famiglia, per essere catapultati in un mondo di tutto judo e anche tanto divertimento, soprattutto per loro. Una bella esperienza, spero che si siano divertiti tutti! È la prima volta che sono chiamata come tecnico per lo stage, ma conosco questo camp da quando, non dico che avevo la loro età, ma poco più, quindi proprio da quando è nato. Mi fa molto piacere tornarci sempre, stavolta per insegnare: è un ambiente che mi piace molto. L’attenzione data ai più piccoli anche nella scelta di tecnici con competenze specifiche poggia su una politica che io sposo da sempre, da tempi anche diversi, in cui ai piccoli venivano dati i neo-insegnanti, se non addirittura le cinture marroni, l’errore più grande che si possa fare. I bambini hanno bisogno di competenza, di giusto approccio, di conoscenza, di esperienza e, chiaramente, anche di un certo tipo di clima che va creato, perché devono sempre imparare divertendosi, tanto più in un’uscita come questa che li ha visti staccare dalla scuola e impegnare le loro vacanze, che dovrebbero essere il momento di riposo con un’attività che per loro è comunque un divertimento.
Enrico Parlati
Questo è il secondo anno che vengo a questo stage e vengo accolto sempre come in una grande famiglia. Trovo sempre uno staff di una professionalità enorme, a partire da chi lo organizza e dai coach che vi prendono parte, è sempre un qualcosa di eccezionale. C’è un progetto alle spalle di questo stage che va oltre ogni immaginazione! Ogni anno si migliora e ogni volta c’è qualcosa di nuovo e dopo 38 anni non è semplice. Allo stesso tempo qui i ragazzi vivono in un’oasi felice dove girano, fanno, si divertono e questo è importantissimo. Poi io vivo in un’utopia in cui l’Italia è una e nessuno guarda soltanto al suo orticello e quando vengo a questo stage mi sembra un sogno realizzabile, per cui ci vengo con piacere e spero che ai ragazzi resti sempre qualcosa di quello che provo a dargli sul tatami. Vedere sul tatami da una parte i bambini piccoli e dall’altra i ragazzi più grandi credo sia un’eccezionalità, per come è strutturato e ritengo debba essere di ispirazione per tanti altri stage che si fanno in Italia, perché il judo a livello agonistico è bello, ma non ci dimentichiamo che parliamo sempre di uno sport educativo, che deve trasmettere dei valori e questo deve partire dai bambini: la parte fondamentale del judo sono e saranno sempre i bambini. E se noi ogni volta, per pensare all’agonismo, li accantoniamo, prima o poi ci ritroveremo con un pugno di mosche. Questo è un segnale che questo stage dà: lasciare qualcosa a livello tecnico, ma anche di divertimento ed esperienza e dev’essere un punto di partenza per tutti coloro che si spendono per creare stage e gare. Cerchiamo di pensare anche alla base e a quella che poi è la realtà del nostro sport. È in queste occasioni che possiamo fargli capire che possono stare bene con tutti, pur venendo da diverse regioni d’Italia, da Nord, da Sud, di diversi colori, ma che devono stare insieme e crescere come un gruppo: bambini di 6, 7, 8 anni che vivono 24 ore su 24 con ragazzi di altre società, sul tatami, che si scambiano, ci insegna molto e offre tanti spunti di riflessione.
Kotaro Sasaki
Uno dei miei obiettivi nella vita è proprio quello di prendere parte come insegnante a questo tipo di eventi, che raccolgono atleti di differenti nazionalità, perché per me è importante venire a contatto con atleti europei. Mi piace molto l’intensità che ho trovato negli allenamenti proposti in questi giorni a Piancavallo, soprattutto nel gruppo dei Cadetti e degli Juniores. Mi piace l’idea di aiutarli a sviluppare un loro stile di judo, cosa che ritengo fattibile in un’atmosfera piacevole com’è quella che si respira in questa comunità judoistica. È importante avvertire le differenze tra le diverse comunità di judo, come quando si viaggia e si scoprono culture diverse dalla nostra. Più di tutto, ciò che mi auguro è che i ragazzi si siano tutti divertiti a questo camp.
