The Brave Belt - Stronger Together. Le Arti Marziali come aiuto terapeutico in emato-oncologia pediatrica.
Roma 8 agosto 2020 Alla fine di luglio è nato il progetto “ The Brave Belt – Stronger Together” una iniziativa della "Pfizer Viverla Tutta" in appoggio a Kids Kicking Cancer - Italia a supporto dei bambini colpiti da gravi patologie che diventano essi stessi testimoni di forza e coraggio. Forza e coraggio che viene infuso anche ai genitori dei piccoli pazienti, che risultano spesso i soggetti più colpiti psicologicamente in queste circostanze difficili.
Kids Kicking Cancer è l’associazione non profit nata negli USA negli anni ‘90 che ha come obbiettivo l'alleviare il dolore e infondere coraggio ed energia positiva ai bambini affetti da cancro e da gravi malattie croniche attraverso l'insegnamento di semplici tecniche delle arti marziali abbinate alla respirazione, alla concentrazione e alla visualizzazione.
L’intento è quello di fornire loro, e ai loro genitori, gli strumenti per aiutarli ad affrontare al meglio la propria patologia, cercando di insegnare loro come accogliere la propria forza grazie alla respirazione, allontanando il dolore, trovando la pace interiore, cercando uno scopo per andare avanti, esercitando così anche un’influenza positiva su coloro che gli sono accanto.
Insomma, sono proprio i piccoli pazienti a diventare così i testimonial e gli ambasciatori degli insegnamenti di KKC per tutti i malati e per chi li assiste.
La campagna The Brave Belt - Strongher Together racconta come proprio i bambini siano assolutamente in grado di dare l’esempio ai loro genitori per affrontare il momento della malattia e del percorso di cura.
“I piccoli guerrieri di KKC” nel video della campagna mostrano quattro tecniche di arti marziali: respira, concentrati, difendi e reagisci.
Quattro semplici tecniche simbolicamente identificate dalla cintura nera “Brave Belt”, che diventano messaggi di incoraggiamento che i piccoli regalano ai propri genitori e a tutti coloro che si occupano delle persone più fragili.
Le quattro tecniche: "Respira per allontanare il dolore", "Concentrati per allontanare la tristezza", "Difenditi dalla rabbia" e "Reagisci per allontanare la paura" sono finalizzate a migliorare la capacità di affrontare cure e terapie, ma soprattutto di curare l’approccio psicologico ed emotivo nei confronti della malattia.
In Italia, sono 18 gli ospedali con reparti di onco-ematologia pediatrica e 5 le strutture extra ospedaliere in cui i volontari di KKC-Italia impartiscono a titolo totalmente gratuito le lezioni.
Dopo la pausa estiva in occasione della campagna The Brave Belt il presidente di KKC-Italia, il maestro Giancarlo Bagnulo, farà dono al Centro Federale Matteo Pellicone TIJLKAM della bacheca con la Cintura Nera simbolo del progetto in segno di ringraziamento e Amicizia per l'appoggio avuto in questi anni alle iniziative di Kids Kicking Cancer.
Le antiche Olimpiadi (XIV)
Roma 6 agosto 2020 Pubblichiamo oggi un nuovo avvincente racconto storico narrato dall’arch. Livio Toschi, nella sua veste di storico della FIJLKAM. Buona lettura!
La lotta (prima parte)
Ho già parlato, seppur brevemente, delle corse a piedi, delle corse con i carri e dell’oplitodromia. Questa volta accennerò alla lotta (in greco pale), la disciplina che ai Giochi fu introdotta nel programma subito dopo le gare di corsa, precisamente nel 708 a.C. (XVIII Olimpiade).
