Siamo arrivati alla ventesima puntata con la rubrica ‘Top News dalle regioni’ che, mai come in questo caso, si tratta di una ‘top’ in tutti i sensi. A due giorni dalla pubblicazione su fijlkam.it/lombardia infatti, ‘Storie di Judo, Takero Kurihara intervistato da Claudio Zanesco e Franco Minimo’ registra 600 letture che, per la media dei web regionali, è dato significativo che poi raccoglie anche i ‘like’ sui social. / Un giorno come gli altri, sul finire dell'estate, un post sui social fa riferimento al Maestro Takero Kurihara. Un nome ed una storia tutta da scoprire per le generazioni più giovani, ma nella bella ed accurata intervista organizzata ed allestita da Claudio Zanesco e Franco Minimo con la collaborazione di Kyomi Kurihara e Francesca Martinello, chiunque potrà trovare particolari e dettagli di una vita dedicata al judo che merita di essere raccontata e conosciuta. Grazie al Maestro Kurihara per essersi reso disponibile, ma grazie soprattutto a Claudio Zanesco e Franco Minimo, che hanno creduto all'idea di dedicare del tempo a raccogliere questa storia per farla conoscere a tutti. Buona lettura!
Buongiorno Maestro, cominciamo con alcune domande per conoscere meglio il suo passato.
Dove ha iniziato la pratica del judo?
K: Ho iniziato la pratica del Judo vicino a casa mia, a Kumamoto, la città dove abitavo da bambino. Kumamoto è considerato il paese del judo, poiché vi sono nati grandi campioni: Kimura, Iwatsuri, Uemura, Yamashita. Il Maestro era un signore anziano, aveva una drogheria e insegnava judo per passatempo. Avevo 8 anni, io non sapevo cosa fosse il judo e non immaginavo di dover indossare il judogi; ero cosi innocente e sprovveduto che credevo di poterlo fare vestito normalmente.
Crescendo ho frequentato le scuole medie, la pratica si faceva più seria. Ho imparato meglio la tecnica e gli allenamenti sono incominciati a diventare più seri. Ricordo che il mio primo judogi serio è costato 1600 yen di allora. Sono diventato cintura nera a 15 anni. Dopo la scuola media sono entrato in un liceo e lì mi sono ritrovato in uno squadrone: erano tutti forti. Io ero sì cintura nera, però gli altri non erano da meno, anzi.
Sai, proprio ieri (siamo nel settembre 2020) per caso guardavo in televisione un campionato del Giappone dell’Ovest contro l’Est (Bianchi-Rossi) e ho rivisto una squadra con cui avevamo fatto una finale, perdendo. Ieri faceva vedere le ragazze, dove combatteva la Abe, famosa nazionale giapponese, Uta Abe (Shukugawa), stava combattendo la finale con Akira Sone (Nanchiku). La finale è stata vinta dalla squadra di Nanchiku, anche noi all’epoca abbiamo perso in finale con la squadra di Nanchiku.
Successivamente, all’Università, dai 18 anni per 4 anni (l’università si chiamava Chuo, dove mi sono laureato in Economia a pieni voti) mi allenavo con Isao Okano, un grandissimo del judo con cui ho combattuto moltissime volte in allenamento e Shinobu Sekine con cui ho fatto una foto ricordo quando vinse le olimpiadi di Monaco di Baviera. Ambedue e altri colleghi di Università vennero a salutarmi all’aeroporto di Haneda, quando partii per l’Italia. Erano un centinaio di persone. Anche il Maestro Kotani, sebbene si reggesse ad un bastone, ha voluto essere presente alla mia partenza per l’Italia. Anche al mio arrivo a Milano c’era un altro centinaio di persone ad attendermi. Ricordo che Fedele Toscani mi fotografò sulla scaletta dell’aereo. Avevamo un forte spirito di squadra. Quindi Okano e Sekine, due campioni Olimpici, erano all’aeroporto con Nakamura, campione a Montreal. Quando io sono partito il giorno 17 settembre del 1964 dall’aeroporto vi erano due campioni olimpici: il capitano della mia squadra, Nakamura, e Miyata, un mio compagno di liceo, che poi è diventato un consulente scientifico del governo degli Stati Uniti d’America.
C: Quanti anni aveva quando è arrivato in Italia?
K: Quasi 23.
C: E che grado aveva quando è arrivato?
