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Judo

Fenomeni - Emanuele Gava: le arti marziali tra equilibrio e fusione

“Le arti marziali come l’acqua, ci adattano alle difficoltà senza farci perdere noi stessi”.

Nello Judo spesso si dice che chi è alto può trovarsi in difficoltà nell’esecuzione di alcune tecniche. Emanuele è un “gigante gentile”, che grazie alla fusione con un’altra arte marziale è riuscito a dare al suo stile di combattimento quel qualcosa in più che lo rende agile ed efficace in ogni situazione.

A judo spesso ci insegnano ad essere adattabili e sfuggenti come l’acqua: è un elemento che trova davvero un’ottima correlazione con questo sport e con tante arti marziali. La Natura è essenzialmente la matrice da cui originano buona parte delle filosofie sportive dell’oriente e, parlando con Emanuele Gava, tecnico di laboratorio presso l’ARPA FVG con specializzazione in analisi ambientali, questo legame è emerso come un “fil rouge” che ha guidato le sue esperienze dentro e fuori dal tatami.

Come ti sei avvicinato alle arti marziali?

 Tutto è cominciato quando 15 anni fa ho iniziato a praticare Tai Chi. Quasi tutti conoscono questa disciplina come un’arte marziale cinese basata su movimenti lenti e continui che improntano il gesto sul rilassamento psicofisico, ma è solo uno dei tantissimi aspetti di quest’arte marziale.

Il mio percorso è cominciato a Gorizia in una piccola palestra specializzata sullo stile Chen, che è considerato quello più antico e che quindi permette una pratica più vigorosa delle varie forme. Per certi versi è simile al Kung Fu: difatti al suo interno sono presenti delle componenti marziali, come le leve, calci, pugni e persino le proiezioni.

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Tai Chi, leve e proiezioni, qualcosa mi ricorda il Judo…

Avendo in passato praticato solo pallacanestro, quando sono approdato nel mondo delle arti marziali, il mio Maestro notò che mi mancavano determinati tasselli per avere un quadro più completo del Tai Chi. Fu così che mi consigliò di provare anche altre arti marziali al fine di sviluppare un atteggiamento pro-attivo e di capire come muovermi meglio sul tatami. Provai Aikido, che mi aiutò tantissimo per studiare i tempi nelle proiezioni ed il ritmo dell’avversario, ma nonostante ciò continuava a mancarmi la parte più “fisica”.

Nel Tai Chi è fondamentale, particolarmente nel Pan Jin, che significa “pienezza”: il praticante, quando esegue una forma, deve essere consapevole di occupare uno spazio e di essere appunto pieno di energia; come un tubo dell’acqua: quando è vuoto lo si può piegare facilmente, ma quando è pieno, pur restando elastico, risulta molto più difficile deformarlo. Questo principio cardine l’ho trovato proprio nello judo.

Quando è avvenuto il tuo incontro con il judo?

 Inizialmente lo judo era una costola della mia pratica del Tai Chi, ma poi me ne sono innamorato. Sono tante le cose che si legano tra queste due discipline: essere come l’acqua, avvolgere l’avversario, apprendere e dare allo stesso tempo qualcosa all’altro in un continuum di gesti e movimenti. Nel Tai Chi, una delle frasi cardine è “Investire nella sconfitta” che significa imparare di più da un errore e che ci sarà sempre qualcuno più esperto di te pronto a trasmetterti nuove conoscenze. Così è anche nello judo: non c’è una fine nel percorso formativo, e nel randori stesso la pratica diviene un continuo modo di imparare.

Vedi il judo come cura per la vita quotidiana?

 Definirei il judo come una “via” che non può essere considerata soltanto come un’arte marziale, perché è in grado di trasmetterti molto di più ed in modo particolare coltiva un aspetto meditativo che, per quanto mi riguarda, è alla base della pratica marziale. Dal randori ai kata, sono tutte meditazioni in movimento volte a ricercare l’armonia in te stesso ed in tutto ciò che ti circonda. Personalmente anche nella vita reale, questo approccio meditativo è fondamentale quando si presentano delle situazioni difficili di energie contrastanti o situazioni di tensione: lo judo ti insegna ad essere come l’acqua e quindi ad avvolgere ma anche ad adattarti alle varie situazioni, permettendoti di non perdere mai la tua vera natura.

Tai Chi e Judo: un’accoppiata vincente.

 Tai Chi per me è il primo amore e come ben si sà “non si scorda mai”. Tuttavia nella mia visione, non è mia intenzione cercare un ibrido tra lo judo ed il Tai Chi, sono due arti marziali ben distinte. Ciò che reputo molto interessante è ricercarne i punti in comune e le varie somiglianze. Per quello che è il mio desiderio formativo, noto che praticando parallelamente queste due discipline riesco a portare quel qualcosa in più sia nell’uno che nell’altra: nel Tai Chi la consapevolezza, nello judo la delicatezza.

Quale sarà il tuo futuro nello judo?

Spero di continuare ad avere lo stesso piacere che provo ora nel praticare judo anche in futuro, senza dovermi dare obiettivi, riuscendo ad avere sempre la mente pronta a capire ed a percepire ciò che mi verrà insegnato per poi poterlo applicare al meglio non solo nell’arte marziale stessa, ma anche nella vita di tutti i giorni.