Nei giochi più antichi i lottatori (palaistai) indossavano il perizoma, come scrive Omero e conferma lo storico ateniese Tucidide. Poi combatterono completamente nudi (gymnoi), dopo essersi frizionati il corpo con dell’olio di oliva – per renderlo più elastico – e averlo ricoperto con un sottile strato di polvere (konis), che rendeva meno difficoltose le prese, frenava l’emissione del sudore e proteggeva dalle intemperie. Filostrato elenca ben cinque tipi di polvere: di fango, di argilla, di bitume, di terra nera, di terra rossiccia. Dante Alighieri in una similitudine della Divina Commedia ha menzionato dei lottatori che si afferrano per le braccia «nudi e unti, / avvisando lor presa e lor vantaggio» (Inferno, XVI).
1.
Al termine degli incontri l’olio e la polvere venivano raschiati dal corpo con la stlengis di ferro o di bronzo, una paletta curva e incavata (lo strigile dei Romani), che i lottatori portavano sempre con loro assieme all’aryballos, o ampolla dell’olio. Moltissime sono le raffigurazioni di atleti con la stlengis e perciò tra le sculture mi limito a segnalare l’Apoxyomenos (Atleta che si deterge) del Kunsthistorisches Museum di Vienna, copia romana in bronzo dell’originale del 340-330 a.C., e l’Apoxyomenos in marmo ai Musei Vaticani, copia romana dell’originale in bronzo di Lisippo.
Dopo aver ripulito il corpo, i lottatori lo ungevano e lo massaggiavano, cospargendolo poi di essenze. Spesso queste mansioni erano affidate a esperti massaggiatori (aleiptai). Un massaggio con l’olio (tripsis) è mostrato sul noto calice a figure rosse di Antifone al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma (480 a.C.).
2.
I combattimenti si svolgevano in un’area delimitata, che supponiamo quadrata, ma ne ignoriamo le dimensioni (konistra o skamma, simile a quella del salto in lungo), dissodata con un piccone e riempita di sabbia per ammorbidire la violenza delle proiezioni al suolo. Gli incontri seguivano le regole della lotta in piedi, o perpendicolare (orthe pale). In epoca moderna per vincere è necessario che l’avversario tocchi la materassina con ambedue le spalle per qualche istante; allora occorreva fargli toccare per tre volte il terreno (triazein, per cui il vincitore era detto triakter) con una parte qualsiasi del corpo al di sopra dei piedi. Se cadevano ambedue i concorrenti, si assegnava il punto a quello che restava sopra all’altro, mentre l’azione era ritenuta nulla qualora entrambi fossero caduti su un fianco (ep’ischion). Dopo ogni caduta il combattimento ricominciava in posizione eretta.
3.
L’incontro poteva finire anche in parità (come quelli tra Aiace e Ulisse nell’Iliade e tra Aiace e Diomede ne Il seguito dell’Iliade) o essere interrotto per manifesta inferiorità, a giudizio dell’arbitro.
Ha scritto Luigi Moretti: «Quando una gara non aveva un vincitore assoluto (due corridori arrivati contemporaneamente al traguardo; due pugili tra i quali i giudici non potevano decidere chi fosse superiore, ecc.), essa era dichiarata iera, cioè veniva aggiudicata al dio». Ma negli agoni minori spesso s’incoronavano entrambi i contendenti (systephein) e le loro statue venivano di solito poste su una base comune. Con il termine synexelthein erano indicati due atleti che rinunciavano di comune accordo a proseguire una gara in cui era evidente l’impossibilità di prevalere sull’avversario.
Didascalie:
In copertina: Kyathos attico a figure nere, da Cerveteri, detto “Gruppo del perizoma” (fine del VI secolo a.C.) – Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma
1. Apoxyomenos di Efeso, copia romana in bronzo da originale greco del 340-330 a.C. –
Kunsthistorisches Museum, Vienna
2. Coppa del Pittore di Antifone (490 a.C.) – Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma
3. Aryballos in bronzo (I-II secolo d.C.) – British Museum, Londra
Il Presidente Falcone in diretta Youtube, giovedì 6
Roma, 4 agosto 2020 - Giovedì prossimo alle ore 18 appuntamento su Youtube Official Channel per la diretta del Presidente federale Domenico Falcone.
