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Judo

L’arte della disciplina: Giovanni Alessio tra judo, musica e informatica

Sguardo indagatore, aria perennemente concentrata, che nasconde un sorriso caloroso e un’anima artistica e poliedrica: Giovanni Alessio, classe 1981, cinque bronzi conquistati ai Campionati Italiani Assoluti tra il 2003 e il 2009, un quinto posto al Grand Prix di Tunisi nel 2009, ha fatto il suo esordio allo Skorpion Stage, integrandosi benissimo

Prima volta allo Skorpion Stage. Che esperienza è stata per te?

A dir poco emozionante, dal punto di vista formativo e agonistico. È stata una bella iniziativa per i giovani e per le classi più adulte.

Per te era la prima volta in assoluto qui a Piancavallo?

Sì, era la prima volta sia come insegnante che come accompagnatore di altri ragazzi e devo dire che ho scoperto un ambiente veramente entusiasmante, pieno di passione per il judo e che veramente può fare bene ai giovani.

Cosa ti ha colpito di più dei partecipanti?

L’applicazione. I ragazzi erano tutti qui per imparare e hanno dimostrato educazione, rispetto del tatami, rispetto verso i tecnici e una grande sintonia tra di loro come atleti.

Hai visto un’evoluzione dei gruppi che hai seguito nel corso dello stage?

Sì, assolutamente, l’ho notato sia su qualche mio allievo che è stato con me dall’inizio, sia su altri ragazzi che magari iniziano con un livello diverso da quello con cui si finisce e vuol dire che è stato fatto un buon lavoro dal punto di vista dell’insegnamento.

Hai portato anche tuo figlio…

Sì, ho portato un gruppo di ragazzi giovani, esordienti e cadetti, ma anche mio figlio con l’idea di fargli vivere un’esperienza fuori dal nostro territorio, perché poi parliamo di ragazzini piccoli: uscire dalla propria regione, allontanarsi dalle proprie famiglie non è così semplice. Io da questo punto di vista sono fortunato perché vivo il rapporto padre – figlio sul tatami, quindi ne approfittiamo per passare del tempo insieme e stare poi anche sul tatami e provare a migliorare anche da judoka.

È dura trovare un equilibrio tra i due ruoli?

Forse in questo momento non lo sto vivendo ancora questo problema… è ancora piccolo. A volte mi fa un po’ arrabbiare, ma più da un punto di vista umano che sul tatami: da maestro di judo non posso dirgli nulla! Segue, si allena, ama quello che fa… da genitore devo richiamarlo un po’ di più.

Piancavallo (PN) - 18/04/2025 - SKORPION STAGE 2025 - Foto Elia Falaschi © 2025 - https://www.eliafalaschi.it - https://www.skorpionpn.com

Alla lezione ai ragazzi che saranno il prossimo anno esordienti si notava la differenza netta tra i tuoi allievi che ti conoscono e gli altri ragazzi che faticavano forse un po’ a starti dietro. Hai notato un dislivello?

No, un dislivello no, io penso che l’insegnamento sia soggettivo, ognuno di noi ha un’idea di come portare determinate tipologie di lavoro ai ragazzi. La cosa giusta è ascoltare tutti, provare a capire varie metodologie e poi, nella vita, devi prendere da tutti e quello che può servirti lo fai tuo, quello che magari pensi non ti sia utile lo metti da parte. Però il segreto sta nel prendere da tutti, devi apprendere da qualsiasi fonte. Con i ragazzi, ma anche con gli adulti, succede spesso che per approcciarsi con un nuovo tecnico il tempo di due, tre, quattro giorni, che ti dà uno stage sia poco; quello è un rapporto, atleta – tecnico, che si crea quotidianamente. Si crea quella sintonia e ci si conosce. Io sono più per dare qualcosa ai ragazzi che gli possa rimanere: un gesto tecnico, una progressione didattica. Non sono molto per il gesto del campione che è fine a se stesso. I ragazzi devono capire come ci si arriva lì, attraverso vari passaggi. Finisce la lezione che loro hanno completato un puzzle. Magari è un po’ complicato, è un’idea mia, ma secondo me è la strada giusta.

È stato duro il passaggio da atleta di alto livello al tornare a metterti in discussione come tecnico?

Devo dire la verità: all’inizio nemmeno ci avevo pensato. Lo facevo inconsciamente. Poi mi sono reso conto che stavo diventando un tecnico, un allenatore – perché, secondo me c’è prima l’allenatore, che allena le prestazioni, quando tu sei all’inizio. Poi inizi a diventare un tecnico quando cominci a formarti da tecnico e poi, piano piano, più passano gli anni e più ti avvicini a diventare un maestro per i giovani, un esempio -. Forse tutta questa transizione all’inizio la facevo in modo incosciente, poi, pian piano, mi sono reso conto di quello che stavo facendo e mi rendo conto che anch’io sto migliorando alcune cose, perché all’inizio le sbagliavo e adesso sto cercando di migliorarle.

Hai degli esempi ai quali ti ispiri come tecnico?

Sì, sono molto affascinato e seguo molto la cultura giapponese, per me la scuola migliore è quella lì. Poi bisogna comunque aprire un po’ la mente, perché non è detto che solo quello funzioni e devi approcciarti comunque ad altre realtà. Poi ci sono alcuni tecnici che mi hanno accompagnato nel mio percorso da atleta e che hanno lasciato il segno. Si parte comunque da una base di quello che vorresti fare e poi, nel tempo, devi crearti una tua identità.