K: Quarto Dan.
C: Dove ha praticato judo in italia?
K: Principalmente, anzi, direi esclusivamente a Milano, nella palestra di via Solari (Jigoro Kano Milano) (risate).
C: Quindi ha insegnato nello storico Jigoro Kano Milano.
K: Sì, qui ho una foto. (Ci fa vedere una foto dell’epoca) Il Presidente era il Signor Novello, è stato proprio lui a farmi venire dal Giappone.
C: Quindi la sua carriera di tecnico in Italia si è sviluppata praticamente a Milano, quanti tecnici e atleti è riuscito a coinvolgere nel suo judo in quegli anni?
K: Moltissimi, ricordo Venturelli, Facchini, Castellan, Peloso. (ride) Peloso è stato veramente il mio Maestro di vita Italiana.
C: Di vita milanese suppongo.
K: Sì, mi ha insegnato tante cose. Ricordo in particolare una vacanza in campeggio a Torre di Caino (Maratea). Due anni fa ci sono tornato, ma tutto era cambiato. In quell’occasione penso di essere stato ingannato da Peloso, perché aveva promesso di cucinare il pesce che avrebbe pescato, mentre si mangiavano solo formaggini perché nessuno riusciva a pescare!
C: Maestro quale è stato, secondo lei, il periodo migliore per il judo vissuto qua in Italia, chiaramente dal suo punto di vista?
K: Per me? Mah, sicuramente quando ho aperto il mio dojo, questo dojo. Perché ho potuto insegnare come voglio io, rispettando le tradizioni. Ancora adesso faccio rispettare delle semplici regole come la sistemazione delle ciabatte prima di salire sul tatami, non dimenticare il saluto e l’etichetta del judo.
C: Lei è rimasto legato molto alle tradizioni del suo paese. Deduco che Lei oltre alla tecnica, che sappiamo tutti essere sopraffina, ha cercato sempre di portare la cultura del judo.
K: Sì certo, sempre. Tanti capiscono, ma purtroppo tanti non si impegnano per capire.
C: Negli ultimi anni ci sono stati cambiamenti in questo senso. Ha trovato difficoltà? La gente è cambiata? diversa? Come vive questi cambiamenti?
K: Per esempio, nel corso dei bambini si fa fatica a spiegare come indossare la cintura; anni fa si faceva vedere e imparavano subito. Ci saranno tanti motivi, fra cui l’abbassamento dell’età, prima cominciavano a 8 o 9 anni. Invece adesso a 5 anni.
C: In che anno ha aperto il suo club?
K: nel 1970.
C: L’altro giorno il maestro Piero Comino mi ha detto che è grazie a lei che è arrivato il judo a Udine. Ci spiega questa cosa? Piero Comino ha riferito solo che se a Udine c’è il judo è grazie al maestro Kurihara.
K: (Risate) Un giorno a Padova ho incontrato Piero Comino che mi chiese “Maestro, possiamo avere un maestro giapponese?” Gli risposi (ride) “Eh, maestro giapponese costa caro”, allora lui chiese “Ma quanto dobbiamo pagare mensilmente?” Gli risposi “Come minimo 350/400 dollari” lo sfidai, “Allora potete pagare? Se non potete pagare nemmeno mi impegno a cercare. Dovete garantire i pagamenti.” Avevo pensato di far venire anche qualcuno dalla Francia, perché dal Giappone costava tanto.
Non c’erano come adesso le tariffe economiche sugli aerei, quindi si doveva pagare tanto. Cercai in Francia e in Inghilterra per capire se c’era un’occasione per rintracciare qualcuno. Poi per caso sentii il Maestro Kuroki, che voi non credo conosciate perché è un judoka di un’epoca diversa dalla vostra. Questo Maestro Kuroki ha insegnato a Torino per 2 anni, ma voleva tornare in Giappone, diceva “Io torno perché faccio professore di ginnastica in Giappone.” Io avevo già salutato e fatto gli auguri e poi non so dopo quanti mesi, dopo un bel po’, mi chiese “Non c’è posto per me in Italia?”. “Bene”, pensai io. Allora ho chiamato Comino e poi Kuroki ha fissato un giorno per incontrare la società di Udine, la società Yama Arashi. Poi ci fu la creazione della Tenri Udine dove si allenava Laura di Toma, un fenomeno del judo. Questo mi ricordo di quella questione.
