“Il contributo del mondo dello sport per l’apertura delle scuole a settembre” - Webinar gratuito riservato alle ASD 27 luglio ore 17
Roma, 25 luglio 2020 - Nuovo appuntamento con gli webinar Federali, infatti, lunedì 27 luglio 2020, alle ore 17.00, il Prof. Roberto Tasciotti terrà un webinar dal titolo “Il contributo del mondo dello sport per l’apertura delle scuole a settembre”.
L’iniziativa si colloca nell’ambito delle attività che la Federazione sta realizzando per sostenere le ASD in questa delicata fase di ripresa, fornendo strumenti che permettano di realizzare un’alleanza strategica tra l’associazionismo sportivo e l’istituzione scolastica, in un sistema aperto secondo il principio della sussidiarietà orizzontale.
A questa iniziativa, riservata alle ASD, seguiranno altre attività di formazione a distanza.
Le antiche Olimpiadi (XII)
Roma 23 luglio 2020 Pubblichiamo oggi un nuovo avvincente racconto storico narrato dall’arch. Livio Toschi, nella sua veste di storico della FIJLKAM. Buona lettura!
Le corse dei cocchi
Nella puntata precedente ho cominciato a parlare delle gare di Olimpia. Continuo segnalando qualche primato. Leonida di Rodi vinse per 4 volte (dal 164 al 152 a.C.) stadio, diaulo e oplitodromia, conquistando così 12 corone, che ne fanno il più grande corridore dell’antichità. Nelle stesse discipline Ermogene di Xanto, detto Ippos (cavallo), dovette “accontentarsi” di 8 vittorie in tre Olimpiadi (dall’81 all’89 d.C.). Chionide di Sparta si aggiudicò stadio e diaulo in 3 Olimpiadi (dal 664 al 656 a.C.), come Astilo di Crotone (dal 488 al 480 a.C.), che in più s’impose nell’oplitodromia nel 480. Polites di Keramos (Caria) nel 69 d.C. vinse nello stesso giorno lo stadio, il diaulo e il dolico.
Un altro plurivincitore fu il trombettiere Erodoro di Megara, capace di suonare due trombe contemporaneamente, che si aggiudicò 10 corone dal 328 al 292 a.C. Negli sport di combattimento non possiamo dimenticare il lottatore Milone di Crotone, 7 volte olimpionico, Ippostene di Sparta (6 vittorie) e suo figlio Etimocle (5). L’araldo Valerio Eclecto di Sinope riportò 4 successi olimpici e fu trisperiodos, ossia vinse tre volte tutti i giochi del circuito.
Le antiche Olimpiadi, ma anche gli altri giochi, non comprendevano diverse gare che oggi ci sono familiari, quali il lancio del peso, il salto in alto e il tiro con l’arco, anche se Gianni Brera le includeva erroneamente nel programma: «Quandoque bonus dormitat Homerus».
La gara di apertura dei Giochi, “riservata” a sovrani e nobili, poiché i comuni cittadini non potevano permettersi di affrontarne i costi, era la corsa dei carri, minuziosamente descritta da Omero nel libro XXIII dell’Iliade e raffigurata sul Vaso François e su quello di Anfiarao (ambedue del 570-560 a.C.). I consigli del saggio Nestore al figlio Antiloco costituiscono una sorta di manuale per gli aurighi. Pindaro, nell’Olimpica I, fa addirittura risalire l’origine dei Giochi alla leggendaria competizione fra Pelope ed Enomao, finita assai male per quest’ultimo.
Qualcuno ha notato che sarebbe stato preferibile destinare la spettacolare corsa dei carri al momento culminante dei Giochi, non all’inizio. «Probabilmente – suggeriscono Finley e Pleket – si voleva aprire con la competizione che offriva la maggiore possibilità di sfoggiare pompa e splendore».
La prima corsa di quadrighe o tethrippon si disputò nel 680 a.C. (XXV Olimpiade), quella di bighe o synoris nel 408 (XCIII Olimpiade), quella di quadrighe tirate da puledri nel 384 a.C., quella di bighe tirate da puledri nel 268 a.C. Interessante la distinzione dei cavalli in due categorie di età, come avveniva per gli uomini: quelli adulti (teleioi) e i puledri (poloi). Dal 500 al 444 a.C. si disputò anche una corsa di carri trainati da muli, chiamata apene.
2.
La fase più delicata consisteva nell’allineamento dei concorrenti alla partenza. La linea di partenza dell’ippodromo di Olimpia, ideata da un certo Cleeta, aveva la forma di un triangolo isoscele. Lungo i due lati uguali si disponevano le gabbie (carceres a Roma), bloccate da una fune che si abbassava in tempi diversi per consentire un avvio non svantaggiato ai concorrenti più distanti (l’assegnazione dei posti veniva sorteggiata). Questa struttura, che Pausania paragonava alla prua di una nave, era chiamata ippaphesis e la distanza tra le due mete corrispondeva circa a 2 stadi (la lunghezza di un giro di pista era dunque di 4 stadi), ma non è chiaro il numero di giri da percorrere.