Al termine dell'ultimo Consiglio federale prima della chiusura estiva, il Presidente parlerà in diretta agli affiliati ed ai tesserati per aggiornare sulle ultime novità sportive in casa FIJLKAM, anche in relazione alle decisioni prese dal Consiglio stesso.
Sarà possibile porre domande attraverso la chat Youtube cui il Presidente risponderà a voce.
Per accedere questo è il link https://youtu.be/s43v6ttSWis
Le antiche Olimpiadi (XIII)
Roma 30 luglio 2020 Pubblichiamo oggi un nuovo avvincente racconto storico narrato dall’arch. Livio Toschi, nella sua veste di storico della FIJLKAM. Buona lettura!
La corsa degli opliti
Se dal 680 a.C. la corsa di quadrighe costituì la gara di apertura dei Giochi, la gara di chiusura, introdotta nel 520 a.C., fu la corsa in armi (oplites dromos), che si disputava sulla distanza di due stadi a Olimpia, di 4 stadi a Nemea e addirittura di 15 a Platea.
Gli atleti erano nudi, ma indossavano scudo, elmo e schinieri (più tardi vennero eliminati gli schinieri). All’inizio le armi erano quelle personali, poi – secondo Pausania – nel tempio di Zeus si custodirono 25 scudi di bronzo da distribuire agli oplitodromi prima della gara.
Ricordo che gli opliti (fanteria pesante) prendevano il nome dall’oplon, uno scudo rotondo e cavo realizzato in legno di noce, rivestito esternamente da una lamina di bronzo e internamente di cuoio. Utilizzato a partire dall’VIII-VII secolo a.C., misurava 90-100 centimetri di diametro e pesava fino a 10 chili. La superficie esterna dell’oplon veniva spesso decorata da un simbolo (episema): sugli scudi ateniesi, per esempio, era raffigurata una civetta, sacra alla dea protettrice della città attica.
1.
L’origine della gara risalirebbe alla guerra implacabile tra gli Elei e gli abitanti di Dyme, che non si arrestò neppure per la tregua sacra (ekecheiria). La vittoria arrise infine agli Elei proprio durante i Giochi (ma non sappiamo in quale anno) e un oplita corse dal campo di battaglia fino allo stadio di Olimpia per annunciare la vittoria. In seguito la corsa in armi fu inclusa nel programma dei Giochi, anche per attestare l’importanza crescente della fanteria oplitica rispetto alla cavalleria, costituita da aristocratici.
2.
Trattandosi dell’ultima gara delle Olimpiadi (dal 520 a.C.), secondo alcuni autori – tra cui Filostrato – voleva ricordare la prossima fine della ekekeiria e la conseguente probabile ripresa dei conflitti tra le bellicose poleis greche. Conflitti che gli atleti rappresentavano e allo stesso tempo esorcizzavano nella gara con l’uso di scudo, elmo e schinieri.
Il primo vincitore dell’oplitodromia fu Damareto di Erea, che si affermò nuovamente nel 516 a.C., meritando la statua a lui eretta in Olimpia. Gli atleti più coronati furono Leonida di Rodi con 4 successi (164, 160, 156 e 152 a.C.) ed Ermogene di Xanto, soprannominato “Cavallo”, con 3 successi (81, 85 e 89 d.C.). Ricordo che il vincitore dello stadion, del diaulos e dell’oplitodromia riceveva l’onorifico epiteto di triastes. Il primo fu Fana di Pellene nel 512 a.C.
Anche nelle moderne Olimpiadi, a partire dai Giochi del 1896, è una corsa a chiudere le gare: la maratona, ideata dal filologo francese Michel Bréal.
3.
