Di ritorno dal mondiale, l’analisi della Commissione Attività Giovanile

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Ostia, 14 agosto 2017. Disputare un mondiale giovanile all’inizio di un quadriennio è un’occasione ed una responsabilità: di ritorno dal Cile è opportuno fare alcune considerazioni, sia per valutare questi primi mesi di attività della nuova Commissione Nazionale Attività Giovanile, sia per guardare al futuro con senso critico e con l’idea che comunque sia il bilancio, ci sia sempre molto su cui lavorare.

E’ necessario partire da alcuni dati: non si tratta di fare confronti semplicistici, ma di valutare l’attività a partire da alcuni, inconfutabili numeri.

In primo luogo, la stagione 2017 vede l’Italia stabile al secondo posto per numero di medaglie tra tutte le nazioni che hanno partecipato al World Tour Cadetti: con l’eccezione della Russia che con ben 117 medaglie viaggia su un’altra lunghezza d’onda rispetto agli altri paesi, l’Italia si conferma tra le nazioni più vivaci del circuito internazionale in quanto a partecipazione (180 atleti) e a risultati (48 medaglie per 26 atleti a medaglia).

Ristringendo l’analisi alle tre competizioni estive, va osservato che per la prima volta sono stati ben 28 gli atleti azzurri che hanno partecipato a queste competizioni maggiori: alla base di questo dato risiede una scelta educativa che antepone alla ricerca del risultato qui ed ora, la possibilità di far crescere gli atleti anche attraverso la partecipazione a Campionati Europei, EYOF e Campionati Mondiali; è un primo passo che come osservato da diversi tecnici, può e deve portare alla creazione di un nucleo di atleti talentuosi da far crescere in proiezione olimpica.

I risultati dell’estate di fuoco dei cadetti sembrano confortare questa scelta: basti pensare che l’Italia è stata la terza nazione per numero di medaglie conquistate al Campionato Europeo di Kaunas, la sesta tra le europee al Campionato Mondiale di Santiago del Cile; se è vero che la prestazione alla gare individuali dell’EYOF è stata sotto la media di due medaglie conquistate nelle precedenti 4 edizioni con l’eccezione del glorioso 2015, sommando le medaglie conquistate nei tre appuntamenti internazionali conclusi col Mondiale, l’Italia si attesta al sesto posto tra le europee, davanti a nazioni con tradizioni, numeri e possibilità di gran lunga superiori alle nostre: si tratta di una prestazione che storicamente è seconda soltanto al già citato 2015.

Va notato in ultimo come il mondiale sia una gara se stante nel panorama internazionale, basti pensare che molti campioni europei come la serba Obradovic o l’ungherese Sipocz sono stati eliminati al primo turno: il ripescaggio ai quarti, combinato con la presenza di numerose nazioni che prendono parte esclusivamente alle tappe extraeuropee del World Tour, altera la distribuzione delle teste di serie…vero è che con l’eccezione di uno, tutti gli azzurri che hanno perso, hanno perso con atleti che hanno disputato una finale: con questa considerazione non si vuole giustificare prestazioni che in parte possono aver deluso le aspettative, ma prendere atto di una criticità che nella classe cadetti può rappresentare un serio ostacolo e che impone un lavoro mirato.

Ai risultati individuali, si aggiungono i due risultati storici ottenuti nelle competizioni a squadre: il bronzo maschile all’europeo a squadre a Kaunas e l’oro femminile all’EYOF di Gyor. Ogni gara a squadre va considerata con le dovute cautele: combattere a pochi giorni dalla gara individuale può rappresentare un ostacolo per alcuni atleti, così come condividere le responsabilità del risultato con i propri compagni di squadra può creare sinergie vincenti tali da amplificare le possibilità dei singoli; nel caso degli azzurri l’alchimia sperimentata in questi appuntamenti ha fatto la differenza e anche quando il risultato non è arrivato, la squadra ha saputo reagire traendo il massimo dall’esperienza in termini di crescita.

Se i numeri permettono di avere uno sguardo analitico, al fine di trarre delle conclusioni è necessario rileggere “la quantità” alla luce di quanto osservato in termini di “qualità”.

Innanzitutto, va osservato che se la partecipazione all’attività internazionale giovanile è diventata una consuetudine per la gran parte dei club italiani, un passaggio quasi naturale del percorso di crescita, solo il 14% degli atleti impegnati nell’attività internazionale 2017 è arrivato a conquistare una medaglia: di questi solo 7 hanno centrato l’obiettivo europeo, uno solo dei quali si è ripetuto al mondiale, mentre la seconda medaglia iridata è arrivata da un’atleta ai piedi del podio al campionato continentale.

Alla luce di questi dati sorge spontaneo chiedersi quali siano le caratteristiche individuate negli atleti che hanno vinto di più.

Detto in estrema sintesi a fare la differenza è stata la combinazione di una solida preparazione di base e di un atteggiamento mentale predisposto alla fatica e alla vittoria come possibilità di spingersi oltre i propri limiti intesi come ansie, paure, insicurezze: un lavoro tecnico di base solido, la capacità tecnico-tattica di applicare gaeshi e renraku e di proseguire da tachi-waza in ne-waza, durezza mentale, dedizione alla fatica e capacità di concentrarsi e di rimanere focalizzati sull’obiettivo nel qui ed ora e in prospettiva.

Si tratta di considerazioni sommarie, che in apparenza possono sembrare scontate: tuttavia sono la base di un lavoro che partendo dai settori giovanili possa trasformare i talenti di oggi nei campioni di domani.

Il primo semestre della Commissione Nazionale Attività Giovanile parte da qui: da un lato la vivacità dei risultati, dall’altro la consapevolezza che l’interazione e la collaborazione “di squadra” tra staff nazionale e club continui ad essere un elemento fondamentale affinché il judo italiano sia sempre più competitivo nel panorama internazionale.

La Commissione Nazionale Attività Giovanile

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