Al centro della prua si costruiva un altare di mattoni crudi, su cui era collocata un’aquila di bronzo con le ali aperte. Al segnale di partenza un meccanismo inserito nell’altare faceva alzare l’aquila per essere visibile a tutti e faceva cadere a terra la corda. Il via era dato dal suono delle trombe poiché in quella bolgia la voce degli araldi non l’avrebbe sentita nessuno. All’altezza della prima meta sorgeva un altare, chiamato tarassippo (terrore dei cavalli), cui si attribuivano poteri negativi. Girando intorno alla meta, infatti, gli incidenti non mancavano mai, soprattutto alle quadrighe.
Siccome veniva considerato vincitore il proprietario del cocchio e non l’auriga, anche delle donne ricevettero la corona: la prima fu Cinisca, sorella del re Agesilao di Sparta, nel 396 e nel 392 a.C. con la quadriga. Le fu dedicata una statua a Olimpia.
3.
A parte Alcibiade, che riportò un eccezionale successo nel 416 a.C., va menzionato Cimone di Atene: nel tethrippon con le stesse cavalle colse tre vittorie (536, 532 e 528 a.C.). Stando alle testimonianze di Erodoto e di Eliano le cavalle di Cimone furono seppellite vicino a lui e vennero effigiate nel bronzo.
La corsa dei cocchi rivestì sempre un ruolo primario, anche quando (con l’avvento della falange oplitica) si ridusse enormemente la funzione bellica dei carri. Per la prima volta il pubblico di una gara sportiva, seduto sulle tribune, fu raffigurato nel vaso di Sofilo (580-570 a.C.), di cui ci resta un frammento che illustra proprio una corsa di cocchi.
Didascalie
In copertina: Corse di cocchi ai giochi in onore di Patroclo, di Antoine-Charles-Horace Vernet (1790)
1. Auriga, Anfora panatenaica - British Museum
2. Decadramma d’argento, da Siracusa, Ø 3,5 cm, 44 g (V secolo a.C.) – Ermitage, San Pietroburgo
3. Frammento del vaso di Sofilo (580-570 a.C.), che raffigura il pubblico di una corsa di cocchi (580-570 a.C.) – Museo Archeologico Nazionale, Atene
Webinar per Collaboratori Sportivi: il 22 luglio alle 9.50 il primo incontro
Sei un collaboratore sportivo? Allora c’è un appuntamento che non ti devi assolutamente perdere, perchè potrai ottenere risposte alle domande che ti stai ponendo. Il webinar promosso da Sport e Salute si terrà domani, ed è nato dall’esito dell’indagine svolta sulle richieste d’indennità presentate dai collaboratori sportivi in occasione dell’emergenza Covid-19. Più di 28mila infatti, hanno completato il questionario e, di questi, oltre 9mila hanno contribuito con idee e suggerimenti. Il webinar, dal taglio operativo, nasce per rispondere nell’immediato alle esigenze dei collaboratori sportivi emerse nella recente survey sulla ripresa delle attività successiva all’emergenza Covid-19 e sarà condotto dal dott. Marco Perciballi, dottore commercialista, e dall’avvocato Giancarlo Guarino, entrambi esperti in ambito sportivo. Il webinar sarà organizzato in due parti e, dopo i saluti istituzionali da parte dell’avvocato Vito Cozzoli, Presidente e AD di Sport e Salute, la prima parte svolgerà in circa 90 minuti i temi: “Ordinamento sportivo in Italia”, “Requisiti qualificanti per accedere alla fiscalità di vantaggio prevista per lo sport dilettantistico”, “collaborazioni Sportive Dilettantistiche – normativa e sua evoluzione – ambito di applicazione e modalità”, “Evoluzione dell’art. 67 del TUIR”, “Quali sono le collaborazioni riconosciute dagli Organismi Affilianti”, “Come scelgo la società/associazione, cosa devo verificare”, “Come deve essere il contratto e/o lettera d’incarico”, “Come devo essere pagato”, “Come deve essere la ricevuta e/o richiesta del compenso”, “Sicurezza sul lavoro ai tempi del Covid-19 (distanziamento fisico, mascherine, ecc.)”. La seconda parte invece, nell’ambito di un’ora circa, sarà lo spazio per domande, dubbi e richiesta di approfondimenti su tematiche specifiche da parte dei partecipanti. Per accedere all’incontro di approfondimento è semplicissimo e gratuito, basterà CLICCARE QUì alle 9.50 di domani, mercoledì 22 luglio.
Le antiche Olimpiadi (XI)
Roma 16 luglio 2020 Pubblichiamo oggi un nuovo avvincente racconto storico narrato dall’arch. Livio Toschi, nella sua veste di storico della FIJLKAM. Buona lettura!
Le gare di Olimpia
All’inizio i Giochi avevano un carattere soltanto locale e il programma agonistico di Olimpia rimase a lungo molto più povero rispetto ai giochi disputati sulla spiaggia di Troia in onore di Patroclo (cantati da Omero nell’Iliade) e di Achille (descritti da Quinto di Smirne nelle Postomeriche).
Diciamo subito che la partecipazione agli agones era un fatto strettamente individuale e i giochi di squadra non furono mai introdotti e nemmeno presi in considerazione. Richard Mandell ha precisato che «nella concezione greca di gara atletica non rientravano quell’assoggettamento della volontà individuale, quel rigido insieme di regole e quello stesso concetto di fair play che hanno reso possibile i giochi di squadra».
