Iman Mahdavi, lottatore perseguitato in Iran e rifugiato in Italia: dalla fuga agli Europei 2023

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Nato nella cosiddetta “wrestler’s region”, sulle sponde del Mar Caspio, in Iran, da un padre anch’egli lottatore di alto livello, Iman nell’ottobre del 2020 si è visto costretto a fuggire dal proprio paese. “Avevano capito che non seguivo le canoniche linee di condotta islamiche, perché sono un uomo libero”, dice in un’intervista del 13 gennaio a ‹‹La Repubblica››, riferendosi al governo del proprio paese. “Il grande problema del nostro paese è l’utilizzo politico della religione. Il regime decide cos’è la libertà per ogni individuo”.

 

L’ARRIVO IN ITALIA – Da tutto ciò, Iman Mahdavi ha deciso di scappare. Era l’ottobre del 2020 e il regime iraniano, soltanto un mese prima, aveva condannato a morte il lottatore Navid Afkhari, accusato di omicidio durante una manifestazione di protesta.

Armato soltanto della sua forza e delle sue scarpe, Iman è riuscito ad oltrepassare il confine turco a piedi e ad arrivare, infine, in Italia da “clandestino”. Iman ha lasciato tutto: la famiglia e ciò che gli manca di più, il sorriso di sua madre.

“Iman è arrivato in Italia due anni e mezzo fa, circa. – spiega il suo allenatore Dragosh Ziz – È sbarcato a Malpensa con un aereo dalla Turchia e si è ritrovato senza documenti, senza nulla. Con la polizia che controllava, ho cercato di spiegare la situazione, la lotta e la sua fuga per motivi religiosi e politici. Una storia tragica. Dall’Iran è partito con la sua macchina verso la dogana turca, ma sulla strada ha fatto un grosso incidente. La macchina era distrutta. Iman è comunque riuscito ad incamminarsi verso la Turchia, dove ha trovato qualche aiuto per arrivare all’aeroporto.

Ma una volta a Malpensa era solo, senza documenti, senza nulla a presso, soltanto con le sue mani in tasca.”

Questa è una storia tragica, una storia di oppressione, di sacrificio e di salvezza. Una storia che vede arrivare un ragazzo di 25 anni in un paese di cui non sa nulla, di cui non conosce la lingua e la cultura.

Una storia, però, con un risvolto, dal suo punto di vista, inaspettato.

FIJLKAM, LOTTA CLUB SEGGIANO E INTEGRAZIONE – “Io sono stato tanti anni al Lotta Club Seggiano – continua Dragosh – e quindi ho indicato la società. Alcuni dei ragazzi della Polizia la conoscevano. Ho chiamato il Presidente Gammarota, gli ho spiegato la situazione e piano piano siamo riusciti a fare i documenti, il permesso di soggiorno prima e il passaporto di rifugiato poi.”

L’approdo a Pioltello, piccolo comune della Città Metropolitana di Milano, l’incontro con l’associazione sportiva Lotta Club Seggiano e con il suo Presidente, Beppe Gammarota, rappresentano per Iman un nuovo inizio.

Il crocevia è lo sport, la lotta libera.

Iman è un campione della categoria dei 74kg, la stessa di Frank Chamizo, e finalmente ritrova aria di casa quando capisce l’amore per lo sport che hanno gli italiani. Subito accolto, dal presidente agli allenatori passando per i compagni di squadra, tutti si attivano per aiutarlo. Iman trova lavoro nella security di una discoteca, una stanza e, soprattutto, riesce ad avere il passaporto blu, quello per i rifugiati con il quale “può viaggiare ovunque, tranne in Iran”, spiega il giornalista Cosimo Cito.

È da queste premesse, dalla bellissima compagnia trovata nel Lotta Club Seggiano e nella FIJLKAM, che Iman Mahdavi può ritornare a coltivare il suo grande sogno: lottare alle Olimpiadi!