C’è qualcosa che fa parte del tuo quotidiano che non è necessariamente legata al judo, ma che ti porti poi sul tatami?

Direi l’informatica, la tecnologia, di cui sono un appassionato. Facendo dei programmi di lavoro o, anche a livello amatoriale, delle grafiche per degli eventi, riesco ad abbinare quello che è il mio hobby alla mia passione. Mi gratifica riuscire a fare delle cose in questo senso.

Hai fatto studi specifici in campo informatico?

No, a dire il vero io vengo da tutt’altra formazione scolastica: vengo dalla musica, ho frequentato il Conservatorio, studiando la tromba. È una delle mie passioni, ma poi la vita mi ha messo davanti a una scelta, perché o fai il professionista in una direzione o in un’altra e il cuore mi ha portato di più verso il judo. Però, allo stesso tempo, la musica mi ha formato ho altre basi che poi mi ritrovo nella vita e quando stai con le persone hai anche altri argomenti da trattare, così da staccare un po’ e migliorare anche in quella che è la tua professione, perché ti apre la mente.

I musicisti hanno paura di potersi fare male, soprattutto in uno sport di contatto come il judo. Come l’hai vissuta quando ti allenavi?

Non ci pensavo, perché secondo me ero veramente incosciente. Ho iniziato il Conservatorio all’età della prima media, avevo circa 10 anni e viaggiavo da solo dalla provincia di Caserta, dove abito tutt’oggi, fino a Napoli col treno. E in quegli anni, intorno al ’93-’94, non nell’era moderna attuale dove un genitore può sapere costantemente tutto dei figli, lì i miei genitori sono stati un po’ “pazzi”, ma mi hanno regalato una grande formazione. Forse l’hanno fatto involontariamente…. O perché lavoravano entrambi, mia mamma nella ristorazione col ristorante di famiglia, mio padre nel settore delle calzature. Gli orari quelli erano, non potevano starmi vicino. Ma io ne sono felice, perché non ci sono gli infortuni o gli avversari nella musica, ma c‘è la ricerca della perfezione, che secondo me è ancora più complicato. Devi essere il numero uno, sembra di no, ma la competizione è tanta. È stata una grande scuola di vita. E oggi penso che se sto qui, con mio figlio, con questa serenità, lo devo al mio percorso e ai miei genitori. Spesso diciamo, al giorno d’oggi, che le generazioni sono cambiate, ma io penso che a essere cambiati siano i genitori, come dice un grande dello sport, Julio Velasco. Ma i genitori, secondo me non sono cambiati perché non sanno o non sono in grado di fare i genitori, è la società che è cambiata, dà meno sicurezze e quindi i genitori hanno più paura di lasciar fare delle cose. Però, alla fine, rispetto al passato le cose non cambiano. La formazione delle persone avviene attraverso il sacrificio, attraverso le difficoltà, la sofferenza. Nessuno vorrebbe veder soffrire il proprio figlio, ma è l’unica strada, altrimenti gli stiamo dando degli insegnamenti fasulli, perché non sarà quella facile la strada che incontrerà quando sarà grande.

Piancavallo (PN) - 18/04/2025 - SKORPION STAGE 2025 - Foto Elia Falaschi © 2025 - https://www.eliafalaschi.it - https://www.skorpionpn.com

In uno stage come questo, con bambini piccoli, capita che sentano il distacco dai genitori e la loro mancanza, perché sono le prime esperienze fuori casa.

In realtà non ho visto tanti lamentarsi o piangere, è una cosa che noto di più nelle zone mie, penso per via di uno stile di vita diverso, dove al Nord l’efficienza dei mezzi permette più facilmente spostamenti e di conseguenza maggior autonomia fin da molto giovani, mentre al Sud tutti sono abituati a farsi portare in macchina. Ma a volta mancano proprio i mezzi per concedere questa autonomia di spostamento.

Parlando dei giovanissimi, hai sviluppato negli anni un approccio che ti sentiresti di consigliare ad altri tecnici?

Consigliare no, perché è ancora in fase di evoluzione, ma ho una mia idea, che sta andando avanti nel tempo, perché poi ci devi lavorare in modo pratico e alla fine di ogni ciclo di anno sportivo settembre-giugno tiri le somme e l’anno dopo apporti qualche nuovo accorgimento. Non ho però la presunzione di dire che so ciò che bisogna fare. Nel nostro club a volte facciamo incontri con dei professionisti, cui partecipano anche i genitori, le famiglie, perché coì migliorano anche loro insieme a noi. Da soli si è più forti, insieme si può andare più lontano.

Cosa ti piacerebbe vedere o portare in una prossima edizione dello stage?

Questa è una domanda difficile, perché veramente qui ho trovato già dall’arrivo in stazione persone cordiali, gentili, un’organizzazione impeccabile, tutto è curato nei minimi dettagli, sia dalla parte logistica che tecnica e organizzativa sul tatami: professionisti, ciascuno col proprio compito e si vede che è una squadra che funziona, ma non a caso l’anno prossimo sarà il quarantesimo anno e solo perché il Covid ci ha fermati, altrimenti queste candeline già le avremmo spente. È complicato, ma qualcosa si può sempre fare di più… però non sta a me dirlo, perché vivendo lo stage soltanto dalla prospettiva del tatami non ho l’occasione di vederlo a 360°. Dal mio punto di vista è già ottimo così!