C: Tecnicamente lei chi ritiene essere il suo Maestro di judo? O ha avuto più di un Maestro?
K: il Maestro Kotani è il mio maestro che ha voluto addestrarmi come “Maestro di judo”, mentre il Maestro Yamabe dell’Università di Chuo mi ha addestrato come combattente. Penso che questi due Maestri siano stati fondamentali per me.
C: Kotani Sensei è stato uno dei grandi della storia del judo.
Quindi c’è una linea che lega il fondatore del judo al suo Maestro e quindi a Lei. Cioè, Jigoro Kano è stato insegnante di Kotani sensei e poi anche Kurihara sensei.
K: Beh, in mezzo ci sono due generazioni, io sono della terza generazione. Kotani Sensei era un mito a quell’epoca. Quando io sono partito per l’Italia, Lui aveva 63 anni; ricordo che qualche giorno prima della partenza c’era un canadese molto forte che faceva anche “Catch americano”; era venuto ad allenarsi per le Olimpiadi. Ho fatto randori con lui, ma non riuscivo a fare Ippon... solo piccoli vantaggi come koka e yuko. Il Maestro Kotani si arrabbiò molto con me, ci ha fatto randori lui e mi ha dimostrato che a 63 anni, (muove la testa ed esclama “porca miseria”), in un colpo solo è riuscito a fare Ippon. Però questo era per dimostrami che era veramente forte e che a 63 anni aveva ancora un fisico fortissimo. Tornai in Giappone dopo 4 anni ed era cambiato molto, invecchiato.
C: Mentre in Italia ci sono stati degli insegnanti di judo italiani che l’hanno piacevolmente sorpreso o interessato? Parlo dei primi anni.
K: (Scuote la testa) mai pensato.
C: Forse è una domanda a cui è difficile rispondere.
K: Sì, non rispondo perché mi viene rabbia.
C: Strana risposta. Perché viene rabbia?
K: (risate) Sei furbo, (rivolto a me) intelligente.
C: Va bene, andiamo avanti. Io mi ricordo di Lei come l’amico Franco Minimo che è qui con me adesso, dei bei tempi degli anni 80, fine anni 70/80. Dove abbiamo avuto molte occasioni tecniche da sviluppare insieme, mi ricordo molti allenamenti, corsi, trasferte, proprio un bel periodo interessante. Poi però c’è stato come un allontanamento dalla federazione. È stata volontaria o semplicemente è “andata così”?
K: (Pensa a lungo) Un grande dirigente lombardo dell’epoca si era arrabbiato furiosamente con me. Vi spiego: ogni domenica tenevo l’allenamento degli agonisti della regione. Venni chiamato all’improvviso dal Giappone perché era morta mia madre, sono andato via senza avvisare, pensavo che, quello che allora era un mio aiutante, il Maestro Beltracchini, mi potesse sostituire e partii per il Giappone. Allora, io penso che sia stato uno sbaglio perché io prima di partire dovevo telefonare, solo che ero un po’ agitato.
Tra l’altro, tornato in Giappone, i miei amici hanno trasformato il tutto in una festa perché ero lì con loro dopo tanto tempo. Al rientro in Italia, il mio incarico era andato ad altri. Io non ho detto niente perché per prima cosa so di aver sbagliato io perché dovevo avvisare. Non è che io ho voluto abbandonare la federazione. È andata così.
C: Adesso che grado ha maestro?
K: Sono ottavo dan dal 2002, sono diventato alto grado diciotto anni fa. (ci indica il diploma in originale appeso nel dojo).
C: Quindi è già 18 anni che è ottavo dan! Scusi, ma penso che siano in pochi a saperlo, io non lo sapevo che Lei in questi anni è stato insignito di questo importante riconoscimento
C: E’ uno dei gradi più elevati e più qualificati in Italia.
K: Sì, la curiosità è che me lo hanno dato il 18 settembre di 2002, nello stesso giorno del mio arrivo in Italia, 38 anni dopo.
C: Bella ricorrenza 18 settembre del 64 e 18 settembre del 2002.
C: Vedo qui (in palestra su una parete) una foto di suo figlio con il grande Yamashita.
K: Yamashita è un fenomeno. Bravissima persona, molto attento, pensa che lui ha fatto randori con mio figlio soltanto una volta. Dopo 8-10 anni ci siamo rincontrati e mi ha detto così: “Eh Maestro, suo figlio era un combattente sinistro “tagliente”. Porca miseria, si ricordava tutto, fantastico.”
