Si chiama Martina Marsili, è una studentessa universitaria e ha cominciato a praticare il judo quattro anni fa, all’ultimo anno di Liceo; il suo primo Dojo, l’ANCES di Novate Milanese, la famiglia in cui sono cresciute la passione e l’amore per il judo. Decisamente affascinata dalla cultura giapponese, una borsa di studio per frequentare l’università a Tokyo ha realizzato il connubio vincente per realizzare un sogno.
UNA BORSA DI STUDIO PER TOKYO
“Sono atterrata a Tokyo il 3 aprile 2018, ci ho messo quasi un mese per ambientarmi, assillata dal pensiero che dovevo trovare un dojo dove coltivare la mia grande passione per il judo: non avrei mai pensato che stare un mese senza mi sarebbe costato tanto…un bel giorno mi sono fatta coraggio e nel mio giapponese stentato, ho chiesto responsabile del dormitorio in cui alloggiavo se conoscesse una palestra nei dintorni. Ricordo che mi aveva stampato una cartina della zona e aveva tracciato la strada per raggiungere il dojo. La domenica successiva, con il judogi in borsa, mi sono recata all’indirizzo indicato e accolta da tanti sorrisi e da qualche sguardo confuso, ho iniziato la mia avventura.”
CASA, STUDIO E DOJO
“Nei mesi seguenti ho continuato la mia nuova vita in Giappone, tra casa, dormitorio e dojo, senza molto tempo libero per via del carico di studio. Trascorrevo il mio tempo libero con gli altri ragazzi del dormitorio cercando di imparare il giapponese il prima possibile: era fondamentale per fare tutto, ma per me era importamte anche e soprattutto per capire cosa volessero dirmi i miei nuovi compagni del dojo di Nishitokyo. Gli allenamenti sono continuati per tutta l’estate: ho sempre praticato il judo con grande passione e per la gioia che provo ogni volta che salgo sul tatami, ma senza grandi obiettivi. L’incontro col responsabile del dojo ha quindi dato una spinta a quella che era diventata la mia quotidianità: dopo avermi osservata, mi propose di prepararmi a sostenere l’esame per acquisire la cintura nera…pensavo di aver frainteso, complice il mio giapponese, invece era realtà.
IL KODOKAN E IL LICEO TANASHI
"A fine agosto, avendo a disposizione un mese di vacanza, ho deciso di dedicarmi interamente al judo e a studiare il giapponese. Fino ad allora non ero ancora stata al Kodokan e pensavo fosse il momento giusto per andarci. Il Kodokan si trova in centro a Tokyo, a circa un’ora e mezza di viaggio da dove vivevo; avevo letto che c’erano lezioni giornaliere dedicate alle ragazze e l’idea mi interessava perché nel dojo di Nishitokyo l’unica ragazza ero io. Per il mese di settembre mi sono quindi allenata al Kodokan dal lunedì al venerdì, mentre il sabato e la domenica continuavo ad allenarmi a Nishitokyo…per non farmi mancare nulla, a volte frequentavo anche alcune lezioni speciali al Liceo Tanashi, un liceo non lontano dal mio dojo. Sono riuscita ad imparare molto: lo stile di lezione al Kodokan era molto concentrato sull’apprendimento delle tecniche e su quello che i giapponesi chiamano un “judo bello”, diversamente al Liceo Tanashi, dove si allenava una squadra agonistica, si seguiva uno stile più orientato alla gara.”
LE PRIME GARE
“Ho cercato di allenarmi almeno cinque o sei giorni a settimana anche quando sono tornata in università. Ho partecipato anche ad alcune gare, le prime per me perché in Italia non avevo mai gareggiato. In Giappone trovi gare per tutti e di livelli molto diversi: a fare la differenza non sono tanto le categorie di peso, quanto invece l’esperienza di ciascun atleta; lì ciascuna scuola, ogni università ha una propria squadra di ogni sport e così anche per il judo…le mie gare, come per tutti, sono andate a volte molto bene, altre peggio ma sono state sempre una grande emozione perché mi hanno permesso di mettermi alla prova e di prepararmi al meglio.”
L’ESAME: CINTURA NERA!
“Il grande giorno è arrivato il 18 novembre 2018: l’esame si è svolto in quello che credo fosse un penitenziario, alla presenza però dei maestri del Kodokan. L’esame è stato molto scrupoloso: sono stata valutata su aspetti formali, come il saluto, sull’esecuzione di numerose tecniche, sui primi tre gruppi del nage-no-kata ed infine su due incontri di circa due minuti l’uno, come se fossero delle prove di gara. Sarebbe stato impossibile prepararmi da sola a questo appuntamento: nel dojo di Nishitokyo avevo conosciuto la famiglia Kobayashi che si è presa cura di me fin dai primissimi giorni accompagnandomi agli allenamenti, aiutandomi a scegliere il nuovo judogi, venendo anche a sostenermi alle gare: la loro presenza ed il loro aiuto sono stati indispensabili per raggiungere questo traguardo.”
UN RICORDO INDELEBILE
“Nonostante le richieste dell’università fossero sempre più pressanti, dopo l’esame, ho continuato ad allenarmi il più possibile, fino a quando è stato il momento di tornare in Italia. Quando ero in Giappone, aggiornavo spesso Claudio, il mio maestro, contenta di condividere i miei progressi con lui che mi ha fatto amare il judo: a Tokyo, spesso il mio primo pensiero era quello di avere con me la “famiglia” dell’ANCES che avevo lasciato in Italia.
Prima di tornare, la famiglia Kobayashi e la squadra di Nishitokyo mi hanno regalato una cintura nera: ogni volta che salgo sul tatami e faccio il saluto, ora sono anche loro una memoria incancellabile nei miei pensieri.”