Nelle prime 17 edizioni dell’antichità si svolsero solo gare di corsa: lo stadion (600 piedi, ossia 192,27 metri) dalla I Olimpiade alla XIII (728 a.C.); dalla XIV si aggiunse il diaulos, ossia un doppio stadion (alla fine del primo stadio si girava intorno a un palo chiamato kampter, percorrendo al contrario i secondi 600 piedi); dalla XV il dolichos, o corsa di resistenza (misurava 24 stadi). Solo nel 708 a.C. (XVIII Olimpiade) entrarono nel programma la lotta e il pentathlon. Il pancrazio, un misto di lotta e pugilato, esordì addirittura nel 648 a.C. Lotta, pugilato e pancrazio si disputavano lo stesso giorno.
Era il vincitore dello stadion a dare il nome all’Olimpiade, anche perché – come ho detto – nelle prime 13 edizioni fu l’unica gara. Nel 420 a.C., scrive Tucidide, l’onore toccò invece al pancraziaste Androstene di Menalo.
Omero definì Achille “piè veloce”, evidentemente ritenendo questa virtù fisica assai importante. Inoltre, Norman Gardiner ha scritto che secondo Senofane di Colofone si apprezzava più la velocità dei piedi che la forza, ma la maggioranza delle statue di Olimpia e degli epinici di Pindaro e Bacchilide non era dedicata alla corsa, bensì agli sport di combattimento. Omero chiude in parità la questione con le parole di Laodamante, figlio del re Alcinoo e vincitore della gara di pugilato ai Giochi dei Feaci: «Io non so per l’uom gloria maggiore / che del piè con prodezza e della mano / mentre in vita riman, poter valersi» (Odissea, libro VIII).
1.
Si distinguevano due classi di età: i fanciulli (paides), da 12 a 18 o 20 anni, e gli adulti (andres), oltre i 18 o 20 anni. A volte la ripartizione degli atleti non era semplice, non esistendo certificati di nascita o documenti d’identità; spettava pertanto agli ellanodici stabilire “a vista” se un concorrente poteva competere tra i paides. Solo nel 632 a.C., comunque, i giovani furono ammessi per la prima volta a gareggiare a Olimpia.
2.
Pausania ci narra due episodi che riguardano la valutazione dell’età. Nel 468 a.C. Feria di Egina fu giudicato troppo giovane per gareggiare nella lotta, ma si ripresentò quattro anni dopo e vinse proprio tra i paides. Il lottatore Nicasilo di Rodi, invece, non ammesso alla gara dei giovani in un’Olimpiade che ci è ignota, s’impose tra gli adulti. Lo stesso aveva fatto il pugile Pitagora di Samo nel 588.
A Istmia, a Nemea e alle Panatenee di Atene fu introdotta la classe intermedia degli “imberbi” (ageneioi); a Sparta le classi erano ben quattro. Il passaggio da una classe di età a quella superiore si chiamava prosbasis.
3.
All’epoca le prestazioni non si potevano paragonare a quelle ottenute altrove: pensiamo al tempo impiegato in una corsa (anche per la diversa lunghezza dei vari stadi). Gli atleti, pur confrontandosi sempre hic et nunc, si distinguevano con primati che definiremo “di qualità”. Nella lotta, per esempio, si tramandava il ricordo di un successo ottenuto per il ritiro degli avversari (akoniti = senza polvere) o senza essere mai caduto a terra (aptos) o non avendo mai usufruito di un sorteggio favorevole (anephedros). Nel pugilato sarebbe stato un grande vanto concludere un’Olimpiade o addirittura la carriera senza ferite (atraumatistos). Altri appellativi encomiastici erano periodonikes (vincitore dei 4 principali giochi panellenici), monos kai protos («unico e primo») e protos anthropon («primo tra gli uomini»). Venivano inoltre esaltati gli atleti che nella stessa Olimpiade vincevano lo stadio, il diaulo e l’oplitodromia, oppure la lotta e il pancrazio. Capro di Elide, che nel 212 a.C. s’impose nella lotta e nel pancrazio, fu definito deuteros aph’Erakleous, ossia il primo mortale dopo Ercole a riuscire nell’impresa.
Al sofista e retore Ippia di Elide (morto nel 490 a.C.) si deve il primo elenco di olimpionici, l’Olympionikon anagraphe, in seguito aggiornato da Aristotele, da Filocoro di Atene (IV-III secolo a.C.), da Flegonte di Tralle (II secolo d.C.), da Sesto Giulio Africano (II-III secolo) e dal vescovo Eusebio di Cesarea (III-IV secolo).
Didascalie
In copertina: Les Jeux Olympiques, di Jean-Pierre Saint-Ours, olio su tela (1783-1799) – Musée d’Art et d’Histoire, Genève
1. Corsa veloce su anfora a figure nere del Pittore di Eufileto (530 a.C.) – Metropolitan Museum, New York
2. Corsa di resistenza su anfora a figure nere del Gruppo del Vaticano (500 a.C.) – Ermitage, San Pietroburgo
3. Lo stadio di Olimpia misurava circa 212,50 x 29,50 metri (192,27 metri tra le linee di partenza e di arrivo)
Le antiche Olimpiadi (X)
Roma 9 luglio 2020 Pubblichiamo oggi un nuovo avvincente racconto storico narrato dall’arch. Livio Toschi, nella sua veste di storico della FIJLKAM. Buona lettura!
