Roma 23 aprile 2020 Pubblichiamo oggi un nuovo avvincente racconto storico narrato dall’arch. Livio Toschi, nella sua veste di storico della FIJLKAM. Buona lettura!
La XVIII Olimpiade si disputò a Tokyo dal 10 al 24 ottobre 1964: 93 le nazioni partecipanti, 5.140 gli atleti (683 donne), 22 gli sport, 163 le gare. Cina e Corea del Nord non accettarono l’invito, mentre il Sudafrica fu escluso dal CIO a causa della sua politica di segregazione razziale. L’Italia, presente con 170 atleti, vinse 10 medaglie d’oro, 10 d’argento e 7 di bronzo, piazzandosi al 5° posto nella classifica per nazioni alle spalle di USA, URSS, Giappone e Germania, che per l’ultima volta fino al 1992 gareggiò sotto un’unica bandiera.
1.Alla cerimonia d’apertura, trasmessa in mondovisione, era presente l’imperatore Hirohito. Allorché la fiamma arse nel braciere olimpico diecimila tamburi iniziarono a rullare, migliaia di palloncini vennero liberati nell’aria e cinque jet con le loro scie di fumo disegnarono nel cielo gli anelli olimpici, mentre in tutto lo stadio si diffuse un intenso odore di crisantemo, il fiore nazionale del Giappone. L’ultimo tedoforo, Yoshinori Sakai, era nato a Hiroshima il 6 agosto 1945, un’ora esatta dopo il lancio della bomba atomica. Nulla si lasciò al caso: per impedire alle bandiere di afflosciarsi, per esempio, durante le premiazioni vennero utilizzati dei potenti ventilatori. L’asta su cui fu issata la bandiera con i cinque cerchi misurava 15 metri e 21 centimetri d’altezza, la stessa misura con cui all’Olimpiade di Amsterdam nel 1928 Mikio Oda aveva vinto nel salto triplo la prima medaglia d’oro giapponese.
Nel programma fecero il loro esordio sia la pallavolo che il judo, con 3 categorie di peso (-68, -80, +80 kg) più l’open. Nakatani, Okano e Inokuma vinsero le rispettive categorie, ma il gigante olandese Anton Geesink, imponendosi nella categoria open, gelò la Nippon Budokan Hall stipata da 15.000 spettatori. Geesink immobilizzò a terra il nipponico Akio Kaminaga, che sovrastava fisicamente: 20 cm in più di altezza e 20 chili in più di peso. Molti giapponesi piansero per la delusione, anche se la sconfitta non doveva risultare del tutto inaspettata, visto che l’olandese era campione mondiale ed europeo in carica. Nonostante il successo riscosso, il judo fu escluso dai Giochi del 1968 per rientrare definitivamente nel programma 4 anni dopo a Monaco.
I migliori risultati degli atleti FIAP, accompagnati dal segretario generale Livio Luigi Tedeschi, furono nella greco-romana il 4° posto di Ignazio Fabra (52 kg), alla sua quarta Olimpiade, e nei pesi il 5° di Sebastiano Mannironi (60 kg), che migliorò i primati italiani di distensione e totale nei 3 esercizi. In seguito all’insuccesso di Tokyo (era dal 1936 che non restavamo a secco di medaglie) il presidente Giovanni Valente si dimise.
Gli impianti più significativi utilizzati per i Giochi furono lo Stadio Nazionale (inaugurato nel 1958 e demolito nel 2015), di Mitsuo Katayama, il Nippon Budokan, di Mamoru Yamada, il Gymnasium a Komazawa, di Yoshinobu Ashihara, e quello ai margini del parco Yoyogi, capolavoro di Kenzo Tange. Nel 2021 il National Gymnasium a Yoyogi ospiterà la pallamano e il Budokan sarà utilizzato per le gare di judo (come nel 1964) e di karate, che esordirà alle Olimpiadi.
Il manifesto con il sole rosso che sormonta gli anelli olimpici e la scritta Tokyo 1964, tutta color oro (55x101 cm), fu realizzato da Yusaku Kamekura (vincitore di un apposito concorso) e interruppe la tradizione stilistica figurativa del poster olimpico. A partire dalla XVIII Olimpiade, inoltre, i Comitati Organizzatori non si limitarono più a un solo manifesto ufficiale: per Tokyo ne furono elaborati quattro. Gli altri tre Kamekura li disegnò in collaborazione con i fotografi Osamu Hayasaki e Jo Murakoshi. Raffiguravano la partenza di una corsa veloce (The Start of Sprinters Dash), un nuotatore (A Butterfly-Swimmer) e un tedoforo (An Olympic Torch Runner). Per la prima volta fu utilizzata la fotografia nei manifesti delle Olimpiadi.
Il primo, ancor grezzo, tentativo di produrre dei pittogrammi risaliva ai Giochi di Londra 1948, ma solo a Tokyo si concretizzò una moderna serie di simboli, sia per rappresentare i diversi sport, sia per offrire informazioni generali al pubblico attraverso un linguaggio universalmente compreso. Da allora i pittogrammi accompagnano immancabilmente ogni Olimpiade. Per i Giochi del 1964 Masaru Katzumie, direttore artistico, e Yoshiro Yamashita, grafico, realizzarono una sessantina di simboli.
2.3.
Dall’ottobre 1961 al settembre 1964 il Giappone emise 25 francobolli, di cui 20 (tutti da 5+5 yen) raffiguravano gli sport, uno la fiamma olimpica e 4 i principali impianti di gara.
La medaglia per i vincitori dal 1928 doveva uniformarsi al modello di Giuseppe Cassioli, quindi non variò, mentre il dritto di quella in bronzo per i partecipanti (Ø 61 mm) venne modellato dal famoso artista Taro Okamoto (vi si notano 4 atleti e un ramo di ulivo) e il rovescio da Kazumitsu Tanaka. La città natale di Okamoto, Kawasaki, nel 1999 ha aperto un museo a lui dedicato.
Anche a Tokyo, seguendo la tradizione iniziata nel 1952 a Helsinki, furono coniate delle monete: da 100 yen (argento 600/1000, Ø 22,5 mm) e da 1000 yen (argento 925/1000, Ø 35 mm), che sul recto raffigura il Fujiyama, montagna sacra del Giappone, nel 2013 inclusa dall’UNESCO nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
4.
Didascalie:
In copertina: Il Nippon Budokan
1. Uno dei manifesti dei Giochi di Tokyo 1964 (The Start)
2. Il pittogramma del Judo
3. Il francobollo del Judo
4. La medaglia per i partecipanti