Concentrazione, attenzione, rispetto, educazione: questi i capisaldi della filosofia di vita, prima ancora che del judo, portata sul tatami dello Stage Skorpion dal Maestro Eiji Kikuchi.
Cintura nera 4° dan, professore di judo diplomato presso il Kodokan, insegnante di giapponese e di calligrafia, tra il 2009 e il 2012 tecnico della nazionale belga: un curriculum che probabilmente non riesce a rendere appieno la profonda competenza che il Maestro Kikuchi porta con sé e che ha fatto sì che Hikari Sasaki, infortunata e operata di recente, facesse il suo nome per sostituirla a questa edizione dello Skorpion Stage 2022.
Occhi attenti, sguardo sereno e sorriso bonario, il Maestro Kikuchi colpisce per la sua semplicità e gentilezza, che si rispecchia nel modo in cui ha saputo rispondere alle domande che gli sono state rivolte a bordo tatami, tra un allenamento e l’altro.
Sensei, in questi giorni ha insegnato alle fasce più giovani presenti allo Skorpion Stage: nella Sua visione, qual è l’obiettivo principale che il judo deve riuscire a cogliere nei loro confronti?
Sicuramente il judo deve insegnar loro l’aspetto tecnico, imprescindibile per apprendere le basi della nostra disciplina, ma ciò che desidero più di tutto è che i bambini imparino fin da giovani a condividere la conoscenza e a osservare attentamente ciò che vedono, per poi metterlo in pratica. Sincronizzare l’osservazione di ciò che gli mostro con la capacità di mettere poi in pratica esattamente il gesto tecnico è la chiave per progredire.
Guardando un Suo allenamento ciò che salta subito agli occhi è la volontà di far divertire i bambini: è questa la chiave per permettere loro di mantenere alta l’attenzione e fargli imparare meglio e più velocemente?
Certo, divertirsi facendo judo è la chiave. Li ho fatti lavorare molto sugli ukemi, perché, anche se cadono da soli possono divertirsi e, allo stesso tempo, imparare qualcosa di molto utile per la loro incolumità. Certo, sappiamo tutti che è più divertente eseguire delle proiezioni in randori, ma anche sapersi lanciare in cadute e uscirne indenni rappresenta un vero divertimento per un judoka!
Quand’è che il divertimento viene colmato dalla necessità di progredire come agonista?
Provare piacere facendo judo è il presupposto fondamentale dal quale partire a ogni età, questo è chiaro, ma ritengo che quando si inizia a porsi seriamente degli obiettivi da raggiungere, allora inizi un processo di cambiamento vero e proprio. Ciascuno ha i propri obiettivi: diventare più forte, diventare campione italiano, campione mondiale… e poi, passo dopo passo, lavorando duro, così come il judo richiede, i progressi porteranno i loro frutti. Se non ti piace veramente il judo, non puoi capire il piacere profondo che porta con sé il duro lavoro.
Lo scopo del judo, così come trasmessoci da Jigoro Kano, è di permeare la società con valori concreti. Ritiene che oggi giorno i valori del judo possano ancora considerarsi attuali?
Assolutamente sì. Io credo ci siano tre livelli nel judo: al primo livello impariamo il judo sul tatami come allievi; al secondo livello, attraverso l’esperienza, diventiamo docenti e siamo noi a dover insegnare a chi è inesperto; il terzo livello è quello massimo: dobbiamo andarcene dal dojo, cioè toglierci il judogi e uscire a fare qualcosa di buono e importante per la nostra società. È questo che credo Jigoro Kano voleva fare attraverso il judo e credo che quest’idea sia ancora viva e attuale e dobbiamo tenerla sempre a mente. La vittoria sul tatami è ovviamente importante, ma è soltanto una parte del judo ed è questa la cosa più straordinaria della nostra disciplina.
Che consiglio darebbe a chi si avvicina al mondo dell’insegnamento del judo?
Parlando di insegnanti italiani trovo che abbiano molta esperienza, per cui sono io che mi sento di imparare da loro, osservandoli. Credo che organizzare un camp come questo realizzato dallo Skorpion qui a Piancavallo costituisca una grande occasione anche per gli insegnanti, che hanno modo di osservare uno di loro mentre spiega tecniche ed esercizi ai ragazzi, dando così modo a tutti di prendere ciò che più serve loro. In Italia la cultura del judo è molto buona e si lavora bene, per cui ritengo che il futuro sia roseo!
In generale, io stesso quando insegno, anche a principianti e giovanissimi, ho modo di imparare dalle loro domande e osservazioni. Credo che la chiave per imparare e progredire, a qualunque età, in qualunque settore, sia la curiosità. A volte si insegnano le stesse cose, ma a cambiare sono i metodi e questo particolare, che può in apparenza sembrare irrilevante, fa tutta la differenza del mondo!
Parlando dello stage, che livello tecnico ha trovato?
La partecipazione a questo camp ha coinvolto diverse fasce d’età, dai 6 anni fino agli Junior; io ho tenuto lezioni solamente ai giovanissimi, per cui posso parlare con maggior cognizione di causa di loro. Sono soddisfatto dei loro ukemi, abbastanza buoni, quindi un buon inizio da cui partire e per me è un metro di giudizio importante, perché mi dà l’idea di quanto a fondo si lavori nei dojo. La cosa importante è che i bambini conservino la voglia di continuare a praticare judo e a imparare tutto ciò che è possibile.
Lei vive in Francia da diversi anni, torna mai a casa in Giappone?
Sì, vivo in Francia, a Parigi, dove insegno judo, ma mi trovo spesso a venir chiamato a insegnare anche in giro per il Mondo. Una volta all’anno però torno in Giappone durante le vacanze e quando sono lì vado a visitare il club dove ho iniziato a fare judo: non conosco modo migliore per sentirmi a casa!