Non mancarono le critiche agli atleti di Olimpia
Abbiamo finora ricordato la fama che circondava gli olimpionici e gli onori a loro concessi. Non mancarono tuttavia le critiche, poiché alcuni ritenevano che l’esaltazione degli atleti fosse fondata su una falsa valutazione di ciò che era veramente importante, privilegiando lo sportivo rispetto al soldato o la superiorità fisica a scapito delle qualità intellettuali e spirituali. Tra i critici si segnalò – già nel VII secolo a.C. – il poeta Tirteo di Sparta, che sosteneva l’inutilità di un atleta per il benessere della polis se non era anche valoroso in guerra.
Il legislatore ateniese Solone, ha scritto Diodoro Siculo, «pensava che quanti gareggiavano nella corsa e in ogni altra disciplina non dessero alcun contributo fondamentale per la salvezza delle loro città e che invece quanti eccellevano per sapienza e virtù fossero in grado di salvaguardare le città coinvolte nei pericoli».
Un secolo più tardi, stanco di vedere la sua sapienza sottovalutata, affermava Senofane in un frammento delle elegie: «Avventati criteri! Non è giusto preferire alla filosofia la forza fisica. Se c’è fra i cittadini un pugile valente, uno bravo nel pentathlon, nella lotta o nella corsa, [...] non per questo la città gode di buon governo. Ben poco diletto ne ha la polis se qualcuno vince una gara a Olimpia: non è così che s’impinguano le sue casse».
In un discorso tenuto a Olimpia nel 380 a.C. anche Isocrate si allineava su questa posizione.
«Mi sono spesso stupito che i fondatori delle Panegirie e gli organizzatori delle gare atletiche abbiano messo in palio premi così magnifici per le prestazioni fisiche, senza riservare alcun riconoscimento a chi ha lavorato per il bene comune e ha perfezionato le proprie qualità spirituali per essere utile agli altri. E invece era a questi uomini che si doveva pensare. Infatti, se gli atleti avessero anche il doppio della loro forza fisica, l’umanità non guadagnerebbe nulla, ma se un solo uomo è saggio, tutti quelli che vogliono condividerne le idee possono trarne vantaggio».
1.
Sono famose le parole di scherno di Esopo contro l’atleta vanesio dei suoi successi pur avendo sconfitto avversari da lui stesso definiti più deboli, e quelle di Diogene contro il corridore veloce tra gli uomini, ma più lento di una piccola lepre. Gli attacchi si moltiplicarono contro il professionismo, che «apparve nella seconda metà del V secolo, rigettando l’antico ideale dell’esercizio della forza per la salute e per la destrezza in guerra, congiunte con la bellezza fisica: esso rese l’agonistica fine a se stessa» (Bronislaw Bilinski). Con il professionismo si spense il fuoco dell’antico ideale eroico e lo scopo dell’atleta non fu più la gloria o la capacità di difendere la patria. Insomma, l’atleta professionista era un essere socialmente inutile e le gare sacre (agones ieroi), col tempo, si trasformarono in semplici spettacoli.
Nel dramma satiresco Autolico così si esprimeva Euripide: «Fra i tanti mali che affliggono l’Ellade, nessuno è peggiore della razza degli atleti […]. Quale buon lottatore, infatti, oppure quale corridore, quale discobolo o ancora quale buon fracassatore di mascelle, coronato per le vittorie, ha portato vantaggio alla sua città?».
Va ricordato che nella sua tragedia Ippolito, del 428 a.C., Euripide (da molti accusato di misoginia) affermò invece che il peggiore dei mali non erano gli atleti, ma le donne.
2.
Il condottiero tebano Epaminonda riteneva l’agilità più importante della forza «e quindi limitava gli allenamenti sportivi alla corsa e alla lotta, mentre concentrava gli esercizi sulla pratica delle armi». Un altro generale, Filopemene di Megalopoli, sosteneva che gli atleti «mangiano troppo, dormono troppo e devono seguire abitudini regolari, tutte cose impossibili per i soldati durante le campagne, e alla fine fece bandire ogni forma di atletica dall’esercito». Nemmeno Alessandro Magno nutriva molta fiducia nelle capacità degli atleti in battaglia.
Anche il poeta Lucillio (II secolo a.C.), l’architetto Vitruvio Pollione (I secolo a.C.) e, soprattutto, il medico Galeno di Pergamo (II secolo d.C.) non risparmiarono violenti attacchi agli atleti.
Altri, invece, seppero criticare con raffinata ironia. Nelle Thanatusie, i giochi disputati dai defunti che soggiornavano nell’Isola dei Beati, Luciano di Samosata ha immaginato che gli agonoteti Achille e Teseo dispensassero ai vanagloriosi vincitori corone intrecciate con penne di pavone.
