Roma 5 maggio 2020 La palestra di Salita Famagosta era stata sede di un piccolo teatro ed era strutturata con tre materassine, una sul palco e due in platea. L’ambiente, in stile orientaleggiante, era allestito ed arredato con lo scopo di ottimizzare la concentrazione dei praticanti, distaccandoli completamente dall’ambiente esterno. Tutto questo perché all’interno della palestra non c’era spazio per rabbia, risentimento o timidezza, ma era ammessa solo ferrea disciplina ed impegno.
Nel 1953 venne aperta un’altra sede dove si allenava il “gruppo femminile” e si preparavano le dimostrazioni per gli innumerevoli eventi a cui la scuola del Maestro Bianchi partecipava. La stessa fu chiusa dopo alcuni anni per concentrare l’attività unicamente nella palestra di Salita Famagosta.
L’ascesa del Metodo Bianchi non può essere scollegata dall’ambiente in cui questa si manifesta: la Genova del dopoguerra. In quei tempi dove il Paese a fatica tornava a riorganizzarsi, l’incolumità del cittadino era continuamente messa a repentaglio dalle frequenti aggressioni per rapina o per violenza gratuita di persone in balia dell’indigenza. Una scuola di autodifesa come quella che proponeva il “scio” Bianchi fece rapidamente presa sull’opinione pubblica e attirò l’attenzione dei giornali dell’epoca che seguirono la storia del Metodo Bianchi con dovizia di articoli sulle attività divulgative svolte in gran numero dal Maestro Bianchi ed i suoi allievi. Tra le più importanti la partecipazione alle “Colombiadi sportive” del dicembre del 1950 in occasione del V° Centenario Colombiano di Genova e le dimostrazioni atte a raccogliere aiuti per gli alluvionati del Polesine del ’51.
Nel 1952 visto il successo del Metodo e l’apertura di diverse società sportive fu creata la “Federazione Autonoma Jiu Jitsu ‘“O.L.D.J.’.” organizzazione ligure divulgativa del Jiu Jitsu” ( Lotta Giapponese a Stile Libero) dando una struttura con Statuto e Regolamento ai tanti praticanti della Dolce Arte.
Sui particolari tecnici originari del Metodo Bianchi è importante rifarsi al testo “sacro” scritto dal Maestro : “Come tutti gli sport il Jiu Jitsu richiede, per un’ottima riuscita, una grande passione, buona volontà, prontezza di riflessi e soprattutto intelligenza, in quanto queste doti unite agli esercizi del “Metodo Bianchi” rendono il cultore capace di far fronte ad ogni occasionale avversario sfruttando con intelligenza gli stessi movimenti che questi compie per aggredirlo; occorre soprattutto essere in grado di colpire ed al momento opportuno i punti vitali, riuscendo così ad immobilizzarlo senza recargli volute lesioni funzionali , limitandosi solamente a neutralizzare le intenzioni. Il “Metodo Bianchi” consta di un numero illimitato di esercizi, un migliaio dei quali di pronta utilità. Da quando il Maestro ha iniziato l’insegnamento del Jiu Jitsu il suo primo pensiero è quello di fare in modo di introdurre con una certa facilità nella mente degli Occidentali ed in modo particolare degli Italiani le varie discipline relative a questo tipo di difesa personale, eliminando quei complessi tradizionali tanto abituali per coloro che descrivevano le cose di provenienza orientale. -------------omissis------------- Allo scopo di facilitare il cultore del Jiu Jitsu, la classificazione degli esercizi è stata impostata con un criterio razionale molto affine alle abitudini della vita pratica. Infatti il metodo consta di esercizi numerati e raggruppati in settori, ogni settore è contraddistinto con lettere dell’alfabeto ed offre all’allievo la possibilità di poter facilmente applicare le varie mosse con il solo ricordo del numero di riferimento a dizioni o nomi stranieri. Per esempio: in fase di insegnamento anziché chiedere l’applicazione dell’esercizio denominato “ a su temi”, basterà chiedere il numero 15 del settore A oppure Catapulta con pedata all’addome.”
“ U sciù” Bianchi negli anni ’50 portò ad affermare, giorno dopo giorno, la sua Scuola di Salita Famagosta ed i suoi “Uomini Vento – Kase Hito ” divennero famosi a Genova per le loro esibizioni tecniche. Scriveva un giornalista dopo una delle tante dimostrazioni : “…..leggero come una piuma l’uomo descrive un pittoresco semicerchio in aria e si abbatte con un sordo tonfo sul tappeto. Se non ci fosse il tonfo ad indicare che l’uomo pesa come un comune mortale, potrei credere che i due lottatori siano come “Uomini Vento” del Tibet, leggeri ed evanescenti tanto è irrisoria la facilità con cui si sollevavano da terra.”
Tipici erano anche i costumi dell’epoca che il Maestro faceva indossare ai propri allievi: “In qualunque circostanza in cui necessita la difesa personale è più che logico pensare che ciò avvenga tra persone vestite e calzate, di qui la necessità di abituare gli atleti ad indossare un corredo molto affine a quello indossato nella vita pratica.” Per cui gli “uomini vento” indossavano delle scarpette in pelle, morbide e flessibili; dei pantaloncini corti, che rendessero facili i movimenti delle gambe; una giacca, comoda e resistente, che veniva fatta cucire da Pina, la sorellastra del Maestro,che faceva la sarta, “una cintura di seta della lunghezza di metri due e alta centimetri sette, il cui colore permette di distinguere il grado di capacità di chi la indossa. “.
Altra tappa fondamentale della Storia del Metodo Bianchi fu la pubblicazione nel 1956 del libro : “La Dolce Arte del Samuray ” ad uso degli occidentali – Metodo di Difesa Personale di Gino Bianchi – Maestro istruttore della Federazione Autonoma Jiu Jitsu di Genova. Questo libro è la “Bibbia” del Metodo Bianchi così come creato e diffuso dal Maestro. In esso sono riportati oltre ad una minuziosa sequenza fotografica delle tecniche secondo la progressione studiata per l’insegnamento, anche tutto il pensiero del Maestro sul come ed il perché della sua opera.
All’età di 50 anni il Maestro Bianchi muore improvvisamente dopo un malore che lo colse sulla scalinata della Chiesa del Carmine.
I suoi allievi diretti decisero di intitolare alla memoria del Maestro Bianchi la palestra di salita Famagosta che restò la sede principale delle attività legate al Metodo. Nel 1973 la storica sede fu chiusa per problemi con la proprietà.