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Judo

LA SIGNORA DELLA FIJLKAM: INTERVISTA A MARIA GRAZIA PERRUCCI

L’occasione è stata quella di un viaggio verso Genova, al Grand Prix Cadetti che si è tenuto nel capoluogo ligure ai primi di marzo, in una corriera condivisa tra FVG e Veneto. Protagonista di questa chiacchierata informale è stata la Consigliera Nazionale Maria Grazia Perrucci. Per tutti è Mari, che per anni ci ha pesati alle gare, rivolto un sorriso, aiutato nelle mille piccole e grandi questioni quando era Vicepresidente regionale del Comitato Fijlkam FVG. Una donna vulcanica, che quando qualcosa non va’, la aggiusta, che dà una mano dove c’è bisogno; che c’è, è presente in maniera costante, discreta e luminosa.

“Partiamo con una domanda semplice” ho esordito. E lei pronta mi ha rilanciato la battuta: “Come ti chiami?!” ridendo, come una ragazza in gita! Il clima intorno era proprio quello da gita scolastica, con ragazzini adolescenti che scherzavano, chiacchieravano e giocavano a carte. Seduti nei sedili posteriori del pullman, si parlava di mille cose; vicino a noi il CT regionale FVG Gianni Maman ha ricordato affettuosamente a Mari di quando si trovava al peso ovviamente in mutande di fronte a lei, all’epoca PDG. Emergono mille aneddoti. “Tu non hai sentito niente però, eh, l’intervista comincia adesso!” mi ha subito ammonito Mari con un sorriso.

“Come e quando ti sei avvicinata al Mondo del judo?”

“Allora… mi sono avvicinata al Mondo del judo perché la mia carissima amica Elisabetta [ndr Fratini] faceva judo e quindi seguivo le sue gare, mi sono appassionata, avevo un sacco di amici… e quindi, ad un certo punto, mi hanno detto: vabbè, invece di venire qui a non far niente, fai qualcosa! E così ho fatto l’esame di presidente di giuria e lo faccio dal 1988”.

“Hai mai messo il judogi?”

“Sì, l’ho messo forse una decina di volte… ho imparato… no, non ho imparato, ho provato a fare le cadute! In realtà io giocavo a pallavolo… anche se sono piccola… a livello amatoriale eh, ovviamente! Poi ho cominciato l’università”

“Ti sei laureata in Architettura. Da quanti anni sei Architetto?”

“Be’, io ho una certa età… mi sono laureata nel 1991”

“E hai comunque continuato a seguire la passione per il judo… Nella tua esperienza, prima come Presidente di Giuria, poi come Vicepresidente di Comitato, ora come Consigliera, trovi che sia cambiato molto il panorama del judo da quando hai cominciato ad oggi?”

“Ho fatto varie cose, ma è solo un modo di mettersi di più a disposizione… guardando da dentro questo Mondo ti rendi conto che forse serve qualcosa di più… be’, questo in fondo è il mio atteggiamento in generale: secondo me serve sempre qualcosa di più… nel senso, sono anche soddisfatta delle cose che facciamo, però penso sempre che ci sia qualcosa di meglio da poter fare… sono una persona curiosa, guardo un pochino in giro… ho avuto anche la fortuna di collaborare con la Federazione Europea, per cui vedi realtà diverse e ti rendi conto che è possibile fare cose diverse! A parte la Federazione europea, vedi anche altre Nazioni che lavorano in un certo modo. Io, quando sono stata nominata Vicepresidente di Comitato, ho studiato come le diverse Nazioni che abbiamo attorno, specie quelle un po’ più forti di noi, la Francia, ma anche l’Inghilterra, la Spagna, l’Olanda, la Germania… come strutturavano sia la loro attività agonistica che il loro Mondo del judo… e fanno alcune cose veramente interessanti”

“Sei riuscita a portare qualche idea qui da noi?”

