Che cosa accadrebbe se si insegnassero gli ukemi a una categoria fragile come quella delle persone anziane? È questa la grande scommessa della conferenza internazionale “Cadute sicure per gli anziani attraverso il judo”, giunta alla sua seconda edizione, ideata e realizzata dal Professor Mike Callan dell’Hertfordshire University, svoltasi presso la Tokai University di Tokyo il 12 e 13 dicembre.

18122024MikeCallan.jpg

Una due giorni che ha radunato insegnanti, scienziati e studiosi di judo a vari livelli e da varie parti del Mondo a presentare i loro avanzamenti nella materia in questione, alla continua ricerca di una cultura della prevenzione e della sicurezza sviluppate a 360° e rivolte all’universo della terza età, cercando di coinvolgere in particolare chi non ha mai messo piede su un tatami o, magari, non ha mai fatto sport o l’ha abbandonato da tempo.

Se per un judoka cadere è istintivo e porta con sé la consapevolezza di potersi rialzare, per un neofita, tanto più se anziano, la caduta rappresenta soprattutto paura, dolore, limitazione. Riuscire a cambiare la gestione di una possibile caduta comporta una visione totalmente nuova delle proprie possibilità, oltre che l’acquisizione di una sensazione di sicurezza e di indipendenza che migliora la vita degli anziani.

Diciotto i Paesi coinvolti nel progetto e quattordici le Università che hanno prodotto studi scientifici in varie direzioni, dalla mobilità articolare all’impatto dell’interazione e della socializzazione nella vita di un anziano, fino alla ridotta incidenza delle fratture più comuni in confronto col periodo antecedente gli studi.

La giornata di giovedì 12 dicembre si è svolta quasi interamente sul tatami, dove a esercizi pratici di mobilità articolare sono seguiti momenti di confronto tra tecnici, volti a condividere idee, proposte e possibili evoluzioni dei lavori già esistenti. Interessante anche la visione di problematiche legate principalmente a questioni culturali, come quella evidenziata dal programma di cadute sicure in Arabia Saudita, dove indossare un judogi non viene accettato dalla maggior parte dei partecipanti al corso, che, invece, indossano vesti del proprio quotidiano, che rendono molto limitati i loro movimenti. Questa peculiare situazione rende indispensabile ridisegnare il corso partendo da movimenti per forza più limitati, come ha spiegato il Farmacista Abdelmonaim Elsayed.

1000092762.jpg

Di particolare interesse il contributo proposto dai due Head Kata Commissioners dell’EJU, il PhD Slavisa Bradic e la Maestra italiana Monica Piredda, che, oltre a dimostrare metodi pratici per l’insegnamento del kata anche a principianti e persone anziane derivanti dal progetto "Kata for All" hanno sottolineato le prime evidenze di studi secondo i quali le ripetizioni richieste dai kata sembrerebbero aiutare in maniera determinante chi soffre di Alzheimer, attivando zone neuronali grazie alla concentrazione necessaria a eseguire i movimenti nella maniera e nell’ordine corretti.

18122024MonicaShunSlavisa.jpg

Di rilievo anche il contributo del membro della Commissione europea per l’Educazione Oscar de Castillo, che ha condiviso i suoi metodi e approcci innovativi alle tematiche del judo per gli anziani, in collaborazione con Maria del Carmen Campos Mesa e il loro entourage di studiosi e judoka.

18122024SafeFALLING.jpg

La giornata di venerdì 13 dicembre si è svolta interamente in aula, dove si sono susseguiti vari interventi sui progetti portati avanti negli ultimi anni, con approfondimenti sul tema delle strategie di equilibrio e gestione della caduta (Karin Strömqvist Bååthe e Julia Hamilton dalla Svezia), equilibrio dinamico (Michael Headland e Meera Verma dall’Australia), esercizi salutari di judo (Takeshi Kamitani dal Giappone), un sicuro modo di stare in piedi per un miglior equilibrio (Jim Feenan dalla Scozia), il momento dello squilibrio (Jean-Pierre Dziergwa dal Belgio), il concetto di ukemi nelle fasi iniziali dello sviluppo del judo (Megumi Tachimoto dal Giappone), le cadute sicure nel concetto di Højskole danese (Holger-Hening Carlsen e Julie Vilhelmsen - Danimarca), l’impegno delle Federazioni Nazionali nei confronti del principio del Jita Kyoei (Karen Roberts dalla Gran Bretagna), uno studio biomeccanico per insegnare le cadute come sistema di prevenzione (Kii Ikeda, Kenichiro Agemizu, Kosei Inoue, Megumi Tachimoto e Seiji Miyazaki dall’Università di Tokai in Giappone). A tirare le fila e a ringraziare tutti i partecipanti e coloro che hanno reso possibile lo svolgimento della conferenza il Professor Callan: Abbiamo fatto uno splendido lavoro per creare consapevolezza. La mia visione è di creare un movimento, un gruppo di esperti con degli obiettivi specifici e delle idee condivisibili e credo ci troviamo sulla strada giusta.

La conferenza ha dimostrato una volta di più le potenzialità del judo come strumento di promozione della sicurezza e del benessere, favorendo la collaborazione internazionale per migliorare i metodi di allenamento e la funzione sociale che contraddistingue la nostra disciplina e ha contato, tra gli altri onorevoli ospiti, sulla presenza del Maestro Hitoshi Sugai, virtuoso dell’uchi mata, due volte campione del Mondo di judo nella categoria 95 kg.