Didascalie
In copertina: Alessandro e Diogene, olio su tela di Paride Pascucci (1891) – Museo Cassioli, Asciano
1. Solone, olio su tela di Francesco Hayez (1812-13) – Gallerie dell’Accademia, Venezia
2. Busto di Euripide / Definì gli atleti e le donne “il male peggiore della Grecia”
La vita dopo il Covid: lo sport sarà essenziale. Parola di CIO e ONU
Roma, 4 luglio 2020 - In questi giorni, in tutta Italia si discute, soprattutto a livello regionale, sulla possibilità di ricominciare in maniera attiva e sicura con gli sport di contatto. La richiesta di ripartire si fa sempre più pressante e urgente, per motivi sia economici che mentali. È di giovedì 2 luglio la richiesta ufficiale del comitato regionale FIJLKAM dell’Emilia Romagna al Presidente della Regione Bonacini per la riapertura degli sport di contatto. Sono già dodici le regioni in cui si è potuto, o si potrà a breve (come la Lombardia dal 10 luglio), ricominciare piano piano seguendo naturalmente delle regole molto severe, a partire dalle linee guida elaborate dalla Federazione per i nostri sport.
Insomma, il tema caldo è la ripartenza. E non solo a livello regionale o nazionale.
Giovedì 25 giugno, infatti, il presidente del CIO Thomas Bach e la vicepresidente della Commissione atleti del CIO Danka Bartekova hanno partecipato alla seconda edizione di #UN75, una serie di discussioni sulle sfide che il mondo sta affrontando, organizzata dall’ONU. Il risultato di tali discussioni con le annesse opinioni, proposte, preoccupazioni e idee saranno presentate dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ai leader mondiali in occasione della celebrazione ufficiale del 75° anniversario delle Nazioni Unite a settembre 2020.
I rappresentanti del CIO sono stati invitati a partecipare alla conversazione “Multilateralismo ai tempi del Covid-19”, particolarmente incentrata sull’impatto della pandemia sulla cultura, sullo sport e sul turismo. Tre settori che “hanno sofferto maggiormente a causa della pandemia”, come ha spiegato Tatiana Valovaya, direttore generale dell'Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, e per le quali le conseguenze economiche e sociali sono state enormi.
Insieme al Presidente Bach e alla vicepresidente Bartkova, sono stati affrontati temi relativi al ruolo dello sport nel mondo post-Covid19 e nella costruzione dell’inclusione sociale.
“Il mondo post-coronavirus trarrà beneficio dallo sport. E siamo pronti a contribuire a modellarlo, siamo pronti a rendere il mondo un posto migliore attraverso lo sport”, ha dichiarato il Presidente del CIO in un videomessaggio, invitando i governi del mondo a includere lo sport nei loro programmi di sostegno post-coronavirus. Come ha spiegato il presidente Bach, lo sport contribuisce alla ripresa dalla crisi, creando un mondo migliore dal punto di vista socio-economico e della salute e perché “lo sport crea posti di lavoro, genera attività imprenditoriale, svolge un ruolo economico significativo in molti paesi, tutti elementi vitali in quanto i paesi cercano di riaprire le loro economie". Ha inoltre spiegato come il valore più necessario in questo momento è la solidarietà, all’interno della società come fra le nazioni, ed è proprio lo sport a portare questo valore sul palmo della mano, a insegnarlo e trasmetterlo.
Un ulteriore campanello di allarme è stato lanciato da Danka Bartekova riguardo alla necessità di costruire società inclusive e di favorire l’uguaglianza di genere, obiettivi per i quali lo sport è un potentissimo strumento. “Le donne nello sport non dovrebbero essere lasciate indietro nella fase di recupero. Le parti vulnerabili della nostra società devono essere prese in considerazione quando parliamo di ripartenza e dobbiamo basarci sui successi che sono già stati raggiunti”, ha dichiarato la vicepresidente della Commissione atleti del CIO. A tal proposito è stato anche ricordato che il CIO negli ultimi mesi si è dato molto da fare proprio per evitare che la crisi crei una disparità sociale e di genere ancora maggiore. Particolare attenzione è stata data all'attuazione delle raccomandazioni del progetto di revisione dell'uguaglianza di genere del CIO, che, dal suo lancio nel marzo 2018, ha fornito ai comitati nazionali (NOC) e alle federazioni internazionali alcune soluzioni per raggiungere l’uguaglianza di genere dentro e fuori dal campo di gioco. Una serie di webinar è inoltre prevista durante l'estate per garantire che donne e ragazze partecipino attivamente ai piani di recupero sportivo.
Infine, la discussione del 25 giugno è stata anche un’occasione per riflettere sul ruolo che gli atleti hanno assunto durante la crisi: modelli ed esempi per motivare le loro comunità a rimanere attive. Tuttavia, anche loro hanno bisogno delle organizzazioni sportive internazionali e del loro supporto per mantenere un imprescindibile benessere mentale. Durante la pandemia, vista la mancanza di accesso alle strutture sportive e l’isolamento dai compagni di squadra e dalla più ampia comunità di atleti, la sfida più grande per loro è stata proprio quella di mantenere una buona forma a livello mentale.
Ed ecco che il discorso ci riporta in Italia, dove la pressione per ritornare all’attività si fa sempre più forte e dove alcune regioni sono ancora bloccate. In attesa, dunque, che tutti i nostri atleti, nostri esempi e modelli, possano tornare ad allenarsi e a combattere, confidiamo che le parole del Presidente del CIO vengano ascoltate dai leader mondiali durante la celebrazione di settembre e, perché no, anche prima.