“Lui viene da una regione dove si prepara la squadra nazionale di lotta. – continua a raccontare Dragosh Ziz – Lì è stato campione nazionale juniores. In Iran se sei campione juniores significa che hai un valore molto alto come lottatore. Parliamo dello sport nazionale.

In Italia mi ha scelto come allenatore. Iman è un ragazzo bravissimo, molto educato, non si ferma mai sul lavoro. Si vede quanto ha sofferto. Io sono stato in dittatura in Romania ma non era così dura. Abbiamo iniziato ad allenarci, più o meno l’anno scorso, e ho subito visto che si muove molto bene.

Insieme abbiamo fatto la preparazione in Romania e qui a Milano. Siamo arrivati a un buon punto di preparazione. Quando siamo stati a Roma si è allenato anche con Frank. E Frank ha da fare con lui. Mi diceva ‘Dragosh ma cosa gli dai da mangiare?’. Iman può essere molto importante anche per Frank. Non arriva al suo valore ma per gli allenamenti è ottimo.”

Già vincitore di alcune Coppa Italia nazionali, Iman riesce ad allenarsi cinque giorni a settimana. Grazie a un duro lavoro burocratico del Lotta Club Seggiano e della FIJLKAM, è finalmente inserito nel progetto di borse di studio del CIO per atleti rifugiati, un sostegno per la sua preparazione sportiva che durerà fino al 2024. Poi, la svolta: Iman Mahdavi è ufficialmente inserito nella squadra olimpica dei rifugiati del CIO che sarà coinvolta nelle qualificazioni per le prossime Olimpiadi di Parigi 2024. Anche il Comune di Milano fa la sua parte quando, il 6 febbraio, viene votata all’unanimità la mozione per dare sostegno all’atleta nel suo percorso verso Parigi.

Sono molti gli enti coinvolti in questa vicenda e che sono formalmente attivi a supporto della causa dell'atleta; mi preme menzionare sopra tutti l'UNHCR, Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, che ha formalmente riconosciuto al ragazzo la protezione internazionale e che nel giugno 2022 ha selezionato Iman Mahdavi come testimonial per la giornata mondiale del rifugiato con un bellissimo videoclip pubblicato sul portale internazionale”, ha detto Beppe Gammarota.

“Iman è stato fermo a lungo, senza documenti non poteva lottare. Poi, grazie al presidente Gammarota e con grande aiuto della Federazione Italiana, siamo riusciti ad averli. Grazie a tutta la dirigenza perché sono andati fino in fondo.”, ha aggiunto il coach.

 

PRESENTE E FUTURO – Da queste premesse umane, sportive e burocratiche, Madhavi è già tornato sulle materassine internazionali. I Campionati Europei 2023 lo hanno visto nella squadra dei rifugiati politici UWW con il coach tesserato FIJLKAM Dragosh Ziz all’angolo.  

“Agli Europei di Zagabria abbiamo incontrato al primo turno l’azero Amiraslanov e abbiamo perso 3-0. Alla prima gara, forse c’era un po’ di paura, ma ha lottato bene ed è stato sfortunato a non prendere il ripescaggio. A mio parere, Iman non è riuscito a dare tutto. Può dare molto di più e lo farà. Ora stiamo lavorando per fare una buona partecipazione al torneo di Sassari e, poi, ci prepareremo ai Mondiali.

Io già ho avuto un atleta rifugiato, in Austria, alcuni anni fa. Non era del valore di Iman e, nonostante siamo arrivati ultimi agli Europei e ai Mondiali, si è qualificato direttamente tra i rifugiati delle Olimpiadi e arrivò ottavo. Speriamo possa valere lo stesso per Iman.”

Iman Mahdavi, a dire il vero, ne ha due di sogni: la qualificazione ai Giochi, come detto, e, ancora più importante, tornare ad abbracciare i propri cari nel suo Paese finalmente liberato. Per ora, noi italiani possiamo sognare con lui. Possiamo sognare una favolosa partecipazione olimpica di Frank Chamizo e Iman Mahdavi insieme, prima di un suo ritorno, felice, in Iran.

Per i sogni, lo sappiamo, bisogna lottare.