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Judo

New York 1980, il racconto di Stefano Stefanel

Riportiamo con piacere il ricordo del Maestro Stefano Stefanel dei Mondiali Femminili di New York.

"Da pochi giorni sono stati festeggiati i 40 anni dal primo Campionato del Mondo Femminile di judo, disputatosi a New York alla fine di novembre del 1980. Poiché c’ero, ho deciso di onorare quella bellissima esperienza con alcuni ricordi, quarant’anni dopo. Lo faccio andando indietro nel tempo, senza voler fare una ricostruzione storica, ma solo narrando alcuni ricordi. Per rendere omaggio a quelle ragazze italiane che hanno aperto una strada importante nello sport italiano.

Il 4 luglio del 1979 io e Laura di Toma ci eravamo sposati a Osoppo, nel Municipio, che era un fabbricato provvisorio del dopo-terremoto. La mia testimone di nozze era una ex compagna di Liceo, la sua un’amica del Paese. Non c’erano i nostri genitori alla cerimonia: proprio un altro mondo. Così a fine novembre sono partito da Milano alla volta di New York insieme ad Angelo Beltrachini, che era fidanzato con Cristina Fiorentini. Le ragazze della Nazionale le conoscevo tutte perché erano venute a casa nostra molte volte, alcune per un breve passaggio (Cristina Fiorentini, Nadia Amerighi e Anna De Novellis), altre invece per lunghi periodi e dentro un rapporto di grandissima amicizia (Patrizia Montaguti, Maria Vittoria Fontana, Margherita De Cal). Patrizia Montaguti e Maria Vittoria Fontana hanno avuto anche fidanzati atleti del (futuro) Judo Kuroki, che hanno conosciuto da noi. Patrizia quel fidanzato lo ha sposato, Maria Vittoria no. Eravamo tutti molto giovani.

Di Toma LauraArrivati a New York Angelo e un suo amico sono andati al Victoria Hotel e io, che non avevo prenotato niente (erano decisamente altri tempi) sono andato in taxi con Pio Gaddi a Manhattan, all’Hotel dove era alloggiata la Nazionale italiana. Laura era molto agitata, perché io non avevo la più pallida idea di dove andare a dormire, dato che avevo fatto confusione con i fusi orari e mi trovavo a Manhattan di sera, senza un posto dove andare, senza conoscere l’inglese e senza sapere a chi rivolgermi. Il maestro Alfredo Monti, allenatore insieme a Maria Bellone, capì la situazione e mi disse che per quella notte potevo dormire per terra sulla moquette in camera sua. Verso le cinque e mezza del mattino sono sgattaiolato fuori dal grande e lussuoso Hotel sulla Quinta Strada, vicino a Broadway, e mi sono messo alla ricerca di un albergo. L’ho trovato sulla 28a, una ventina di minuti a piedi dall’Hotel della Nazionale, che era vicino al Madison Square Garden. Pioveva quel giorno a New York (era venerdì e la gara era prevista per sabato e domenica), ho depositato il mio bagaglio in camera (una borsa da viaggio molto piccola) e sono andato in giro. Non capivo niente e così giravo a piedi sotto la pioggia, coperto dal mio Eskimo. Volevo andare a un musical e così ho cercato dove si compravano i biglietti per “A Chorus Line”. Un gentile signore mi ha detto in modo che capissi (???!!!) che il teatro era sulla 46^ West, ma io, che invece non capivo l’inglese, mi sono avventurato sulla 46^ East, che a quel tempo era malfamata, finché mi sono sentito abbracciare da qualcuno che è sbucato da un androne. Ho tirato una gomitata, visto con la coda dell’occhio che c’erano due ragazzi di colore vicino a me e mi sono messo a correre. Ho corso come un dannato fino all’Hotel della Nazionale e sono arrivato proprio mentre le ragazze scendevano dal pullman dopo l’allenamento del mattino. Laura, appena mi ha visto è diventata pallida e mi ha detto: “Cosa ti è successo?” Io mi sono domandato subito come faceva a saperlo. Margherita De Cal era preoccupata e guardava il mio Eskimo dalla parte sinistra. Così l’ho guardato anch’io e ho visto uno squarcio di una trentina di centimetri, fatto naturalmente con un coltello. Ero stato accoltellato e non me n’ero accordo! Siamo saliti in camera di Laura, che mi ha cucito l’Eskimo. E poi me ne sono andato sotto la pioggia a vedere il Moma (dove c’era esposta Guernica di Picasso).