Le antiche Olimpiadi (IX)
Roma 1 luglio 2020 Pubblichiamo oggi un nuovo avvincente racconto storico narrato dall’arch. Livio Toschi, nella sua veste di storico della FIJLKAM. Buona lettura!
Arte e sport fino dall’antichità hanno costituito un binomio fecondo. Sviluppatosi già in Egitto, divenne inscindibile in Grecia, tanto che le gare e gli esercizi di palestra furono uno dei temi preferiti dagli artisti. Lo studio degli armoniosi corpi degli atleti, spesso idolatrati come divinità, guidò Policleto all’elaborazione del suo “canone”, concretizzato nella statua del Doriforo e in un trattato purtroppo perduto. Se Mirone nel Discobolo seppe cogliere il magico attimo in cui il movimento pare arrestarsi prima di esplodere in tutta la sua energia, Lisippo conquistò lo spazio con l’ampia e ieratica gestualità dell’Apoxyomenos. L’ispirazione rimase alta anche dopo quei tre inarrivabili maestri, passando dalle delicate fattezze dei Pancraziasti degli Uffizi e dei Giovani lottatori di Ercolano al Pugile in riposo, veristicamente martoriato.
Ogni vincitore di Olimpia aveva il diritto di farsi erigere una statua con iscrizione e al ritorno nella città natale la polis gli decretava il trionfo. Nel 412 a.C., narra Diodoro Siculo, Agrigento fece addirittura scortare in città Esseneto, per la seconda volta vincitore dello stadion, da trecento bighe tirate da cavalli bianchi. Si arrivò persino ad abbattere tratti di mura per agevolare il passaggio dei cortei: a che cosa servivano le mura – era il significato simbolico – quando per difensori la popolazione poteva contare su simili campioni? Sappiamo però che Alessandro Magno non condivideva questa fiducia negli atleti. Anche l’ammiraglio lacedemone Antalcida – secondo Plutarco – non faceva troppo affidamento sui campioni dello sport, affermando invece che «i giovani guerrieri costituivano le mura di Sparta e i suoi confini erano le punte delle loro lance».
Al pancraziaste Promaco di Pellene (vincitore nel 404 a.C.) furono erette due statue: una di bronzo a Olimpia e una di marmo nel ginnasio della sua città. Molti atleti ebbero lo stesso onore, ma le statue dedicate agli uomini (andriantes), secondo Luciano, non dovevano superare la grandezza naturale per non rivaleggiare con quelle dedicate alle divinità (agalmata), commettendo così un grave peccato di orgoglio (ybris). Non dovevano neppure avere le fattezze dei vincitori. Asseriva tuttavia Plinio il Vecchio che si faceva eccezione per quanti riportavano tre successi. Ma chi mai avrebbe rinunciato a farsi erigere subito una statua, per quanto a lui non somigliante, nella speranza di essere ancora primo dopo quattro e dopo otto anni? Una possibilità così remota e quindi un’opzione tanto assurda da mettere fortemente in dubbio le parole di Plinio.
Va segnalato che nel Philippeion furono collocate le statue crisoelefantine del re macedone Filippo, di Alessandro, di sua madre Olimpiade e dei genitori di Filippo. Scolpite da Leocare di Atene, sono le prime raffigurazioni di mortali eseguite con un materiale (oro e avorio) fino ad allora destinato esclusivamente alle divinità.
1.
Ovviamente, trascorreva diverso tempo tra la vittoria e l’erezione della statua, ma non valeva neppure la pena di affrettarsi, visto che Olimpia si sarebbe ripopolata solo quattro anni più tardi e prima di allora ben pochi avrebbero potuto ammirare la statua dedicata al campione. Eubata di Cirene, tuttavia, nel 408 a.C. pensò di anticipare i tempi e di recarsi a Olimpia con la statua già pronta, fidando nelle sue capacità e in un oracolo favorevole. Appena proclamato vincitore dello stadion poté così posizionare la sua statua nell’altis. Un’altra statua gli fu eretta a Cirene dalla moglie quale premio non delle sue qualità atletiche, ma della sua fedeltà.
Per Plinio il Vecchio essere effigiati in una statua costituiva un grande privilegio, riservato a quanti «avevano meritato l’immortalità per qualche importante ragione, in primo luogo per la vittoria nelle gare sacre, soprattutto in quelle di Olimpia». Ma non soltanto per i successi sportivi. Proprio a Olimpia, infatti, furono erette le statue di Omero e di Esiodo, che la tradizione vuole avversari in un famoso confronto (agon) poetico, vinto da Esiodo, durante i giochi in onore di Anfidamante a Calcide, nell’isola di Eubea.
2.
Artisti prestigiosi lavorarono per gli olimpionici, costituendo il più grande museo all’aperto dell’antichità: pare che il numero delle statue arrivasse a 500 nel periodo di massimo splendore dei Giochi. Pausania nel II secolo d.C. ne contò 192. Le prime furono di legno: nel 544 a.C. venne innalzata quella del pugile Prassidamo di Egina e nel 536 quella del pancraziaste Ressibio di Opunte. Sui basamenti era spesso incisa la carriera agonistica dell’atleta e ciò ha permesso di ricostruire, anche se parzialmente, molti elenchi di vincitori nei principali Giochi.
