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Tsuchiyama Takara, il mio O-Sensei

di Ranieri Urbani

Ci sono legami che attraversano una vita e che rimangono forti nonostante la distanza e gli anni trascorsi. Sono gli incontri che cambiano l’esitenza, che ci mettono su una strada che diventa la nostra strada. E per me Tsuchiyama Sensei è stato questo.

0419 Tsuchiyama Takara 2Lo ricordo ora, in questo momento in cui speravo di poterlo rivedere nel mio prossimo viaggio in Giappone e invece lui se ne è andato aprendo un vuoto enorme nel mio cuore. E’ scivolato via come quando tenti di afferrare una farfalla o il petalo di un ciliegio che danza nel vento. Leggero, senza rumore, come silenzioso è il dolore che provo per la sua perdita.

E’ mancato i primi giorni di marzo, dopo una lunga malattia, ma grazie al M° Comino avevo potuto inviargli un saluto che voleva essere un “ci vediamo presto”, ma non è stato possibile. E così due grandi del Judo rimangono indelebili nella mia mente e nel mio vissuto, e proprio per questo eternamente vivi.

Tsuchiyama Sensei era arrivato a Udine nel 1973 come assistente del prof. Takata scelto dal M° Sumiyuki Kotani, direttore dell’Università TOKAI, in sostituzione del M° Kyomi Nagamoto. Il M° Tsuchiyama in quegli anni era istruttore della polizia di Kyoto ed era considerato tra gli specialisti di Judo di alto livello, soprattutto nella lotta a terra. 0419 Tsuchiyama Takara 1Nel 1973 l’allora Judo Club Pordenone aveva manifestato l’interesse per il M° Tsuchiyama che così raggiunse nello stesso anno il Club come Direttore Tecnico, insieme agli istruttori di quegli anni (Aristide Landi, Augusto Zanon, Piergiorgio Corai, Roberto Portolan). Dall’unione tra Judo Club Pordenone e Judo Kwai nacque il SEKAI BUDO, nome scelto dal Maestro e che porta con sé un sentimento di collettività e appartenenza globale.

Fin dall’inizio la sua esperienza tecnica e tattica ha impressionato noi giovani judoka, nelle sessioni di randori, sia in piedi che a terra, e non c’era storia verso la quasi perfezione del controllo e dell’esecuzione tecnica che il Maestro dimostrava. Anche se più pesanti e dotati di discreta forza fisica, non è mai successo di proiettarlo o di prenderlo in presa a terra. I suoi gaeshi ed i suoi renraku erano assoluti, era al di sopra delle nostre capacità. 

In breve tempo ha cambiato il mio Judo (e non solo il mio), insegnandomi le migliore tecniche che intravedeva per la mia struttura fisica e per le capacità motorie che possedevo. L’intenso allenamento in Uchi-mata destro e sinistro, di Ashi-guruma ed Harai-goshi a sinistra mi ha portato in pochi anni ad un buon livello agonistico. L’affezione e la stima che si era creata fra di noi ha consolidato il nostro rapporto.

0419 Tsuchiyama Takara 3Gruppo Judoka 1976 con il Maestro Tsuchiyama a 34 anni, 6° dan

Quando tornavo da qualche gara con buoni risultati, mi diceva “bene, bravo, questa sera fai randori con me” ed alla fine del randori dopo una sfilza di ippon subiti, la frase sua di rito era “vedi quanto hai da imparare ancora, quanta strada ancora da fare”. Lo diceva con affetto, mai per umiliare, solo per motivare e spronare a migliorare sempre ed ancora. Le nostre strade si sono separate quando nel 1978 mi sono trasferito a Trieste per seguire il percorso universitario. Anche il Maestro Tsuchiyama era dispiaciuto, tanto da propormi di seguirlo in Giappone per frequentare lì l’Università e continuare lo studio del Judo. Ma ero troppo giovane ed insicuro e troppo legato alla nostra realtà, forse anche timoroso di iniziare un tale percorso così impegnativo. Guardando ora a quegli anni, risentendo la sua presenza vicina, pur nell’assenza, gli sono grato per il rigore, per la fiducia, per il lavoro incessante volto a trarre il meglio da ogni judoka che ha accettato il suo aiuto. E’ stato un onore averlo incontrato sul mio cammino e come me sul cammino di tanti altri che hanno fatto la storia del judo pordenonese.