Roma, 5 marzo 2020 – Mattia Busato è il più giovane dei tre karateka azzurri qualificati per direttissima ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020. Classe ’93, ha già vinto un oro europeo nel 2014 e due bronzi mondiali.
La sua disciplina, il kata, ha già fatto l’en plein di pass olimpici azzurri grazie ai piazzamenti nel ranking di Mattia e di Viviana Bottaro: “Abbiamo fatto qualcosa di grande. Abbiamo due categorie complicate e siamo riusciti a staccare il pass con due gare d’anticipo. Adesso non ci rimane che continuare a martellare per migliorare ancora ed arrivare a Tokyo il più preparati possibile.”.
La curiosità del momento in cui l’atleta scopre di aver raggiunto un risultato tanto ambito è sempre forte e anche per Mattia è successo durante la Premier League di Salisburgo. “Io avevo parecchio margine rispetto all’americano. Non dico che mi aspettavo di staccare il pass in questa gara ma era parecchio verosimile come idea. All’uscita delle pool l’ho trovato nel mio gruppo e quindi l’ho vissuta in diretta: ho fatto la prova io e subito dopo l’ha fatta lui. Quando ho visto che aveva un punteggio per il quale non sarebbe potuto rientrare nei primi quattro e passare al turno successivo, ho capito ed è stato molto bello.”.
Ora c’è da programmare i prossimi mesi per arrivare più in forma che mai. “Sicuramente ora ci andiamo a cuor leggero. Il nostro mondo sarebbe finito con l’Europeo. Abbiamo chiuso con due gare d’anticipo quindi adesso, con calma, cominceremo a programmare tutto quanto, tutta l’estate, fino a Tokyo.”.
Ad accompagnare Mattia in questa avventura c’è stato e ci sarà il coach Vincenzo Figuccio, al quale abbiamo chiesto un commento su questa qualificazione: “Ogni percorso di qualifica è abbastanza individuale e ci sono realtà molto diverse. Nel caso specifico, per quanto ci riguarda, credo che sia una qualificazione importante per la Federazione. È un lavoro che stiamo portando avanti non solo io e Mattia: abbiamo il Direttore Tecnico, il professor Aschieri, che ci aiuta tantissimo; abbiamo la società di provenienza di Mattia che coopera con noi nel momento in cui lui non è qui; abbiamo i Gruppi Sportivi, fondamentali nella cooperazione. Ecco, per me, come coach, è stata una grande crescita perché è una qualificazione individuale raggiunta con un grande team. E questo mostra la forza che c’è in una Federazione che riesce a portare avanti un progetto di questo tipo. E poi, assolutamente, c’è la bravura dell’atleta e la centralità di una persona che negli ultimi due anni ha saputo soffrire. Non abbiamo avuto un percorso semplice, non abbiamo entusiasmato per i risultati ma per la perseveranza, per la resilienza nel lavoro, per la consapevolezza che, anche senza medaglia al collo, il lunedì si tornava in palestra ad allenarsi. Questo è il coronamento e il messaggio che ai giovani deve arrivare. Non è la medaglia che deve far sperare nell’obiettivo ma il lavoro di tutti i giorni e la costanza del credere in un progetto.”.
Infine, aggiunge Mattia: “C’è un grande team. Io sono portatore del lavoro di un grande gruppo coeso e coordinato. Questa è una grande sicurezza. Così che anche se i risultati non arrivano si ha la percezione che possano arrivare, che siano lì lì per arrivare, e alla fine, infatti, sono arrivati.”.