Roma 17 settembre 2020 Pubblichiamo oggi un nuovo avvincente racconto storico narrato dall’arch. Livio Toschi, nella sua veste di storico della FIJLKAM. Buona lettura!
Il Pancrazio
Il pancrazio (pankration, ossia «combattimento completo/totale») nacque dalla combinazione di lotta e pugilato, non consentendo però l’uso degli imantes, lunghe e sottili strisce di cuoio fatte girare più volte intorno alle mani e ai polsi, ai quali venivano fissate, lasciando liberi i pollici. Una specie dei moderni guantoni da pugile, anche se le quattro dita tra loro legate non erano bloccate nella posizione a pugno, ma potevano distendersi. Affermava Filostrato: «Fra tutte le attività atletiche la più apprezzata è il pancrazio», di cui non ha parlato Omero.
Pankrates in greco significa «onnipotente» e perciò gli arbitri faticavano a mantenere gli incontri entro limiti accettabili, evitando danni seri ai concorrenti. Cosa difficile, visto che era lecito colpire con pugni e con calci (laktizein), anche nello stomaco (gastrizein), persino saltando addosso all’avversario, e si poteva strangolare (anchein) e fare torsioni alle braccia e alle gambe (strebloein). In un’anfora a figure nere del IV secolo a.C. (British Museum, Londra) si vede un atleta che con il braccio sinistro stringe il collo dell’avversario con una mezza “cravatta” e, mentre quello cerca di liberarsi, sta per colpirlo con il pugno destro dall’alto. Luciano di Samosata nel dialogo Anacarsi ha descritto una fase dell’allenamento: «Uno solleva l’avversario per le gambe e lo sbatte a terra, poi gli piomba sopra e non gli consente di alzare la testa, premendolo giù nel fango. Infine gli si avvinghia al ventre con le gambe e gli punta il gomito alla gola».
1.
Le uniche azioni proibite erano mordere (daknein) e “strappare”, infilando le dita negli occhi, nel naso o nella bocca (oryttein); ma, secondo Filostrato e Pausania, a Sparta si consentivano anche quelle. Alcibiade, che durante un allenamento aveva morso il suo avversario, da questi rimproverato di mordere come le donne, gli rispose: «Non come le donne, ma come i leoni».
2.
Si combatteva in piedi e – al contrario della lotta – anche a terra (questa azione prendeva il nome di alindesis o kylisis = rotolamento) senza limiti di tempo. Ci si poteva lasciar cadere volontariamente sul dorso (yptiazein) per difendersi meglio – come «una volpe che arresta riversa l’assalto vorticoso dell’aquila» [PINDARO, Istmica IV] – o per rovesciare l’avversario, tirandolo per le braccia e piazzandogli un piede sull’addome: una mossa simile al tomoe-nage nel judo. In un’idria a figure nere del VI secolo a.C., conservata all’Antikensammlungen di Monaco, è raffigurato Anteo a terra sopraffatto da Ercole forse dopo aver tentato invano una proiezione di questo tipo. Bloccare l’avversario a terra di fronte o da dietro, avvinghiandolo con le gambe per colpirlo con pugni o applicare leve e strangolamenti, si diceva klimakizein (klimax = scala). Questa tecnica è mostrata nel famosissimo gruppo marmoreo conservato alla Galleria degli Uffizi, copia romana dell’originale greco in bronzo.
Gli incontri cessavano solo con la resa di un pancraziaste (apagoreusis): bisognava alzare il braccio destro e distendere l’indice, come nel pugilato, oppure battere sulla spalla dell’avversario (parakrotein eis ton omon). A ragione Senofane definiva il pancrazio «prova durissima».
3.
In allenamento si saltava sul posto (anapedaein) tirando calci all’aria [LUCIANO, Anacarsi] e si utilizzava il korykos, un sacco di cuoio appeso al soffitto e riempito di cereali, di farina o di sabbia, insomma una sorta di punching-ball, che veniva utilizzato anche dai pugili.
Sui pancraziasti si sono scritte molte storie raccapriccianti: dal tre volte olimpionico Sostrato di Sicione, detto “spezzadita”, al povero Arrichione di Figalia, anche lui tre volte olimpionico, ma la sua ultima vittoria gli costò la vita: morì per strangolamento mentre l’avversario si arrendeva in seguito alla frattura dell’alluce [PAUSANIA, Guida della Grecia].
Didascalie:
In copertina: Pancraziasti, copia romana in marmo dell’originale greco in bronzo (III secolo a.C.), con rifacimenti – Galleria degli Uffizi, Firenze
1. Bronzetto che raffigura due pancraziasti (II secolo a.C.) – Antikensammlungen, Monaco
2. Bronzetto di epoca romana che raffigura un pancraziaste – Louvre, Parigi
3. Medaglione di una coppa a figure rosse: un pancraziaste si arrende alzando il braccio destro con l’indice disteso (520-510 a.C.) – Museo dell’Agorà, Atene