Didascalie
In copertina: Oplitodromi nell’anfora di Nicomaco (323-322 a.C.) – Louvre, Parigi
1. Olpe Chigi, che mostra uno scontro di opliti al suono del doppio flauto (640 a.C.) – Museo nazionale etrusco di Villa Giulia, Roma
2. Oplitodromi nella coppa del Pittore di Nicostene (495 a.C.) – Walters Art Museum, Mount Vernon-Belvedere, Baltimora
3. Oplitodromo nella coppa del Pittore di Antifone (490 a.C.) – Altes Museum, Berlino
Foro Italico Camp: judo, lotta e karate per una splendida giornata di sport
Roma, 29 luglio 2020 – Giornata speciale ieri al Foro Italico Camp, il centro estivo organizzato da Sport e Salute dove i bambini e i ragazzi possono trovare un luogo di accoglienza nel periodo in cui le scuole sono chiuse. L’obbiettivo è quello di promuovere lo sport come strumento fondamentale di crescita personale e collettiva.
Proprio ieri, molti rappresentanti degli sport della nostra Federazione, fra tecnici, campioni e giovani atleti, sono andati al Foro Italico Camp per far conoscere i nostri sport ai bambini e ai ragazzi, che hanno risposto con grandissimo entusiasmo, dando loro delle impressionanti dimostrazioni pratiche.
Una bella delegazione della Fijlkam che ha portato la propria appassionante esperienza: per il judo, Matteo Marconcini, quinto alle Olimpiadi di Rio, insieme ai tecnici Giulio Sacchi e Giovanni Carollo; per il karate, Michela Pezzetti, argento europeo, e Luigi Busà, il pluricampione iridato già qualificato per Tokyo, insieme alla giovanissima Carolina Amato e ai tecnici Roberta Sodero, Vincenzo Figuccio e Daniela Berettoni; per la lotta, invece, l’oro olimpico di Pechino 2008 Andrea Minguzzi, insieme al nazionale Mirco Minguzzi e al tecnico Marco Patria.
Piacevolmente colpito è rimasto anche Riccardo Meloni, responsabile del personale di Sport e Salute nonché cintura marrone di judo e primo Dan di karate, al quale la delegazione Fijlkam ha regalato una tuta di lotta, l’unico sport della federazione che non ha praticato ma che ha promesso di praticare in futuro.
Insomma, una splendida giornata di sport ed un evento di grande successo, alla conquista dei cuori di questi bambini.
Per informazioni più specifiche sul For Italico Camp clicca qui
La influencer Cecilia Cantarano al Centro Olimpico per lanciare la #warriorchallenge
Roma 25 luglio 2020 È stata ospite al Centro Olimpico Cecilia Cantarano, l’influencer romana di soli 20 anni che vanta oltre 800.000 follower su Instagram e più di 2 milioni su TikTok. Nota per la sua autoironia e per i divertenti lip-sync, Cecilia Cantarano è popolarissima nella cosiddetta generazione Z, i ragazzi post Millenial, abituati all’uso di internet e dei social media sin dalla nascita.
Cecilia, al Centro Olimpico ha passato la giornata insieme agli atleti delle nostre nazionali impegnati nel ritiro. Una bella occasione per avvicinare ancor di più i ragazzi alle discipline nobili e formative della Fijkam.
Alla fine della giornata di attività con gli atleti, Cecilia ha lanciato su Tik Tok la #warriorchallenge, una sfida in cui chiunque potrà mettere in mostra le proprie abilità sportive.
È stata inoltre predisposta una pagina sul sito della Fijlkam, “Difendiamo il futuro”, dove i ragazzi che verranno a contatto per la prima volta con i nostri sport potranno cercare la società più vicina fra quelle affiliate con la Federazione ed iniziare la pratica delle arti marziali o della lotta.
