Roma 12 novembre 2020 Pubblichiamo oggi un nuovo avvincente racconto storico narrato dall’arch. Livio Toschi, nella sua veste di storico della FIJLKAM. Buona lettura!
La corsa dei carri.
La gara di apertura dei Giochi, “riservata” a sovrani e nobili, poiché i comuni cittadini non potevano permettersi di affrontarne i costi, era la corsa dei carri, minuziosamente descritta da Omero nel libro XXIII dell’Iliade e raffigurata in un quadro di Carle Vernet (1790) e sui vasi François e di Anfiarao (ambedue del 570-560 a.C.). I consigli del saggio Nestore al figlio Antiloco costituiscono una sorta di manuale per gli aurighi. Nell’Olimpica I Pindaro fa addirittura risalire l’origine dei Giochi alla mitica competizione fra Enomao e Pelope.
Qualcuno ha notato che sarebbe stato preferibile destinare la spettacolare corsa dei carri al momento culminante dei Giochi, non all’inizio. «Probabilmente – secondo Finley e Pleket – si voleva aprire con la competizione che offriva la maggiore possibilità di sfoggiare pompa e splendore».
La prima corsa di quadrighe o tethrippon si disputò nel 680 a.C. (XXV Olimpiade), quella di bighe o synoris nel 408 (XCIII Olimpiade), quella di quadrighe tirate da puledri o tethrippon polon nel 384 a.C., quella di bighe tirate da puledri o synoris polon nel 268 a.C. Interessante la distinzione dei cavalli in due categorie di età, come avveniva per gli uomini: quelli adulti (teleioi) e i puledri (poloi). Dal 500 al 444 a.C. si disputò anche una corsa di carri trainati da muli, chiamata apene.
1.
La fase più delicata consisteva nell’allineamento dei concorrenti alla partenza (metastoichi). La linea di partenza dell’ippodromo di Olimpia, ideata da un certo Cleeta, aveva la forma di un triangolo isoscele. Lungo i due lati uguali si disponevano le gabbie (carceres a Roma), bloccate da una fune che si abbassava in tempi diversi per consentire un avvio non svantaggiato ai concorrenti più distanti (l’assegnazione dei posti veniva sorteggiata). Questa struttura, che Pausania paragonava alla prua di una nave, era chiamata ippaphesis e la distanza tra le due mete corrispondeva circa a 2 stadi (la lunghezza di un giro di pista era dunque di 4 stadi), ma non è chiaro il numero di giri da percorrere. Tra le mete non c’era la spina, caratteristica del circus romano.
Al centro della prua si costruiva un altare di mattoni crudi, su cui era collocata un’aquila di bronzo con le ali aperte. Al segnale di partenza un meccanismo inserito nell’altare faceva alzare l’aquila per essere visibile a tutti e faceva cadere a terra la corda. Il via era dato dal suono delle trombe (salpingai, le tubae romane) poiché in quella bolgia la voce degli araldi non l’avrebbe sentita nessuno. All’altezza della prima meta (nyssa o kampter) sorgeva un altare, chiamato taraxippos (= terrore dei cavalli), cui si attribuivano poteri negativi. Girando intorno alla meta, infatti, gli incidenti non mancavano mai, soprattutto alle quadrighe.
2.
Siccome veniva considerato vincitore il proprietario del cocchio e non l’auriga, anche delle donne ricevettero la corona: la prima fu Cinisca, sorella del re Agesilao II di Sparta, nel 396 e nel 392 a.C. con la quadriga. La sua statua a Olimpia, in atto di preghiera accanto a una quadriga di bronzo e all’auriga, era opera di Apella. La seconda donna vittoriosa, forse nel 368 a.C., fu un’altra spartana (Eurileonide), che s’impose nella gara delle bighe. La macedone Belistiche nel 268 a.C. vinse il tethrippon polon e nel 264 il synoris polon. Teodota e Timareta di Elide nell’84 a.C. vinsero rispettivamente tethrippon polon e synoris. Casia Mnasithea di Elide, infine, si aggiudicò il tethrippon polon nel 21 d.C.
3.
A parte Alcibiade, che riportò un eccezionale successo nel 416, va menzionato Cimone di Atene, padre di Milziade: nel tethrippon con le stesse cavalle colse tre vittorie (536, 532 e 528 a.C.), ma cedette la seconda a Pisistrato, tiranno della sua città, purché gli concedesse il ritorno in patria dall’esilio. Le cavalle di Cimone furono effigiate nel bronzo e seppellite vicino a lui. Nel 672 a.C. gli Elei conquistarono il primo successo collettivo nelle quadrighe (demosion tethrippon) e nel 480 furono gli Argivi ad aggiudicarsi la prima vittoria collettiva nella corsa dei cavalli.
La corsa dei cocchi rivestì sempre un ruolo primario, anche quando (con l’avvento della falange oplitica) si ridusse enormemente la funzione bellica dei carri. Per la prima volta il pubblico di una gara sportiva, seduto sulle tribune, fu raffigurato nel vaso di Sofilo (580-570 a.C.), di cui ci resta un frammento che illustra proprio una corsa di cocchi. Si tratta della gara disputata durante i giochi in onore di Patroclo (il cui nome è scritto sull’ostrakon) e vinta da Diomede.
Didascalie:
In copertina: Ostrakon del vaso di Sofilo che illustra la corsa dei cocchi ai funerali di Patroclo (580-570 a.C.) – Museo Archeologico Nazionale, Atene
1. Anfora panatenaica con quadriga, di Cleofrade (490–480 a.C.) – Getty Villa, Malibù
2. Quadriga in un’anfora del V secolo a.C., dal Portico di Attalo – Museo dell’Agora, Atene
3. Auriga di Delfi, statua in bronzo (474 a.C.) – Museo Archeologico, Delfi