C: Che rapporti intrattiene con il suo Giappone judoistico?
K: Negli ultimi anni non molto, ho un po' abbandonato i contatti.
C: Ha lasciato andare! I suoi interessi sono ormai totalmente qui, suo figlio Hayato sappiamo essere il primario della Chirurgia d’urgenza e del trauma all’Humanitas di Milano
K: Sì, lui è un bravo medico.
C: Ricordo una gara al Ronin di Monza quando Lei Maestro fece un balzo dalla balaustra per fermare uno strangolamento fatto ad un suo allievo di cui l’arbitro non si era accorto
K: Sì, mi ricordo di quell’episodio
C: Dei ragazzi del judo Lombardo nel periodo in cui se ne occupava, di chi ha maggiori ricordi?
K: (risata). Lui (Franco Minimo) e Marino Asmeri, ma poi tanti altri, Fontana, Vecchi, e tanti altri.
K: Con Asmeri ricordo sempre di un Torneo a Parigi, abbiamo fatto il viaggio insieme. Minimo, poi anche Vecchi. Stavamo perdendo il treno e Vecchi mi ha preso per il braccio e praticamente sollevato sul treno, quel giorno ho corso più di Mennea, bei tempi. La prima volta che ho visto Minimo durante una gara a Brescia avevo notato il suo bel Tai-otoshi e da quel momento seguivo sempre i suoi incontri.
C: Per finire questa intervista. Le chiedo, quanti anni ha Maestro? Lei insegna ancora attivamente?
K: Il mese prossimo il 25 (Ottobre 2020), compio 79 anni. Sì, certo. Tutti i corsi del mio dojo li tengo io.
C: Ne approfittiamo per farle gli auguri allora, a nome di tutti gli amici e allievi che lo hanno conosciuto.
K: Tra l’altro per 18 anni ho insegnato alla Scuola Militare Teuliè di Milano. Lì per ogni docente mettono un elenco con i rispettivi compleanni e anche se non sono stato Professore della Scuola, ma solo insegnante di Judo, il mio compleanno era segnalato insieme a quello dei docenti scolastici.
Ricordo felicemente quegli anni, poiché i miei Allievi mi hanno reso orgoglioso diventando Ufficiali di Alto grado. Non posso non ricordare anche gli anni passati all'Istituto Leone XXIII, scuola superiore dei Padri Gesuiti di Milano, dove ho insegnato per parecchi anni ed è con particolare orgoglio che ricordo che molti dei miei allievi, una volta raggiunta l’età adulta, sono diventati importanti dirigenti d'azienda, medici, avvocati e qualcuno... anche politico.
C: (Verso la moglie) Signora vogliamo aggiungere qualcos’altro?
MOGLIE: no no basta.
Franco Minimo: Maestro mi hanno riferito che alle Olimpiadi di Barcellona, c’era tutta la nazionale giapponese schierata e c’era un posto vuoto in mezzo. Di chi era?
Claudio: del Maestro Kurihara?
Minimo: Vero?
K: no no, non è vero!!
C: allora è vero!
(Risate)
C: Appena arrivato in Italia cosa Le è piaciuto di più?
K: il Chianti! (Risate)
C: Grandissimo. Vuole aggiungere qualcos’altro, Maestro?
K: No, grazie a voi per tutto.
C: Ora faremo alcune foto che poi metteremo nell’album e forniremo per l’intervista. Grazie mille Maestro Kurihara.
Dopo l’intervista visitiamo il Dojo, bello, sobrio, dedicato al judo con due bei tatami, sullo sfondo due judoka che eseguono una bella tecnica, il Maestro ci dice che era Lui nel suo speciale Hane Goshi, una tecnica un po' abbandonata. Aggiungo che ultimamente Shoei Ono l’ha in parte recuperata, scuote la testa e aggiunge: “Quello che non mi piace adesso è che tutti buttano la testa verso il basso per proiettare, è pericoloso, io proibirei quelle azioni. Anche Ono cade dalla guancia destra, ma se fa un piccolo errore può creare un incidente, in più i giovani imitano questa tecnica e può diventare molto pericoloso”, Judoka di altri tempi e con un altro spirito, non vi è nulla da fare.
Fonte: fijlkam.it/lombardia