Milone di Crotone
di Livio Toschi
Concludiamo questa breve rassegna di campioni olimpici dell’antichità con Milone di Crotone, il “campionissimo”.
Milone è uno dei personaggi più prestigiosi dello sport, che proprio al tempo delle gesta di questo atleta ineguagliabile divenne elemento essenziale della vita collettiva nel mondo greco. Il Crotoniate è celebre per i tantissimi successi nella lotta, avendo riportato 7 vittorie ai Giochi Olimpici (nel 540 a.C. tra i giovani, dal 532 al 512 tra gli adulti), 7 ai Pitici, 9 ai Nemei, 10 agli Istmici: ossia 33 vittorie nelle principali competizioni dell’epoca, un palmarès tanto eccezionale da far arrossire tutti gli altri campioni. Risultati alla mano, possiamo senza alcun dubbio definirlo il più grande lottatore della storia e – ci si passi la forzatura – l’atleta “italiano” che vanta il maggior numero di successi alle Olimpiadi.
Svariati autori sostengono che Milone vinse solo sei volte a Olimpia, dal 540 al 516 a.C. Secondo Pausania nel 512 a.C. «gli fu impossibile combattere con il suo giovane concittadino Timasiteo, che non volle addirittura avvicinarglisi». Contrariamente a quanto ha dedotto l’illustre epigrafista Luigi Moretti, attribuendo a Timasiteo la vittoria, a mio parere proprio la citazione di Pausania proverebbe il settimo successo, akoniti (cioè «senza impolverarsi»), di Milone: superò così le sei vittorie conseguite un secolo prima dallo spartano Ippostene, un altro atleta “tosto”, che poté gareggiare solamente ai Giochi Olimpici, non essendo ancora nati i Pitici, gli Istmici e i Nemei.
Gli antichi amavano la lotta, il pugilato e il pancrazio, sport per “uomini veri”, che si affrontavano senza dividersi in categorie di peso perché l’abilità veniva messa sullo stesso piano della forza: la vittoria sarebbe immancabilmente toccata all’atleta migliore, veloce e potente come le saette di Zeus. Scrittori e poeti cantarono con enfasi gioiosa le gesta dei campioni, donando loro l’immortalità degli dei. Il pugile Diagora di Rodi, il pancraziaste Pulidamo di Scotussa, il pugile-pancraziaste Teogene di Taso e, appunto, Milone erano famosi e onorati ovunque.
L’Antologia palatina riferisce un gustoso aneddoto su Milone, che una volta sperimentò l’ingratitudine del pubblico. Per vincere un incontro occorreva atterrare l’avversario tre volte, o almeno fargli toccare il terreno con una parte qualsiasi del corpo. Si narra che un giorno, mentre si accingeva ad essere incoronato per un successo conseguito senza trovare avversari disposti ad affrontarlo, Milone scivolò e cadde. Gli spettatori, allora, pretesero che non fosse più premiato, ma il Crotoniate ribatté di essere finito a terra una sola volta, non tre: chiunque tra i contestatori poteva provare ad atterrarlo altre due volte. Ovviamente, nessuno si fece avanti e la protesta si trasformò in acclamazione.
Lottatore invincibile, Milone era anche dotato di forza straordinaria e su di lui, com’è logico, fiorirono le leggende. Strabone, per esempio, scrive che durante un banchetto di Pitagora con gli allievi, Milone mostrò la sua forza prodigiosa sostenendo il pericolante soffitto della sala in seguito al cedimento di una colonna. Discepolo del celebre filosofo e matematico di Samo, quindi capace di usare la testa quanto i muscoli poderosi, certamente sorrideva divertito (seppure compiaciuto) nell’ascoltare le tante incredibili gesta che gli venivano attribuite. Solo Ercole, tra i mortali, lo superava per fama.
1.
Crotone, cittadina calabrese sul Mare Ionio, fu fondata nel 710 a.C. da coloni achei. I Crotoniati godettero di una meritata reputazione nello sport, riportando in patria 21 corone da Olimpia, di cui 20 tra il 588 e il 488 a.C. Eccelsero nella lotta, grazie a Milone, e soprattutto nella corsa veloce, lo stadion, ove colsero 11 vittorie. L’arrivo e la ventennale permanenza di Pitagora a Crotone diede ulteriore impulso alla già famosa scuola medica della città.
