È calato il sipario sui campionati del mondo ad Abu Dhabi. Ed è stato gran mondiale per i colori azzurri che hanno conquistato un’incredibile leadership femminile, un eccellente quinto posto nel medagliere generale e hanno ritrovato il podio a squadre. Per la prima volta con la formula mista ed a ventidue anni dal doppio bronzo 2002, quando l’Italia salì sia sul podio maschile che femminile ancora con sette categorie di peso.
Vale la pena ricordare i nomi dei protagonisti di quell’impresa per onorarli in quest’occasione speciale e per comprendere anche la reale entità del tempo trascorso dalla medaglia ad Abu Dhabi: Giovanni Carella (60), Giovanni Casale (66), Giuseppe Maddaloni, Francesco Bruyere (73), Andrea Truzzi, Roberto Meloni (81), Francesco Lepre (90), Michele Monti (100), Denis Braidotti, Paolo Bianchessi (+100); Giuseppina Macrì (48), Antonia Cuomo, Laura Maddaloni (52), Cinzia Cavazzuti (57), Maddalena Sorrentino (63), Ylenia Scapin (70), Lucia Morico (78), Barbara Andolina (+78).
Di seguito un bilancio sui mondiali appena conclusi realizzato dal Team Manager Alessandro Comi: “Le somme si tireranno dopo Parigi ma non si sbaglia a dire che un mondiale così non di vedeva da parecchi anni. Da una parte ci sono state le medaglie con Odette a conquistare il mondo, la squadra femminile a dominare il medagliere per nazioni e il bronzo nel mixed-team a fare la storia, dall’altra la solidità del team assaporata nella quotidianità di ciò che accade dietro ai riflettori. È un gruppo cresciuto in una dimensione nuova nella storia della nostra Federazione, ovvero quella del decentramento che, a differenza di quel che si poteva temere, non solo non ha svilito il senso d’appartenenza ma soprattutto ha consentito di garantire attenzioni tagliate su misura, quelle che poi hanno fatto la differenza, millimetrica ma determinante, nei momenti più importanti. Conosco gli atleti di Abu Dhabi da che erano cadetti e al netto delle storie di ciascuno è bello ritrovarli qui con consapevolezza adulta, capacità di spendersi anche allo stremo e lucidità, quando servisse, per mettersi in discussione con sano senso critico, senza troppe scuse: l’amaro di un titolo mondiale sfiorato, di una medaglia soltanto accarezzata o di una qualificazione olimpica sfumata ha fatto parte della quotidianità anche tragica di questa spedizione, tanto quanto, in queste giornate lo hanno fatto i grandi risultati… la capacità di autodeterminarsi, insieme al supporto mai banale tra compagni di squadra sono stati il minimo comune denominatore di un team vincente, comunque siano state le performance dei singoli. Ci ricorderemo a lungo di questo mondiale perché è un piccolo pezzo della storia del nostro judo nazionale ma anche, tra chi lo ha vissuto da dentro, per il concentrato di emozioni dirompenti, talvolta contrastanti che ci hanno visti asciugare qualche lacrima ma anche far festa per e con un gruppo di ragazze e ragazzi sensazionali. Sono loro il biglietto azzurro per Parigi”.