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Judo

Hikari Sasaki: vita armoniosa di una judoka a 360°

Sguardo dolce, sorriso solare, incredulità quando le viene chiesta quest’intervista. Hikari Sasaki si racconta in modo semplice e umile. Allo Skorpion Stage segue le lezioni di tutti i colleghi con enorme interesse, sempre pronta a cogliere un suggerimento, un’idea, un’ispirazione.

Classe 1967, nata a Numazu, nella prefettura di Shizuoka, la Maestra Hikari Sasaki, professoressa di judo 7° dan, conta nel proprio palmares una medaglia d’oro alle Olimpiadi di Seul 1988, ancora dimostrative per il judo femminile, in una categoria, quella dei 66 kg, che poi sarebbe stata portata a 63 kg, oltre a una medaglia d’argento e una di bronzo ai Campionati del Mondo 1987 e 1989 – dove perse la finale con la campionessa italiana Emanuela Pierantozzi-.

Il padre l’avrebbe voluta campionessa di atletica leggera, ma poi fu proprio il fisioterapista paterno, in uno di quegli incontri che ti cambiano la vita, a consigliare alla ragazza, allora adolescente, di praticare judo per rinforzare la sua struttura fisica. Da allora, il suo percorso è stato instancabile, in crescita continua, fatto di lavoro serio e atteggiamento misurato.

Qual è stato il momento più emozionante e significativo della Sua carriera judoistica?

È molto difficile rispondere. Nel 2008 sono arrivata in Francia e ho iniziato il mio percorso di professore di judo, ma non parlavo francese. I miei allievi, bambini, si comportavano piuttosto male approfittando del fatto che io non parlassi francese. È molto difficile praticare con i bambini. Un giorno ho dato loro delle spiegazioni specifiche e loro continuavano a ripetere che non riuscivano a capirmi. Ma, a un certo punto, il bambino più tranquillo e calmo che non parlava mai, si è alzato e ha spiegato ai compagni quello che dovevano fare. Gli altri bambini erano un po’ maleducati con me, ma, da quel momento, sono stati i bambini ad aiutare me, sull’esempio di quel primo compagno. Dopo questo episodio tutto ha funzionato a meraviglia tra me e i miei allievi. Se quei bambini e quello che si è alzato, nello specifico, non fossero stati lì, probabilmente mi sarei fermata nell’insegnamento.

Lei è andata in Francia per amore: Suo marito parlava giapponese o Lei si faceva capire un po’ in francese?

No, lui non parlava giapponese, io non parlavo francese. Ci siamo venuti incontro con l’inglese.

Come mai ha scelto di insegnare ai bambini?

Io amo molto i bambini. Già in Giappone insegnavo Educazione Fisica, anche considerato che per i campioni non esistono impieghi a livello elevato. A me piace molto il judo e già da piccola ho avuto un insegnante che è stato molto significativo per me e mi ha permesso di crescere molto nella mia interezza, non soltanto da un punto di vista tecnico, ma anche spirituale e interiore. Questo arricchimento che ho ricevuto, voglio riversarlo a mia volta nei confronti dei bambini.

Qual è la persona che ha incontrato sul tatami, come atleta o come insegnante, che l’ha segnata di più?

È davvero troppo difficile rispondere, perché ho incontrato troppa gente… direi tutti gli amici!

Parliamo di gare. Come affrontava la sconfitta in gara quand’era un’atleta?

Il mio scopo non è mai stato la competizione: il judo è tantissime cose – apprendimento, kata, gare -. A volte si vince, a volte si perde, fa parte del gioco, il judoka deve comunque rimanere tale nella sua totalità e non dare troppo peso a una singola sconfitta.

Ha mai pensato di lasciare il judo?

No, mai [RIde].

Qual è l’insegnante che le ha lasciato l’insegnamento più significativo che porta sempre con sé?

Non c’è nessuno in particolare, ma un po’ tutti mi hanno trasmesso qualcosa. Anche qui allo Skorpion Stage ci sono molti insegnanti che mi hanno trasmesso e mi danno ogni giorno degli insegnamenti, così come lo fanno i bambini. Ad esempio, a me piace moltissimo l’o-goshi in questo periodo ed è difficile girare la schiena, per vari motivi. Un giorno, un mio allievo ne ha fatto uno così bello che ho preso spunto da lui, un bambino di 6-7 anni, che l’ha eseguito in maniera totalmente naturale e ho avuto un’illuminazione nel vederlo, ho pensato “ecco come si fa!”. Da quel giorno ho fatto mio quel movimento e uso quello che ho visto e intuito come insegnamento per altri allievi.

Mikihiro Mukai è stato Suo compagno di Università e sempai sul tatami. Che effetto Le fa ora aver condiviso i tatami dello stage con suo figlio Shunsuke?

Mikihiro è diventato Istruttore di judo e insieme abbiamo seguito una squadra. A dire il vero non conoscevo Shunsuke, è stato Massimo Cester a dirmi che sarebbe stato presente qui a Piancavallo, stiamo iniziando a conoscerci ora.

Che cosa Le manca di più del Giappone?

A volte mi manca il cibo, ma ogni tanto mangio cucina giapponese e questo aiuta!

Piancavallo (PN) - 17/04/2025 - SKORPION STAGE 2025 - Foto Elia Falaschi © 2025 - https://www.eliafalaschi.it - https://www.skorpionpn.com

Ogni stage ha una propria atmosfera speciale e le proprie caratteristiche. Che cosa trova allo Skorpion stage che non trova altrove?

Avevo già partecipato a questo stage nel 2019, ma stavolta mi hanno chiesto di insegnare ai bambini e per me è la prima volta che a uno stage trovo una presenza così massiccia di bambini di quest’età, così giovani e trovo che questa sia una caratteristica che contraddistingue Piancavallo. Normalmente il mio intervento viene richiesto per atleti più grandi, ma sono molto interessata, perché nel dojo dove insegno in Francia ci sono molti piccoli e mi interessa conoscere l’approccio che abbiamo in Italia con i più giovani.

Ritiene che abbia senso per bambini anche così piccoli partecipare a uno stage?

Io credo di sì, lo vedo anche in Francia: le opportunità per i più giovani sono molto poche e i bambini si muovono molto poco, ma queste sono opportunità che vanno colte perché aiutano a crescere anche come persone.

Lei ama realizzare origami. Com'è nata questa passione?

Amo realizzare origami perché mi aiuta a concentrarmi e costituisce una breve via di fuga dal resto del mondo, permettendomi di isolarmi e concentrarmi soltanto sul mio lavoro. In Giappone già ai bambini della scuola materna viene spiegato come realizzare i primi semplici origami, per apprendere la manipolazione della carta, ma soprattutto perché aiuta a migliorare le proprie abilità manuali, a concentrarsi, a stimolare il cervello.