Qualcosa che vale… e tre sole parole hanno la forza di aprire un mondo di pensieri e riflessioni. Poi leggi il nome, vedi il volto, e per chi ha avuto il privilegio di conoscere e frequentare Giorgio Sozzi, tutto si fa chiaro, limpido ed il ricordo si collega soprattutto al maestro di judo, al fondatore del Kodokan Cremona ed allo storico direttore di Athlon, la longeva ed apprezzata rivista federale. Ma Giorgio Sozzi è stato anche tante, tantissime altre cose che, a metterle insieme, costituiscono un patrimonio che non si dovrebbe disperdere, né dimenticare, in modo da regalarle ai più giovani, a tutti quelli che non sono riusciti a conoscerlo. “La certezza è di aver speso il mio tempo per costruire qualcosa che vale. La speranza è di esserci in minima parte riuscito”. Queste due righe, vergate da Giorgio pochi giorni prima di andarsene nella primavera del 2012, raccontano la grande passione, l’onestà intellettuale, la fiducia profonda. Ed è grazie ad Andrea Sozzi, che attraverso le testimonianze raccolte sul territorio cittadino, ha realizzato un libro fondamentale per non disperdere, né dimenticare una storia preziosa, l’avventura nel judo di Giorgio Sozzi… qualcosa che vale. Tanto.
Per rendere l’idea si riportano due interventi, tratti fra gli altri, dall’introduzione al libro. Così ha scritto Oreste Perri, Campione Mondiale di Canoa ed ex Sindaco di Cremona.
“Giorgio Sozzi è stato maestro di moltissimi giovani e promotore di iniziative di sport e solidarietà. Dopo aver ricoperto cariche di vertice a livello nazionale come dirigente, si è dedicato all’insegnamento e alla diffusione del judo quale disciplina educativa per bambini, adulti, agonisti e non, anziani. È stato un forte atleta e rimane tutt’ora un’icona dello sport cremonese. Lo possiamo chiamare Maestro nel senso più ampio del termine, perché ha voluto educare attraverso l’insegnamento del judo a tutti i livelli. In particolare, si è speso con particolare passione e abnegazione per affermare l’utilità di questo sport nel campo del disagio sociale e in particolare della disabilità intellettiva. Ho assistito personalmente a qualche lezione con ragazze e ragazzi in difficoltà e sono rimasto affascinato per l’amore la passione con cui riusciva a coinvolgerli sul tatami e per quanta attenzione essi prestassero nell’esecuzione degli esercizi. Per la costante e amorevole dedizione di Giorgio nel campo del disagio e della disabilità, nel 2012 il Comune di Cremona ha deciso di intitolare a lui la Cittadella dei Servizi alla Persona situata nel parco del Vecchio Passeggio, nel quale operano diverse associazioni che, come ha fatto Giorgio, si prendono cura di persone con difficoltà fisiche e cognitive. Giorgio è stato un Maestro di vita che ha saputo rivolgersi ai campioni, ma senza dimenticare chi è rimasto indietro, ha voluto dare a tutti la gioia di sentirsi persone amate. Grande Maestro, amico mio, è stato fantastico vederti all’opera con i tuoi ragazzi, con la faccia da duro, ma con gli occhi teneri e lucidi di gioia! Ho visto Giorgio qualche giorno prima che ci lasciasse: era molto provato dalla malattia, ma l’ho visto felice perché non cessava mai di pensare ai suoi ragazzi, felice di portare fino in fondo la sua missione: donarsi, veder contenta e soddisfatta la sua squadra. Caro Giorgio, sei volato via, ma ci hai lasciato un grande insegnamento per lo sport e per la vita: la vittoria non è solo di chi arriva primo, ma anche di colui che sa fermarsi per aiutare chi rimane indietro. Ciao, Maestro!
Così ha scritto Marco Bencivenga, Direttore de “La Provincia di Cremona e Crema”
Per lo sport E per gli altri.
“In ogni città d’Italia ci sono persone che dedicano la vita allo Sport. O agli Altri. A Cremona ce n’è stata una capace di raggiungere in colpo solo entrambi gli obiettivi: ha vissuto per lo sport E per gli altri. In quella vocale che cambia (da O a E) è racchiuso il senso più autentico dell’impegno senza tempo e senza riserve di Giorgio Sozzi. Un dono lungo mezzo secolo, cinquant’anni di passione e di fatica che non hanno aggiunto zeri al suo conto in banca, ma tante soddisfazioni al suo cuore grande. Sozzi ha gioito per i suoi successi personali, certo -dalla prima cintura gialla fino alla nera ottavo dan, dalla fondazione del Kodokan Cremona alle cariche federali nazionali- ma ancor di più per i progressi compiuti dai suoi allievi, dai più bravi ai più fragili, dai più talentuosi ai più complicati, dai campioni riconosciuti ai campioni diversamente abili, mai trattati con pietismo o commiserazione, ma -al contrario- sempre spronati ad andare oltre i loro limiti fisici o mentali. Come ogni vero maestro di sport, Giorgio Sozzi è stato soprattutto un maestro di vita. Un educatore. Un esempio. Lo racconta bene questo libro, che il figlio Andrea gli ha voluto dedicare. Perché il ricordo non si disperda. E perché il nipote che non ha mai conosciuto sappia che gigante era suo nonno”.