Judo

«Grazie Italia, vinca il migliore», intervista al D.T. della Grecia, Nikos Iliadis

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Ostia, 17 agosto 2009. Nikos Iliadis ha 53 anni e da 10 è il direttore tecnico della squadra maschile di judo della Grecia. Una squadra, quella della Grecia, che proprio da 10 anni ha imparato a volare alto nei cieli del judo mondiale. Ad Atene 2004 per esempio, Ilias Iliadis, figlio di Nikos, vinse l’oro olimpico ed all’epoca, aveva soltanto 17 anni. La Grecia di Nikos Iliadis, per la seconda volta ha scelto di completare la preparazione per i campionati del mondo nel Centro olimpico di Ostia e, dopo tre settimane di lavoro con la squadra azzurra sta per ripartire (mercoledì 19) per la Grecia, per ripartire poi alla volta di Rotterdam. Nikos ha gentilmente accettato di rispondere ad alcune domande. - Perché hai scelto l’Italia per preparare un appuntamento importante come il Campionato del Mondo? «Perché l’Italia è sempre stata una terra di campioni, perché vi conosco bene e so che qui si può lavorare in armonia per ottenere risultati significativi. E poi ad ogni appuntamento importante l’Italia ottiene sempre un “big win”, una grande vittoria, come Giulia Quintavalle a Pechino. È la seconda volta che vengo in Italia e mi sono sempre trovato bene, c’è un gruppo molto unito, un centro molto accogliente e comodo, si sta davvero bene e si lavora in tranquillità. L’altra volta che siamo venuti fra l’altro, condividemmo soltanto il lavoro tecnico, di judo, mentre questa volta abbiamo fatto assieme anche la preparazione atletica. Ritengo ci sia un’eccellente connessione fra il programma di judo e quello atletico, che permette agli atleti di non arrivare mai troppo stanchi ad affrontare il lavoro più importante, che è quello sul tatami». - Che cosa ti aspetti per la tua squadra dai mondiali di Rotterdam? «Porto a Rotterdam cinque atleti e l’obiettivo è di conquistare almeno una medaglia. Con chi? Beh, con Ilias nei 90 kg e se dovesse incontrare il vostro Lorenzo Bagnoli proprio nei primi turni di gara, che vinca il migliore. Ma se potessi scegliere, sarebbe molto meglio che si incontrino in finale. Bagnoli è molto forte, ma devo dire che è anche un ottimo partner per l’allenamento ed è un atleta molto serio». - In queste settimane hai avuto modo di vedere anche i ragazzi delle squadre cadetti e juniores passare di qua ed allenarsi con la prima squadra. Quale idea ti sei fatto del livello complessivo del judo azzurro? «Il judo italiano ha maturato ormai un ottimo livello, che si conferma di volta in volta in tutte le classi d’età e si avvale di uno staff tecnico molto competente e che stimo molto. Vedere lavorare assieme cadetti, junior e senior è sempre un elemento molto positivo, perché i campioni sono un riferimento importante per i più giovani e lavorare assieme è comunque un momento di crescita per tutti». - Parliamo di Ilias, tuo figlio. Vincere l’oro olimpico a 17 anni è, almeno nel judo, un fatto straordinario. È accaduto perché Ilias è un fenomeno oppure perché ha altre capacità? «Non credo esistano i fenomeni, ma è lo sport che ti restituisce quello che tu gli dai. Ilias è sicuramente un ragazzo dotato, ma è anche uno che lavora moltissimo ed è per questo motivo che un atleta emerge. Poi bisogna anche tener conto che i ragazzini che iniziano a vincere presto tendono ad alzare la cresta, a quel punto è importante saperli tenere con i piedi per terra. Ed è quello che ho fatto con Ilias, un paio di schiaffoni al momento giusto…». - Ultima domanda, quale è il tuo pronostico per l’Italia? «Tre medaglie. Volete sapere anche in quali categorie? 81, 60 e 90 kg». Nikos Iliadis ride e si allontana assieme al D.T. azzurro Felice Mariani che, a differenza del collega greco, pensa anche alle ragazze e, per scaramanzia, le lascia al riparo dai pronostici. Non piacciono i pronostici nemmeno a Ilias Iliadis, che nel frattempo si è avvicinato e confida: «Mi sono trovato bene qui da voi, ho provato le stesse sensazioni dell’altra volta. Nella preparazione ho la sensazione di essere aiutato da tutti, c’è un grande feeling qui, che non ho trovato in altre nazioni. Sono felice di essermi preparato in Italia, mi sento bene, sono pronto!».