“Il contributo del mondo dello sport per l’apertura delle scuole a settembre” - Webinar gratuito riservato alle ASD 27 luglio ore 17
Roma, 25 luglio 2020 - Nuovo appuntamento con gli webinar Federali, infatti, lunedì 27 luglio 2020, alle ore 17.00, il Prof. Roberto Tasciotti terrà un webinar dal titolo “Il contributo del mondo dello sport per l’apertura delle scuole a settembre”.
L’iniziativa si colloca nell’ambito delle attività che la Federazione sta realizzando per sostenere le ASD in questa delicata fase di ripresa, fornendo strumenti che permettano di realizzare un’alleanza strategica tra l’associazionismo sportivo e l’istituzione scolastica, in un sistema aperto secondo il principio della sussidiarietà orizzontale.
A questa iniziativa, riservata alle ASD, seguiranno altre attività di formazione a distanza.
Le antiche Olimpiadi (XII)
Roma 23 luglio 2020 Pubblichiamo oggi un nuovo avvincente racconto storico narrato dall’arch. Livio Toschi, nella sua veste di storico della FIJLKAM. Buona lettura!
Le corse dei cocchi
Nella puntata precedente ho cominciato a parlare delle gare di Olimpia. Continuo segnalando qualche primato. Leonida di Rodi vinse per 4 volte (dal 164 al 152 a.C.) stadio, diaulo e oplitodromia, conquistando così 12 corone, che ne fanno il più grande corridore dell’antichità. Nelle stesse discipline Ermogene di Xanto, detto Ippos (cavallo), dovette “accontentarsi” di 8 vittorie in tre Olimpiadi (dall’81 all’89 d.C.). Chionide di Sparta si aggiudicò stadio e diaulo in 3 Olimpiadi (dal 664 al 656 a.C.), come Astilo di Crotone (dal 488 al 480 a.C.), che in più s’impose nell’oplitodromia nel 480. Polites di Keramos (Caria) nel 69 d.C. vinse nello stesso giorno lo stadio, il diaulo e il dolico.
Un altro plurivincitore fu il trombettiere Erodoro di Megara, capace di suonare due trombe contemporaneamente, che si aggiudicò 10 corone dal 328 al 292 a.C. Negli sport di combattimento non possiamo dimenticare il lottatore Milone di Crotone, 7 volte olimpionico, Ippostene di Sparta (6 vittorie) e suo figlio Etimocle (5). L’araldo Valerio Eclecto di Sinope riportò 4 successi olimpici e fu trisperiodos, ossia vinse tre volte tutti i giochi del circuito.
Le antiche Olimpiadi, ma anche gli altri giochi, non comprendevano diverse gare che oggi ci sono familiari, quali il lancio del peso, il salto in alto e il tiro con l’arco, anche se Gianni Brera le includeva erroneamente nel programma: «Quandoque bonus dormitat Homerus».
La gara di apertura dei Giochi, “riservata” a sovrani e nobili, poiché i comuni cittadini non potevano permettersi di affrontarne i costi, era la corsa dei carri, minuziosamente descritta da Omero nel libro XXIII dell’Iliade e raffigurata sul Vaso François e su quello di Anfiarao (ambedue del 570-560 a.C.). I consigli del saggio Nestore al figlio Antiloco costituiscono una sorta di manuale per gli aurighi. Pindaro, nell’Olimpica I, fa addirittura risalire l’origine dei Giochi alla leggendaria competizione fra Pelope ed Enomao, finita assai male per quest’ultimo.
Qualcuno ha notato che sarebbe stato preferibile destinare la spettacolare corsa dei carri al momento culminante dei Giochi, non all’inizio. «Probabilmente – suggeriscono Finley e Pleket – si voleva aprire con la competizione che offriva la maggiore possibilità di sfoggiare pompa e splendore».
La prima corsa di quadrighe o tethrippon si disputò nel 680 a.C. (XXV Olimpiade), quella di bighe o synoris nel 408 (XCIII Olimpiade), quella di quadrighe tirate da puledri nel 384 a.C., quella di bighe tirate da puledri nel 268 a.C. Interessante la distinzione dei cavalli in due categorie di età, come avveniva per gli uomini: quelli adulti (teleioi) e i puledri (poloi). Dal 500 al 444 a.C. si disputò anche una corsa di carri trainati da muli, chiamata apene.
