Il ritrovamento della cintura-trofeo di Carlo Oletti ha un valore che va oltre il semplice riconoscimento di un trofeo sportivo. Essa rappresenta un legame diretto con il passato, con le origini di una disciplina che ha avuto un impatto duraturo sulla cultura. La cintura rappresenta il simbolo della nascita ufficiale delle competizioni di judo in Italia, il primo passo di una grande evoluzione che ha avuto il judo nel corso di un secolo fino ai giorni d’oggi. Inoltre, la cintura unitamente alla documentazione ufficiale offerta dal diploma del Kodokan, fa si che si possa chiudere un capitolo di dubbi storici, certificando il Maestro Oletti come uno dei protagonisti del judo del suo tempo e andando a completare la storia del judo italiano con un tassello fino ad oggi mancante.
La cintura-trofeo di Carlo Oletti: un cimelio storico per il judo italiano
Il judo italiano deve la sua nascita e la sua diffusione a figure straordinarie, tra le quali spicca indubbiamente quella del Maestro Carlo Oletti. Pioniere e grande sostenitore di questa arte marziale, Oletti ha introdotto il judo in Italia nel periodo interbellico, contribuendo in maniera fondamentale alla formazione di una tradizione che oggi è riconosciuta e apprezzata in tutto il mondo. Recentemente, grazie alla pubblicazione del libro “Il marinaio Carlo Oletti, pioniere del judo in Italia” edito da Luni Editrice nel 2022, si è avviata una riscoperta del suo lascito, portando alla luce nuove informazioni e testimonianze che, fino a oggi, erano rimaste sconosciute.
Una delle scoperte più straordinarie legate a questo lavoro di ricerca riguarda un oggetto di inestimabile valore: la cintura-trofeo del primo campionato italiano di judo, tenutosi a Roma nel 1924. Questa cintura non è solo un’importante testimonianza storica, ma il simbolo della nascita del judo in Italia e della figura di Carlo Oletti, che con la sua dedizione e passione ha contribuito a creare un legame indissolubile tra la disciplina giapponese e la nostra cultura sportiva.
La pubblicazione del libro e la riscoperta della figura di Carlo Oletti
Nel 2022, gli autori Andrea Ferretti, Yuri Ferretti e Giuseppe Galasso hanno dato alle stampe “Il marinaio Carlo Oletti, pioniere del judo in Italia”, un’opera che ha suscitato un forte interesse nel mondo del judo e nella comunità storica. Il libro ha rappresentato il primo tentativo sistematico di raccontare la vita e l’eredità di Carlo Oletti, analizzando il suo ruolo fondamentale per l’introduzione del judo in Italia e nel suo sviluppo iniziale, grazie alla collaborazione con l’Archivio storico della Marina Militare italiana e alla Fijlkam.
Carlo Oletti nacque nel 1888 a Torino. Durante il suo servizio, quale Ufficiale, nella Marina Militare italiana, nel corso di un viaggio in Giappone a bordo della nave Vesuvio, ebbe l’opportunità di avvicinarsi al judo e di apprenderne i principi fondamentali. Tornato in Italia, Oletti divenne il principale promotore di questa disciplina, che avrebbe rivoluzionato il panorama sportivo del nostro paese. La sua opera pionieristica non si limitò all’insegnamento del judo, ma si estese alla creazione della prima Federazione italiana di judo, gettando le basi per quello che oggi è uno dei più importanti sport da combattimento al mondo.
Il libro ha inoltre svolto un ruolo cruciale nell’aprire un dialogo con numerosi judoka, che hanno voluto condividere con i tre autori le loro esperienze personali con il maestro Oletti. Alcuni di loro lo conobbero personalmente, altri lo incontrarono attraverso racconti tramandati dalle generazioni precedenti, ma tutti concordano nell’attribuire a Oletti un ruolo di primo piano nella storia del judo in Italia.
Una delle testimonianze più significative è giunta dalla famiglia Oletti.