Va sottolineato che Pausania descrisse con cura le statue dei vincitori olimpici, mentre quasi non menzionò quelle dei vincitori dei Giochi di Delfi, Istmia e Nemea.
Accanto alla scultura anche la pittura vascolare ebbe un ruolo importantissimo nel tramandare lo sport. Il professore di archeologia Manolis Andronikos segnala un dato impressionante: «Solo nella pittura vascolare attica ci restano 1.571 raffigurazioni con scene atletiche, senza calcolare le figure di atleti vincitori».
Concludo con le parole di Henri Pouret: «C’est l’Art qui assure la pérennité du Sport».
Didascalie
In copertina: Il trionfo di Esseneto, di Luigi Queriau, sipario del teatro di Agrigento (1879). Andato distrutto, nel 2007 fu sostituito da un nuovo sipario, che riproduceva l’originale
1. Apoxyomenos, copia romana in marmo dell’originale in bronzo di Lisippo, altezza 205 cm (330-320 a.C.) – Musei Vaticani, Roma
2. Apoxyomenos di Efeso, copia romana in bronzo da originale greco, altezza 192 cm (340-330 a.C.) – Kunsthistorisches Museum, Vienna
3. Anfora di Andocide a figure rosse, detta “Scuola di lotta”, da Vulci, altezza 58 cm (530-525 a.C.) – Antikensammlungen, Berlino
Linee guida in dirittura, spiragli di apertura
È comprensibile a chiunque che l’entrata a gamba tesa di un virus della portata di questo Covid-19, produca soltanto danni, disagi e, purtroppo, anche il dolore per la morte di tantissime persone. Sicuramente troppe persone. Ed è comprensibile anche che, chi si trova alla guida di una società sportiva, piuttosto che di un comitato regionale, una federazione, ma anche del governo di un paese, non ha certo previsto la soluzione per un problema causato da un virus killer. Non può averlo previsto, così come non si prevedono i terremoti, l’eruzione dei vulcani o le guerre, ma ci si dà da fare, ciascuno come può, come sa e come riesce. Ma ancora più comprensibile è quella voglia che decine di migliaia di praticanti, insegnanti e dirigenti esprimono a gran voce su tutti i social, ma non solo, di ritornare a fare le cose che hanno sempre fatto nelle loro palestre. Un’astinenza che si prolunga già da quattro mesi corrisponde ad un’anomalia eccezionale da sopportare per chiunque, sia chi aveva nel mirino l’Olimpiade, ma anche chi puntava all’esame di cintura gialla. Un’attesa che si fa così insopportabile da trasformarsi in rabbia. Messaggi nuovi ne fioccano di continuo sulle bacheche, tante le richieste per ogni tipo di aiuto, ma la più ricorrente, che si sta facendo addirittura pressante, è la richiesta di poter ripartire. Ed a tal proposto sono state attivate anche delle iniziative, degli inviti alla mobilitazione attraverso il flash-mob promosso da Felice Mariani in programma alle 14.30 di giovedì 2 luglio in piazza San Silvestro a Roma, ma anche una raccolta di firme che punta all’apertura per gli sport di contatto anche nelle 15 regioni che ancora non l’hanno fatto. In ogni caso, con le nuove linee guida appena aggiornate dalla Federazione e che saranno pubblicate a breve, quelle regioni, che sulla base dei dati epidemiologici hanno già espresso parere favorevole alla riapertura dell'attività, potranno riprendere a fare quel qualcosa in più che la situazione consente. Auspicando che presto questo riguardi tutte le regioni del nostro Paese.
Amarcord Loriga: Sardegna, isola di lottatori
Roma 27 giugno 2020 Riprende anche questa settimana un appuntamento fisso con le storie raccontate da un grande amico della FIJLKAM, il giornalista Vanni Lòriga, uno dei massimi esperti di sport in Italia. Racconterà per i nostri appassionati lettori dei campioni olimpici delle nostre discipline, ma anche le curiosità e gli aneddoti di personaggi famosi e a volte insospettabilmente legati ai nostri sport.
Come è noto fra le discipline sportive gestite dalla FIJLKAM ci sono alcune lotte che vengono definite "tradizionali", fra cui il Pancrazio, la Capoeira e S'Istrumpa. Tutte sono ampiamente presentate sul Sito Federale ma qualcosa posso aggiungere su S'Istrumpa. Antichissima sfida cha da millenni impegna i "Gherbradoreses" della Sardegna. Lo posso fare rileggendo l'ultima edizione di un libro che di essa spiega storia, regole, vicende e curiosità.
Fra le caratteristiche di questo volumetto ( Piero Frau, S'Istrumpa) è che sia scrittno in due lingue, cioè in italiano con la traduzione a fronte in "limba sarda". Ancora più eccezionale che abbia vinto il !Premio Letteraio Ozieri", Penso che non siano molti i testi di lotta che abbiano meritato analoghi riconoscimemti.
Piero Frau si deve ritenere il "reinventore" de S'Istrumpa, lotta antichissima che si fa risalire all' epoca premiragica. Il suo paese, Ollolai, era l'antico capoluogo della Barbagia ed ha sempre coltivato il mito della forza. Non a caso dette i natali anche a Franc Columbu, il mitico Mister Olimpya, ritenuto l'uomo più for del mondo e che proprio insieme a Frau si allenò per anni a Monaco di Baviera. Lì conobbero e frequentarono Arnold Schwarzenegger, loro grande e fedele amico.