La gara la ricordo benissimo. Eravamo in una parte non grande del Madison Square Garden di New York, dove erano stati montati due tatami dai coraggiosi organizzatori newyorkesi, che avevano organizzato il Mondiale con i propri soldi e senza sponsor o contributi. Margherita ha dominato il Mondiale, mentre Anna De Novellis è andata in finale a sorpresa, ma con grande grinta, meritandosi l’argento. Le altre ragazze erano giovani e inesperte, ma hanno combattuto tutte benissimo. E Laura? Laura di Toma era tesa come una corda di violino: il primo incontro lo ha vinto senza alcun  problema con l’argentina Guadagnini e al secondo turno ha battuto nettamente la nostra cara amica austriaca Herta Reiter. Nella finale di poule la aspettava la grande favorita del Mondiale, la francese Martine Rottier: come posso aver dimenticato l’Uchi-Mata con cui ha fatto volare la Rottier “nello spazio”? Quando Laura ha preso la Rottier sul tempo sono saltato anch’io, che ero sugli spalti. Monti a quel punto era sicuro del titolo, perché l’avversaria in finale era una giovane olandese, Anita Staps. L’incontro fu arbitrato in modo vergognoso da un arbitro giapponese (mi pare fosse il grande Fuji, ma non ne sono sicuro): la Staps dopo pochi secondi fece un Seoi-nage sbilenco e Laura cadde di pancia. L’arbitro assegnò il Koka. E da quel momento la Staps scappò per tutti e quattro i minuti, si buttò in ginocchio, si slacciò la cintura. Monti urlava dalla sedia dei tecnici. Io urlavo da sopra le tribune dove non stavo nella pelle. Laura perse la pazienza, inseguì la Staps che correva intorno, attaccò sempre. Medaglia d’argento. Alla fine un grande risultato: quarant’anni dopo non fa differenza la medaglia. E’ stato argento, vuol dire che doveva andare così.

La festa dopo la gara si fece in una palestra vicino al Madison: qualche tartina, qualche bibita. Gli organizzatori non avevano un dollaro. La grande favorita francese per due titoli mondiali Paulette Fouillet (due argenti, dominata in finale da Margherita De Cal) era molto triste, Laura invece era felice perché comunque stavamo vivendo un’avventura indimenticabile (e infatti la stiamo ricordando). La sera di lunedì io, Laura e Margherita andammo a cena nel Queens da due amici veneziani di Magherita che vivevano a New York. Poi martedì Laura (e Beltrachini) ripartì per l’Italia e io rimasi a New Yok altri quattro giorni a girare da solo a piedi e a morire di freddo. La mattina dell’ultimo giorno avevo in tasca 2 dollari, il biglietto del pullman da Manhattan all’aeroporto John Fitzgerald Kennedy e il biglietto di ritorno per l’Italia. Incoscienze di altri tempi. Arrivato a Milano feci tutto il viaggio in treno da Milano a Udine in piedi e senza biglietto (clandestino), perché coi due  dollari avevo preso l’autobus dall’Aeroporto alla Stazione Centrale e un panino. 

Un anno e mezzo dopo con Laura di Toma ho fondato il Judo Kuroki e nel 1983 ci ha raggiunto Patrizia Montaguti, che si era sposata con Riccardo Bartole e aveva lasciato Genova. Le strade tra me e Laura qualche anno dopo si sono divise e abbiamo divorziato. Ma quarant’anni dopo è tutto ancora lì."