Dopo la pubblicazione del libro, siamo entrati in contatto con la nipote di Carlo Oletti, Roberta Oletti, e con la bisnipote Alberta Avanzi, le quali hanno contribuito a rivelare dettagli inediti sulla vita del nonno e sull’evoluzione del judo in Italia. Grazie a questi incontri, sono emersi documenti, fotografie e oggetti storici e diari di viaggio che hanno permesso di ricostruire un’importante porzione della storia del judo, finora sconosciuta.
La scoperta della cintura-trofeo del primo campionato italiano di judo
Tra gli oggetti ritrovati, all’interno di una cassa riposta nella cantina della famiglia Oletti, uno spicca per il suo valore simbolico e storico: la cintura-trofeo del primo campionato italiano di judo, che si svolse nel 1924. Questo torneo, che si tenne il 20 e 21 giugno di quell’anno, è ricordato come un evento fondamentale per la nascita e la diffusione del judo in Italia. La competizione si svolse presso la Sala Flores di Roma, un luogo che, all’epoca, era già un centro di riferimento per le arti marziali e il pugilato. La cintura-trofeo ritrovata è un reperto unico, che ha permesso di ricostruire parte della storia di quella prima edizione del campionato italiano e di approfondire le origini della Federazione Italiana Judo.
Questo ritrovamento è di grande importanza non solo per il valore sportivo, ma anche per il suo significato simbolico. La cintura-trofeo ritrovata è la stessa che appariva in una delle fotografie più iconiche del maestro Oletti, ove era ritratto con il distintivo di campione italiano.
Si tratta di una cintura in stoffa di colore nero, con le scritte ricamate con filo dorato “CAMPIONE ITALIANO F. J-J I. 1924”, e una placca centrale in metallo che rappresenta il primo logo della Federazione Italiana di Judo (rappresentate due atleti che praticano una tecnica di judo e nella parte sottostante l’ideogramma giapponese JU). Non solo un trofeo, ma un vero e proprio simbolo che raccoglie in sé l’intera tradizione del judo in Italia, testimoniando il passaggio da una disciplina sconosciuta a una pratica diffusa e apprezzata in tutto il paese.
Le cinture-trofeo del primo campionato italiano di judo non erano solo premi simbolici, ma rappresentavano un riconoscimento dell’eccellenza tecnica degli atleti. A quei tempi, il regolamento del judo in Italia prevedeva una suddivisione tra Maestri (cintura nera), Esperti (blu) e Lottatori (bianca), con diverse categorie di peso.
La cintura del maestro Oletti era, come detto, nera, ma la sua realizzazione richiama, esteticamente, le cinture dei pugili degli inizi del 1900, un dettaglio questo che testimonia l’influenza che le arti marziali occidentali avevano avuto sul judo italiano nei suoi primi anni di vita.
Inoltre, il primo campionato italiano di judo è stato caratterizzato da una varietà di categorie di peso, che rispecchiavano in maniera simile quelle del pugilato, ma adattate alle esigenze tecniche del judo. Le categorie di peso erano cinque: piuma (fino a 60 kg), leggeri (fino a 70 kg), medi (fino a 80 kg), medio-massimi (fino a 90 kg), e massimi (oltre 90 kg). Gli incontri, sia per dilettanti che per professionisti, si svolgevano in tre riprese, con una durata complessiva non superiore ai trenta minuti, intervallati da due minuti di pausa. L’atleta che vinceva due delle tre riprese veniva dichiarato vincitore, ma l’arbitro aveva la facoltà di sospendere l’incontro in caso di resa o manifesta inferiorità tecnica di uno dei contendenti.
Un altro aspetto curioso e importante riguardava la materassina su cui si combatteva: non si trattava delle moderne superfici imbottite, ma di una superficie fatta di lana, crine o segatura, posta su pavimenti in legno. Gli atleti indossavano una casacca bianca e calzoncini, mentre l’uso di calze o ginocchiere era facoltativo. La competizione era regolamentata in modo molto rigido e prevedeva sanzioni disciplinari, che potevano andare dall’ammonizione alla sospensione fino a sei mesi o, nei casi più gravi, all’espulsione.