Proprio in quegli anni medici e allenatori discutevano se per gli atleti fosse più appropriata la tradizionale dieta a base di formaggio e fichi secchi oppure quella a base di carne. I biografi di Milone riferiscono che il campione mangiava giornalmente quasi 9 chili di carne e altrettanti di pane, e beveva non meno di 10 litri di vino, tanto che Aristotele lo definì bravo, ma vorace. Ateneo di Naucrati aggiunge che una volta fece il giro completo dello stadio di Olimpia portando sulle spalle un torello, che poi uccise e divorò sul posto.
Nell’antichità, ritenendo che la capacità di caricarsi sulle spalle e trasportare un giovane toro derivasse a Milone dal costante allenamento a sollevare un più leggero vitello, fu addirittura coniato un proverbio latino, riferito da Petronio e da Quintiliano: «Posset taurum tollere, qui vitulum sustulerit». Ma Cicerone, sempre polemico con gli atleti, chiedeva ironicamente all’amico Attico se avrebbe preferito una tale robustezza alla potenza d’ingegno di Pitagora.
Eppure – racconta Eliano – il grande Milone fu “stracciato” da un bovaro dell’Etolia, Titormo, in quella che potremmo definire la prima gara documentata di sollevamento pesi. Ma la sconfitta non intaccò il prestigio del Crotoniate.
Pare che Milone avesse personalmente sistemato nel sacro recinto di Olimpia la statua dedicatagli dallo scultore Damea, suo concittadino. Precisava il già citato Moretti a proposito della statua: «Lo effigiava ritto su un disco coi piedi strettamente uniti, con una melagrana nella sinistra e la destra aperta con le dita distese, con la fronte cinta da una tenia.
2.
Abbandonate le competizioni carico di gloria, nel 510 a.C. Milone – «il cui coraggio era pari alle qualità atletiche» – guidò l’esercito crotoniate nella vittoriosa guerra contro Sibari, ispirando nuove leggende. «I Sibariti marciarono contro Crotone con un esercito di trecentomila uomini, mentre i Crotoniati ne schierarono centomila agli ordini dell’atleta Milone, il quale, grazie alla sua straordinaria forza fisica, fu il primo a volgere in fuga le schiere nemiche». Ha scritto Diodoro Siculo: «Si lanciò nella mischia, dicono, cinto delle corone olimpiche e alla maniera di Ercole, con una pelle di leone addosso e con la clava in mano». Possiamo immaginare l’effetto devastante di quell’attacco…
Ormai avanti negli anni, mentre passeggiava nei boschi della Sila, vide un tronco di quercia già parzialmente tagliato, in cui erano piantati dei cunei affinché lo spacco non si richiudesse. Nel tentativo di aprire in due il tronco, infilò le mani nella fenditura e fece ogni sforzo per riuscire nell’intento, ma rimase imprigionato per la caduta dei cunei e venne sbranato dai lupi, come narrano Pausania, Strabone e Gellio.
La sua drammatica fine ha stimolato la fantasia di molteplici artisti, che l’hanno raffigurata con ogni tecnica espressiva, trascurando invece i suoi innumerevoli successi sportivi e persino militari. Possiamo dire che, dopo l’inarrivabile numero di raffigurazioni della lotta tra Ercole e Anteo, la morte del Crotoniate è senza dubbio uno degli episodi storico-mitologici più ricorrenti nell’arte.
Didascalie
In copertina: Milone, olio su tela di Jean-Jacques Bachelier, 200x261 cm (1761) – National Gallery of Ireland di Dublino
1. Milone, marmo di Pierre Puget, altezza 270 cm (1671-82) – Louvre
2. Milone, marmo di Etienne-Maurice Falconet, altezza 66 cm (1744-54) – Louvre
3. Milone, marmo di Edme Dumont, altezza 78 cm (1768) – Louvre