“Ma no, non molto… boh, qualche piccola idea, qualche piccola cosa… per esempio la Francia è strutturatissima, sono molto strutturati anche a livello scolastico… e di attività sportiva nel Mondo scolastico, legata al Mondo della politica, quella bella, nel senso della politica di crescita della Nazione, per cui lo sport è una situazione importante. Da noi decisamente molto meno: il Mondo sportivo, a parte il calcio, è un po’ di serie b… per esempio se i ragazzi a scuola fanno sport in realtà sono penalizzati perché mancano da scuola; se c’è qualche attività, a scuola non viene riconosciuta… adesso sì, qualcosina, con i crediti scolastici c’è, però è comunque poco, soprattutto negli sport come i nostri, dove tante volte devi assentarti da scuola anche più giorni, poi magari rientri il lunedì che magari ti sei fatto una gara lunga, per cui… questo è sicuramente un ambito in cui bisogna crescere…. Ci sono tante cose in cui dobbiamo crescere… poi, in realtà, abbiamo atleti bravi, perché comunque abbiamo dei risultati… abbiamo anche atleti che perdiamo per strada e questa è una cosa che a me dispiace sempre molto, perché vuol dire che non siamo stati capaci di dargli quello che loro cercavano. Secondo me sono sempre cose che devono farci pensare per crescere”

“Giornata delle donne oggi: nel nostro ambiente tu ne hai conosciute bene, penso, tantissime. Ce n’è una o più di una che ti è rimasta particolarmente impressa e che ti ha colpito proprio come persona?”

“Be’, nel mondo del judo credo che Laura di Toma sia veramente il top! Un po’ perché è friulana, un po’ perché è una persona con cui ho anche un profondo rapporto di amicizia, oltre che di stima e di affetto. Una persona poi che amo tantissimo per la sua energia e il suo modo di essere è anche Margherita De Cal! Se ci pensiamo, sono veramente delle pioniere del mondo del judo, perché hanno proprio cominciato quando il judo femminile non dico che quasi non esisteva, però poco ci manca… e sono ancora persone che sono attive, è questo il bello! Ce ne sono delle altre che sono straordinarie, insomma, non si può negare nulla: Cinzia Cavazzuti che è diventata Vicepresidente di un Comitato [ndr Comitato Regionale Lombardia] Emanuela Pierantozzi che insegna judo all’Università [ndr Emanuela è docente di Judo e Teoria e Metodologia dell’allenamento sportivo presso l’Università di Genova dal 2011. Precedentemente ricopriva un ruolo analogo presso l’Università di Bologna], Ylenia Scapin che è tecnico del Gruppo Sportivo Fiamme Gialle… cioè persone che veramente stanno dando tanto al mondo del judo, ma ce ne sono anche altre che lavorano un pochino più sottotono, ma ci sono. Sono donne energiche, fanno comunque vedere di che pasta sono fatte… sono donne anche fastidiose, a volte sono viste un po’ anche come spine nel fianco, nel senso che tante volte non è facile relazionarsi con le donne… in parte perché c’è sempre qualche necessità di rivalsa, nel senso che, comunque sia, non c’è ancora un ruolo accettato delle donne nel mondo sportivo, che sia da dirigente o … vabbè, da atleta fai le tue medaglie, per cui insomma, non dai fastidio a nessuno, però poi magari emerge un punto di vista diverso, che non è sempre facilmente condiviso”

“Trovi che negli anni sia un po’ cambiata questa andatura, da panorama sportivo quasi esclusivamente maschile nei ruoli dirigenziali ad un’apertura verso l’universo femminile?”

“Sicuramente alcuni passi sono stati fatti. Io come professionista faccio l’architetto, come già detto: è un mondo in cui si ha a che fare con gli uomini nel 90% dei casi, però non è una cosa che mi abbia mai creato particolare turbamento… per quanto mi riguarda, lavorare con uomini o con donne è assolutamente uguale, nel senso che ci sono delle volte in cui mi trovo esclusivamente in mezzo a uomini, ma è uguale, non cambio atteggiamento per questo. Non considero il genere nel momento in cui ci sto lavorando. Però è un dato di fatto che le donne siano ancora poche, sono viste come delle mosche bianche… non nego che sia anche colpa nostra: siamo le prime, spesso, a non essere capaci di crearci uno spazio o di uscire da questo stereotipo che alla fine ci è stato tra virgolette affibbiato… dovremmo renderci conto per prime noi stesse di valere e poi sicuramente saremmo capaci anche di farlo capire agli altri”

“Tu o la Federazione avete dei progetti particolari per il futuro, anche immediato, dei nostri atleti?”