2.
La fase più delicata consisteva nell’allineamento dei concorrenti alla partenza. La linea di partenza dell’ippodromo di Olimpia, ideata da un certo Cleeta, aveva la forma di un triangolo isoscele. Lungo i due lati uguali si disponevano le gabbie (carceres a Roma), bloccate da una fune che si abbassava in tempi diversi per consentire un avvio non svantaggiato ai concorrenti più distanti (l’assegnazione dei posti veniva sorteggiata). Questa struttura, che Pausania paragonava alla prua di una nave, era chiamata ippaphesis e la distanza tra le due mete corrispondeva circa a 2 stadi (la lunghezza di un giro di pista era dunque di 4 stadi), ma non è chiaro il numero di giri da percorrere.
Al centro della prua si costruiva un altare di mattoni crudi, su cui era collocata un’aquila di bronzo con le ali aperte. Al segnale di partenza un meccanismo inserito nell’altare faceva alzare l’aquila per essere visibile a tutti e faceva cadere a terra la corda. Il via era dato dal suono delle trombe poiché in quella bolgia la voce degli araldi non l’avrebbe sentita nessuno. All’altezza della prima meta sorgeva un altare, chiamato tarassippo (terrore dei cavalli), cui si attribuivano poteri negativi. Girando intorno alla meta, infatti, gli incidenti non mancavano mai, soprattutto alle quadrighe.
Siccome veniva considerato vincitore il proprietario del cocchio e non l’auriga, anche delle donne ricevettero la corona: la prima fu Cinisca, sorella del re Agesilao di Sparta, nel 396 e nel 392 a.C. con la quadriga. Le fu dedicata una statua a Olimpia.
3.
A parte Alcibiade, che riportò un eccezionale successo nel 416 a.C., va menzionato Cimone di Atene: nel tethrippon con le stesse cavalle colse tre vittorie (536, 532 e 528 a.C.). Stando alle testimonianze di Erodoto e di Eliano le cavalle di Cimone furono seppellite vicino a lui e vennero effigiate nel bronzo.
La corsa dei cocchi rivestì sempre un ruolo primario, anche quando (con l’avvento della falange oplitica) si ridusse enormemente la funzione bellica dei carri. Per la prima volta il pubblico di una gara sportiva, seduto sulle tribune, fu raffigurato nel vaso di Sofilo (580-570 a.C.), di cui ci resta un frammento che illustra proprio una corsa di cocchi.
Didascalie
In copertina: Corse di cocchi ai giochi in onore di Patroclo, di Antoine-Charles-Horace Vernet (1790)
1. Auriga, Anfora panatenaica - British Museum
2. Decadramma d’argento, da Siracusa, Ø 3,5 cm, 44 g (V secolo a.C.) – Ermitage, San Pietroburgo
3. Frammento del vaso di Sofilo (580-570 a.C.), che raffigura il pubblico di una corsa di cocchi (580-570 a.C.) – Museo Archeologico Nazionale, Atene
Webinar per Collaboratori Sportivi: il 22 luglio alle 9.50 il primo incontro
Sei un collaboratore sportivo? Allora c’è un appuntamento che non ti devi assolutamente perdere, perchè potrai ottenere risposte alle domande che ti stai ponendo. Il webinar promosso da Sport e Salute si terrà domani, ed è nato dall’esito dell’indagine svolta sulle richieste d’indennità presentate dai collaboratori sportivi in occasione dell’emergenza Covid-19. Più di 28mila infatti, hanno completato il questionario e, di questi, oltre 9mila hanno contribuito con idee e suggerimenti. Il webinar, dal taglio operativo, nasce