Un episodio che divenne celebre durante il primo campionato italiano fu la vittoria di Pierino Zerella, maresciallo dei Carabinieri, che conquistò il titolo assoluto nella categoria Lottatori (cintura bianca). Zerella si distinse per le sue “doti eccezionali di forza e di agilità”, un termine che, pur nella sua vaghezza, dà l’idea delle qualità tecniche che gli consentirono di emergere. Oltre a Zerella, altri atleti dei Carabinieri conquistarono i titoli nelle varie categorie di peso: Pierino Monache nei pesi piuma, Giuseppe Testa nei pesi leggeri, e Giovanni Martini nei pesi medi. La squadra dei Carabinieri si aggiudicò anche il trofeo a squadre, confermandosi come la più forte del torneo, seguita dagli atleti della S.C.M.E.F. (Scuola Centrale Militare di Educazione Fisica) e alla Guardia di Finanza, tutte e tre le squadre dirette tecnicamente dal maestro Oletti. Riguardo alle altre categorie non abbiamo molte testimonianze se non quelle del Maestro Tommaso Betti Berutto il quale, parlando del primo campionato italiano di judo del 1924, ricorda la vittoria di Franco Durante, nella categoria Esperti (della società Cristoforo Colombo di Roma e quindi allievo di Oletti) e quella del maestro Oletti, nella Categoria Maestri, rispettivamente cinture blu e nera.
Nel corso degli anni si è spesso discusso riguardo alla profondità della conoscenza del judo da parte di Oletti, nonché alla legittimità della sua cintura nera. Le incertezze derivavano in gran parte dalla difficoltà di reperire documenti ufficiali, considerando la complessità del periodo storico in cui visse il Maestro, ma anche le ipotesi di una conoscenza di un’arte marziale che si avvicinava più al Ju Jitsu che al Judo.
Tuttavia, il primo a condurre una ricerca accurata in merito fu l’americano John Stevens, il quale nel suo libro The Way of Judo: A Portrait of Jigoro Kano and His Students (2013) rivelò, grazie a documenti conservati nell’archivio storico del Kodokan, che Carlo Oletti era stato il primo europeo a ricevere il primo dan nel 1908, indicando Oletti come uno dei pionieri del judo in Italia.
Proprio in quel periodo Oletti era imbarcato sulla nave Vesuvio, impegnata in una missione nelle acque del Mar Cinese Orientale, e come riportato nel suo diario di viaggio, durante il suo soggiorno in Giappone recandosi tra le varie città nipponiche anche a Tokyo, sede del Kodokan.
Nel corso delle ricerche che abbiamo effettuato per la stesura del libro presso archivi, biblioteche e presso lo stesso Kodokan, una attenzione particolare l’abbiamo rivolta a cercare della documentazione che potesse fare chiarezza e dirimere ogni dubbio in merito alla “discussa” cintura nera di Carlo Oletti.
È stato grazie alla collaborazione offerta da Roberta Oletti, nipote di Carlo, che, tra i numerosi documenti appartenuti alla famiglia Oletti, è emerso recentemente un importante ritrovamento: il diploma che attesta il conferimento della cintura nera terzo dan al Maestro Carlo Oletti, rilasciato direttamente dal presidente del Kodokan Judo Institute.
Il ritrovamento del diploma, emesso dal Kodokan, insieme alla testimonianza di Stevens, rappresenta una conferma ufficiale dell’autenticità della formazione di Oletti nel judo ed è una prova incontestabile della sua competenza e del suo ruolo fondamentale nello sviluppo del judo in Italia, nonché un segno di riconoscimento ufficiale da parte dell’istituzione giapponese che ha fondato e codificato il judo.
(di Andrea Ferretti, Yuri Ferretti e Giuseppe Galasso)