John Buchanan
Questo camp è fantastico! Ci sono così tante fasce diverse, dedicate alle varie annate di bambini, poi i più grandi, con alcuni atleti che già sono in nazionale o lavorano per entrarci e sono molto forti! È una situazione insolita da vedere, perché di solito ci sono i camp dedicati esclusivamente ai bambini e quelli per gli agonisti, mentre qui ci sono sia pre-agonisti che agonisti: se vieni ogni anno, inizi che sei un bambino e poi cresci e passi dall’altra parte del tendone divisorio, nel gruppo dei grandi e diventi esordiente, cadetto, junior, ma già con un’idea di che cosa ti aspetta, perché hai modo di dare una sbirciatina dall’altra parte e vieni invogliato a continuare da quello che vedi fare dai più grandi.
Un team di grande qualità, messo insieme da un lavoro di ricerca certosino compiuto da Marco Caudana per quanto riguarda le fasce giovanili, in ragione delle ricerche effettuate negli anni per portare a termine "Il piccolo grande libro del judo", che lo ha portato a incontrare e conoscere a fondo personaggi come Sasaki e Buchanan e da Gianni Maman per i tecnici dei ragazzi.
Presente allo stage, oltre alla nzionale femminile cadette italiana, guidata da Francesca Campanini, anche la nazionale slovena femminile, guidata dal coach Mario Rudl.
Lavoro insieme a Igor Trbovc, che conosce molti club e coach italiani, per cui mi ha girato il contatto e ho chiesto di poter prendere parte allo stage con un gruppo di sette ragazze: ciascuna di loro è numero 1 o, in alcuni casi, la numero 2 in Slovenia. Abbiamo deciso chi tra loro avrebbe partecipato attraverso una selezione, quando in gennaio si sono svolti in Slovenia i campionati nazionali: le vincitrici delle diverse categorie sono state selezionate e, quando una di loro non poteva partecipare, abbiamo invitato la seconda in classifica. Per questo ritengo che siamo riusciti a portare qui un buon team e ci siamo trovati molto bene; è molto interessante anche confrontarsi con la nazionale femminile italiana: mi piace il judo italiano, è un po’ diverso dal nostro, ma l’intensità del lavoro e l’energia delle ragazze è davvero esplosiva e per me è molto importante essere qui e imparare non soltanto da ottimi coach, ma anche fronteggiando delle atlete di così buon livello! Torneremo di sicuro il prossimo anno e porteremo anche il team maschile, che quest’anno aveva troppi impegni agonistici ai quali far fronte, tra tornei in Europa e in Slovenia.
Soddisfatto il direttore del tatami e DT regionale Gianni Maman.
Lo Skorpion stage, uno dei camp storici del Friuli Venezia Giulia, mi lascia sempre soddisfatto: venire qui, anche se non è la mia società che organizza, è sempre motivante; io collaboro con loro sempre più attivamente e mi fanno sentire proprio a casa ed è una sensazione che mi piace! Lo Skorpion con me è sempre molto gentile, attento, corretto, mi fanno sentire parte della squadra e quindi, ovviamente, partecipo con molto piacere. Fuor di retorica, il clima che si è respirato in questi giorni è stato, come sempre, molto famigliare e “caldo”, ma è l’imprinting che hanno dato in primis i tecnici, a partire dai tecnici giovanili che hanno creato una bellissima atmosfera e hanno saputo coinvolgere tutti, cosa che ci si aspetta sempre da chi guida le classi giovanili, mentre è meno scontato aspettarselo dai tecnici agonistici, mentre sia Roberto sia Enrico, che ho voluto fortemente a questo stage, perché li conosco molto bene, sono stati molto professionali e, allo stesso tempo estremamente coinvolgenti. Fin dalla prima lezione hanno assaggiato qual era il livello, sono partiti da una proposta di base e poi hanno sviluppato il loro tema e ritengo, parlando da insegnante, che questa denoti una qualità e un’attenzione diversa nei confronti del pubblico: valuto e propongo in base a chi ho davanti.
Infine, lo Skorpion sempre sensibile a tutte le iniziative del Comitato, si è prestato come ogni anno all’apertura dei corsi di graduazione, quest’anno ampliando ulteriormente l’offerta, accogliendo anche i Master su proposta del responsabile del movimento Stefano Perissinotto e anche questo nuovo gruppo agonistico del kata che, attraverso un calendario di allenamenti guidati da Alessandro Furchì, sta cercando di riavviare un sistema anche negli incontri del kata. Anche per questo quindi lo Skorpion Pordenone va apprezzato e ringraziato.