per rispondere nell’immediato alle esigenze dei collaboratori sportivi emerse nella recente survey sulla ripresa delle attività successiva all’emergenza Covid-19 e sarà condotto dal dott. Marco Perciballi, dottore commercialista, e dall’avvocato Giancarlo Guarino, entrambi esperti in ambito sportivo. Il webinar sarà organizzato in due parti e, dopo i saluti istituzionali da parte dell’avvocato Vito Cozzoli, Presidente e AD di Sport e Salute, la prima parte svolgerà in circa 90 minuti i temi: “Ordinamento sportivo in Italia”, “Requisiti qualificanti per accedere alla fiscalità di vantaggio prevista per lo sport dilettantistico”, “collaborazioni Sportive Dilettantistiche – normativa e sua evoluzione – ambito di applicazione e modalità”, “Evoluzione dell’art. 67 del TUIR”, “Quali sono le collaborazioni riconosciute dagli Organismi Affilianti”, “Come scelgo la società/associazione, cosa devo verificare”, “Come deve essere il contratto e/o lettera d’incarico”, “Come devo essere pagato”, “Come deve essere la ricevuta e/o richiesta del compenso”, “Sicurezza sul lavoro ai tempi del Covid-19 (distanziamento fisico, mascherine, ecc.)”. La seconda parte invece, nell’ambito di un’ora circa, sarà lo spazio per domande, dubbi e richiesta di approfondimenti su tematiche specifiche da parte dei partecipanti. Per accedere all’incontro di approfondimento è semplicissimo e gratuito, basterà CLICCARE QUì alle 9.50 di domani, mercoledì 22 luglio.
Le antiche Olimpiadi (XI)
Roma 16 luglio 2020 Pubblichiamo oggi un nuovo avvincente racconto storico narrato dall’arch. Livio Toschi, nella sua veste di storico della FIJLKAM. Buona lettura!
Le gare di Olimpia
All’inizio i Giochi avevano un carattere soltanto locale e il programma agonistico di Olimpia rimase a lungo molto più povero rispetto ai giochi disputati sulla spiaggia di Troia in onore di Patroclo (cantati da Omero nell’Iliade) e di Achille (descritti da Quinto di Smirne nelle Postomeriche).
Diciamo subito che la partecipazione agli agones era un fatto strettamente individuale e i giochi di squadra non furono mai introdotti e nemmeno presi in considerazione. Richard Mandell ha precisato che «nella concezione greca di gara atletica non rientravano quell’assoggettamento della volontà individuale, quel rigido insieme di regole e quello stesso concetto di fair play che hanno reso possibile i giochi di squadra».
Nelle prime 17 edizioni dell’antichità si svolsero solo gare di corsa: lo stadion (600 piedi, ossia 192,27 metri) dalla I Olimpiade alla XIII (728 a.C.); dalla XIV si aggiunse il diaulos, ossia un doppio stadion (alla fine del primo stadio si girava intorno a un palo chiamato kampter, percorrendo al contrario i secondi 600 piedi); dalla XV il dolichos, o corsa di resistenza (misurava 24 stadi). Solo nel 708 a.C. (XVIII Olimpiade) entrarono nel programma la lotta e il pentathlon. Il pancrazio, un misto di lotta e pugilato, esordì addirittura nel 648 a.C. Lotta, pugilato e pancrazio si disputavano lo stesso giorno.
Era il vincitore dello stadion a dare il nome all’Olimpiade, anche perché – come ho detto – nelle prime 13 edizioni fu l’unica gara. Nel 420 a.C., scrive Tucidide, l’onore toccò invece al pancraziaste Androstene di Menalo.
