Roma 29 ottobre 2020 Pubblichiamo oggi un nuovo avvincente racconto storico narrato dall’arch. Livio Toschi, nella sua veste di storico della FIJLKAM. Buona lettura!
Il pentathlon
Il pentathlon (ta pente athla / quinquertium a Roma), introdotto a Olimpia nel 708 a.C., comprendeva gare di corsa veloce (stadion), salto in lungo (alma), lancio del disco (diskos) e del giavellotto (akontisis), lotta (pale). Rispecchiava l’esigenza di equilibrio e di armonia propri dell’animo greco, tanto che Aristotele lo riteneva la disciplina più completa e ammirava la perfezione fisica dei pentatleti, «in quanto hanno una naturale disposizione per la forza e la velocità insieme». Questo era il pensiero del filosofo di Stagira:
«La pratica degli sport aveva creato fin dai primi tempi un completo sviluppo dell’organismo, in un’armonia che l’atletismo professionale aveva finito col distruggere attraverso esagerate specializzazioni: ed ecco che era venuto a crearsi il tipo dromikos, atto alla corsa, il palaistikos, dotato per la lotta, il pyktikos, fatto per il pugilato. Ma tutti questi specialisti erano superati nello sviluppo fisico dall’atleta universale, l’uomo che praticava il pentathlon, capace di partecipare tanto alla corsa quanto alle gare di forza, formando perciò un ideale di salute e di bellezza».
1.
Le cinque prove furono unite in un’unica competizione in epoca molto antica e Filostrato ne assegna il merito a Giasone durante la spedizione degli Argonauti. Allenarsi per disputare cinque gare diverse era assai impegnativo per il fisico e per la borsa, quindi scoraggiò senza dubbio gli atleti non benestanti, mentre gli aristocratici si sentivano attratti dal pentathlon quale espressione della versatilità e della completezza.
La corsa veloce e la lotta si disputavano anche come competizioni autonome, mentre le altre tre discipline erano esclusive del pentathlon (ma non nei poemi epici). Filostrato considerava lotta e lancio del disco discipline “pesanti”, corsa, salto in lungo e lancio del giavellotto discipline “leggere”. Aggiungo qualche curiosità sulle gare.
Lo stadion a Olimpia si disputava sulla lunghezza di 192,27 metri. Alla partenza potevano allinearsi 20 concorrenti, che correvano a piedi nudi e si ungevano il corpo. Se i partecipanti erano numerosi, si dividevano in batterie (taxeis). Nelle lastre ogni 125 cm venivano infissi dei paletti che alla partenza distanziavano un atleta dall’altro e in alcuni stadi è possibile che sorreggessero una fune (ysplex) dietro cui si schieravano i concorrenti prima del via, dato a voce da un araldo (keryx).
Il salto, in origine, era una gara a sé, come riferisce Omero, che nell’Odissea lo include tra i giochi dei Feaci in onore di Ulisse. Gli atleti saltavano, dopo una breve rincorsa, impugnando gli alteres, oggetti di pietra o di metallo di varia forma e peso (usati anche come manubri per potenziare il fisico), che facevano oscillare e poi, dopo lo stacco, lasciavano cadere all’indietro per migliorare lo slancio. Nello stacco non si doveva superare la linea o la lastra di battuta, chiamata bater, e si atterrava su un terreno dissodato e livellato, definito skamma. La distanza dalla pedana era misurata con un’asta chiamata kanon e sul terreno si tracciava un piccolo solco o si piantava un segnale (sema o semeion) che consentiva di confrontare le prestazioni.
2.
Per il lancio del giavellotto si utilizzava un’asta leggera di legno (con o senza punta metallica) munita di una funicella (ankyle / amentum a Roma) che veniva legata intorno al baricentro allo scopo d’imprimere al giavellotto un movimento rotatorio che consentiva maggiore stabilità e gittata. L’atleta impugnava l’attrezzo infilando l’indice e il medio nel laccio, inclinava l’asta con la punta verso l’alto e iniziava la rincorsa. Quindi il braccio destro si abbassava all’indietro per prendere lo slancio necessario e il giavellotto veniva infine scagliato raddrizzando il corpo. Ogni concorrente poteva effettuare più lanci (tre o cinque), e lo stesso avveniva per i discoboli.
Anche il lancio del disco, come il salto, figurava tra le gare dei Feaci. I dischi utilizzati, in pietra o in metallo, diversi nel peso e nel diametro, erano più spessi al centro che al bordo. Generalizzando, possiamo affermare che il peso medio si aggirava sui 2 kg e il diametro sui 20 cm. Probabilmente la lastra da cui lanciare il disco o il giavellotto coincideva con quella delle corse e anche in questa gara i giudici indicavano il punto raggiunto dall’attrezzo con dei picchetti.
Per scandire il ritmo, gli allenamenti e le gare di salto e di lanci venivano accompagnati dal suono del flauto doppio, come gli esercizi di pugilato con l’ombra (skiamachia).
A parte le molteplici testimonianze letterarie è logico ritenere che la lotta costituisse l’ultima prova, poiché difficilmente un pentatleta avrebbe potuto gareggiare al meglio anche in una sola delle altre quattro discipline dopo essersi misurato in un così faticoso combattimento. Non sappiamo con certezza – nonostante le ingegnose ipotesi avanzate da molti studiosi – quale fosse l’ordine delle gare che precedevano la lotta, né conosciamo il regolamento per assegnare la vittoria finale. Sulla base dell’inconciliabilità delle fonti disponibili si può comunque ipotizzare che le regole subirono diverse modifiche nel tempo, parallelamente all’evoluzione tecnica delle discipline.
3.
Il controllo della competizione, che durava un’intera giornata, impegnava ben tre giudici. Pausania scrive infatti che «nella settantacinquesima olimpiade [480 a.C.] furono nominati nove ellanodici: a tre di essi fu affidata la corsa dei cavalli e dei carri, altri tre avevano il compito di vigilare sul pentathlon, gli ultimi tre dovevano prendersi cura delle restanti gare».
Il pentathlon per fanciulli si disputò una sola volta, nel 628 a.C., forse perché si ritenne che ai paides mancasse la maturità necessaria per affrontare una competizione così impegnativa. Quindi l’unico vincitore fu lo spartano Eutelida.
Socrate paragonava il multiforme sapere del filosofo alla completezza atletica del pentatleta.
Didascalie
In copertina: Pentatleti su un’anfora a figure nere (525 a.C.) – Rijksmuseum voor Oudheden, Leida
1. Pentatleti su un’anfora del Pittore di Eufileto (VI secolo a.C.) – British Museum, Londra
2. Pentatleti con flautista su un cratere a figure rosse (480 a.C.) – National Museet, Copenaghen
3. Pentatleti con flautista su un cratere a figure rosse (V secolo a.C.) – Museo Archeologico Nazionale, Taranto