“Adesso dovrebbe esserci uno sviluppo del settore formativo del Mondo della Federazione, perché questo è un aspetto che ha bisogno sicuramente di essere implementato, perché il mondo della formazione corre veloce, il mondo dell’informazione corre veloce e i nostri atleti sono bombardati da tutte le parti. I rapporti con mondo internazionale sono molto più intensi; anche l’attività degli atleti a livello internazionale è molto più intensa, per cui c’è bisogno di fare qualcosa di nuovo… e viene percepito anche da parte degli insegnanti. Poi sicuramente c’è la necessità di crescere e di cambiare, ma il cambiamento non è mai facile e, nell’ambito di una Federazione, non è diverso, anzi… non è facile, perché il cambiamento comporta una sorta di incertezza, un andare verso delle incognite, perché ci sono delle prospettive, ma non c’è mai la certezza al 100%. Questo fa anche parte del mondo sportivo, nel senso che quando affronti un avversario non sai mai al 100% quello che potrà succedere”

“Hai un sogno particolare per il judo e per la Federazione? E per i nostri ragazzi che, in fin dei conti, conosci da una vita come si diceva prima? Ce ne sono alcuni che hai visto crescere e diventare chi tecnico, chi atleta di livello…”

“Effettivamente in questi trent’anni di ragazzi crescere ne ho visti diversi: diversi che hanno avuto ottimi risultati a livello agonistico, diversi che poi sono diventati tecnici o che hanno smesso l’attività agonistica e sono diventati tecnici o arbitri… questo è uno degli aspetti belli di permanere in un ambiente… un sogno è quello di vedere che la meritocrazia riesca a poter dire in modo più forte le cose. Avere la capacità di cercare e trovare sempre il meglio. E anche di darsi degli obiettivi, di dire voglio arrivare fino a qua e di condividere il proprio percorso, questa è una cosa che forse ancora manca: la condivisione, la capacità di essere un gruppo che lavora assieme. La capacità di dirsi: io so fare questo, tu sai fare quello, sì, mi stai un po’ antipatico, però accetto anche le tue differenze, perché il tuo apporto al progetto può essere utile. Questa è una cosa difficile, perché me ne rendo conto io stessa… riuscire a trarre il meglio dalle persone. Se avessimo la capacità di fare questo andremmo veramente lontanissimo!”

È un qualcosa che vedi a livello internazionale e che a noi manca?”

“Mah, a livello internazionale c’è un disegno molto forte, che è quello di crescere. Io sono un pochino più dentro al panorama internazionale dal 2005, quando abbiamo fatto gli EYOF in Friuli, dove abbiamo avuto un contatto più stretto col mondo internazionale, attraverso Elisabetta [ndr Fratini*]. Il mondo del judo internazionale si è sviluppato in maniera esponenziale in tutti gli aspetti, dalla comunicazione alla presenza del judo nelle diverse Nazioni, che siano europee o dell’Africa più nera o dell’America Latina, quindi aree anche un po’ più complicate… si vede dalla loro comunicazione, dal loro modo di gestire le gare, dal modo di gestire le regole… qualche purista obietta che nel judo alcune cose non vengono fatte perché non sono scenografiche, però, alla fine, per essere capiti, bisogna anche accettare, alle volte, di dover fare delle modifiche ai nostri regolamenti, perché altrimenti uno dice: ah sì, bellissimo il judo, a me piace, però non ci capisco niente! Fare gol è fare gol, fare ippon non sempre è comprensibile. E quindi sì, certo, questa forma di semplificazione che è stata creata dalla Federazione Internazionale può essere vista sia in modo positivo che negativo… sicuramente la motivazione per cui è stata fatta è di allargare quello che è il pubblico… e in qualche modo c’è riuscita, perché, se pensiamo che, a livello di Olimpiadi, il judo riesce a fare una gara a squadre che non c’era mai stata, ad equilibrare – e questo è un segnale molto forte oggi, che è la giornata delle donne – i numeri, perché la Federazione ha deciso di portare alle Olimpiadi lo stesso numero di maschi e di femmine a combattere, per cui è un segnale davvero importante. Altri sport, come, ahimè il karate, che pure appartiene alla nostra Federazione, per cui ci dispiace ancora di più, sarà solo dimostrativo a Tokyo e, a oggi, non sarà presente a Parigi… per cui possiamo dire che il judo in questi anni ha fatto successo”.

Le domande che si potrebbero fare a Mari sarebbero state ancora moltissime, ma l’arrivo del pullman alle porte di Genova ha decretato la fine del nostro tempo a disposizione. In un gesto abituale, Mari ha preso la valigia, pronta a seguire, ancora una volta, i “suoi” ragazzi e ragazze all’ennesima gara.