Omero definì Achille “piè veloce”, evidentemente ritenendo questa virtù fisica assai importante. Inoltre, Norman Gardiner ha scritto che secondo Senofane di Colofone si apprezzava più la velocità dei piedi che la forza, ma la maggioranza delle statue di Olimpia e degli epinici di Pindaro e Bacchilide non era dedicata alla corsa, bensì agli sport di combattimento. Omero chiude in parità la questione con le parole di Laodamante, figlio del re Alcinoo e vincitore della gara di pugilato ai Giochi dei Feaci: «Io non so per l’uom gloria maggiore / che del piè con prodezza e della mano / mentre in vita riman, poter valersi» (Odissea, libro VIII).
1.
Si distinguevano due classi di età: i fanciulli (paides), da 12 a 18 o 20 anni, e gli adulti (andres), oltre i 18 o 20 anni. A volte la ripartizione degli atleti non era semplice, non esistendo certificati di nascita o documenti d’identità; spettava pertanto agli ellanodici stabilire “a vista” se un concorrente poteva competere tra i paides. Solo nel 632 a.C., comunque, i giovani furono ammessi per la prima volta a gareggiare a Olimpia.
2.
Pausania ci narra due episodi che riguardano la valutazione dell’età. Nel 468 a.C. Feria di Egina fu giudicato troppo giovane per gareggiare nella lotta, ma si ripresentò quattro anni dopo e vinse proprio tra i paides. Il lottatore Nicasilo di Rodi, invece, non ammesso alla gara dei giovani in un’Olimpiade che ci è ignota, s’impose tra gli adulti. Lo stesso aveva fatto il pugile Pitagora di Samo nel 588.
A Istmia, a Nemea e alle Panatenee di Atene fu introdotta la classe intermedia degli “imberbi” (ageneioi); a Sparta le classi erano ben quattro. Il passaggio da una classe di età a quella superiore si chiamava prosbasis.
3.
All’epoca le prestazioni non si potevano paragonare a quelle ottenute altrove: pensiamo al tempo impiegato in una corsa (anche per la diversa lunghezza dei vari stadi). Gli atleti, pur confrontandosi sempre hic et nunc, si distinguevano con primati che definiremo “di qualità”. Nella lotta, per esempio, si tramandava il ricordo di un successo ottenuto per il ritiro degli avversari (akoniti = senza polvere) o senza essere mai caduto a terra (aptos) o non avendo mai usufruito di un sorteggio favorevole (anephedros). Nel pugilato sarebbe stato un grande vanto concludere un’Olimpiade o addirittura la carriera senza ferite (atraumatistos). Altri appellativi encomiastici erano periodonikes (vincitore dei 4 principali giochi panellenici), monos kai protos («unico e primo») e protos anthropon («primo tra gli uomini»). Venivano inoltre esaltati gli atleti che nella stessa Olimpiade vincevano lo stadio, il diaulo e l’oplitodromia, oppure la lotta e il pancrazio. Capro di Elide, che nel 212 a.C. s’impose nella lotta e nel pancrazio, fu definito deuteros aph’Erakleous, ossia il primo mortale dopo Ercole a riuscire nell’impresa.
Al sofista e retore Ippia di Elide (morto nel 490 a.C.) si deve il primo elenco di olimpionici, l’Olympionikon anagraphe, in seguito aggiornato da Aristotele, da Filocoro di Atene (IV-III secolo a.C.), da Flegonte di Tralle (II secolo d.C.), da Sesto Giulio Africano (II-III secolo) e dal vescovo Eusebio di Cesarea (III-IV secolo).
Didascalie
In copertina: Les Jeux Olympiques, di Jean-Pierre Saint-Ours, olio su tela (1783-1799) – Musée d’Art et d’Histoire, Genève
1. Corsa veloce su anfora a figure nere del Pittore di Eufileto (530 a.C.) – Metropolitan Museum, New York
2. Corsa di resistenza su anfora a figure nere del Gruppo del Vaticano (500 a.C.) – Ermitage, San Pietroburgo
3. Lo stadio di Olimpia misurava circa 212,50 x 29,50 metri (192,27 metri tra le linee di partenza e di arrivo)