1.
Interessante è scoprire l'etimo di Ollolai, Sono molte le ipotesi ma la più intrigante è che derivi dal grido greco "alalazo" che salutava la vittoria in battaglia. Lo avrebbero portato nel cuore della Sardegna esuli troiani. Ricordiamo, visto che navighiamo nel mare delle notizie non confermate, che il fanmoso "Eia, Eia Alalà" che fu intnrodotto in Italia per sostuite l'ingles hi,hiè, hurrà potrebbe avere le stesse origini.
Tornando alla pratica della Lotta ricordiamo che in Sardegna abbiamo altre testimonianze. Su tutti i bronzetti, di Uta che però poco hanno a che vedere con la Strumpa che non prevede la schienarta ma solo lo sbilanciamento dell' avversario. Infine un Gigante di Monte Prama, dove ci sono anche ribustu pugili. Si può concludere che i Sardu non hanno mai disdegnato il lottare. Preannuncio che nella prossima puntata trattereno delle lotte tradizionali nel resto del mondo. Ci fara da guida Nino Caudullo che per anni girò il mondo per conto del CIO per convertire alla lotta Olimpica i milioni di praticanti di Lotte Locali.
Didascalie
1. bronzetto nuragico raffigurante de lottatori rinvenuto sul monte Arcosu ad Uta.
L'editoriale del Presidente: va bene la pazienza, ma occorre ripartire
Sono sinceramente sorpreso e amareggiato dalla decisione del Governo di rimandare la ripartenza per gli sport di contatto.
Sorpreso dal parere del CTS della Protezione Civile, che ritiene le nostre discipline sportive ancora pericolose per la salute quando, al contrario, potrebbero essere svolte in piena sicurezza in ambienti protetti che rispettano tutte le regole igieniche e sanitarie del caso.
Non voglio fare polemica, ma gli assembramenti di giovani, che vediamo giornalmente nelle strade, ai giardini e in qualsiasi spazio attrezzato per fare sport, non garantiscono l’assenza di rischi di contagio, semmai il contrario. Invece, i nostri sport, svolti in ambienti sanificati e nel pieno rispetto delle regole igieniche, possono offrire - soprattutto in questa fase - garanzie di gran lunga maggiori di quelle che fornisce lo sport in strada autorganizzato.
Pertanto, voglio aggiungere la mia voce a quella degli altri Presidenti Federali che si sono espressi in questo senso. E voglio esprimere la mia gratitudine al Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora, per aver compreso appieno il nostro “mondo sportivo” ed essersi espresso esplicitamente, rivolgendo un appello a Governo e Ministero della Salute affinché possano rivalutare le decisioni in merito a questo nuovo stop per i nostri Sport.
Voglio anche aggiungere che nel momento in cui si ha cura di far ripartire l’economia italiana, come giustamente si sta facendo, non si può escludere dal computo la parte consistente che deriva dall’indotto sportivo. Proseguire in questa decisione di chiusura significa mandare a morte numerose realtà economiche che poggiano proprio sugli sport di contatto, con le ovvie ricadute negative per il Paese che tutti noi possiamo immaginare.
La FIJLKAM, dal canto suo, sta facendo il possibile. Proprio ieri sera il Consiglio Federale ha deliberato per le proprie Società Sportive un consistente aiuto, che si articola su diversi fronti: un “Bonus Economato” consistente nella gratuità per il 2021 per affiliazione e tesseramento di Società, Dirigenti, Insegnante Tecnico titolare e Atleti pre-agonisti, secondo modalità che saranno comunicate in seguito; poi, l’azzeramento delle quote di iscrizione alle gare nazionali ancora da svolgere nel 2020 ed, infine, il lancio di una Campagna di Comunicazione per la promozione e la diffusione dei nostri Sport che avrà come tema “Difendiamo il Futuro”.
Tuttavia va da sé che gli sforzi che la FIJLKAM può e deve fare a supporto delle proprie Società non devono infrangersi contro i diktat negativi del Governo.
Vogliamo essere collaborativi e non metterci in una sterile contrapposizione. Perciò, stiamo elaborando un nuovo protocollo sanitario per consentire agli Atleti impegnati nel “Progetto Tokyo” di iniziare a svolgere gli allenamenti con contatto nel rispetto, ove applicabile, delle linee guida del Ministero dello Sport. Appena pronte saranno inviate al Ministro che, siamo certi, potrà supportare la nostra richiesta di ripartenza ad iniziare dagli Atleti di alto livello.
In questi giorni abbiamo letto delle Ordinanze delle Regioni Sicilia, Puglia e Liguria che consentono lo svolgimento degli allenamenti anche agli sport di contatto. Non posso che esserne lieto, ma, visto il parere negativo del CTS sul quale ho aperto la mia riflessione, invito le Società Sportive ad avere pazienza ancora per qualche giorno in attesa che venga chiarita questa apparente situazione di incertezza normativa.
Posso assicurare, ad ogni buon conto, che il protocollo di allenamento, così come stabilito nell’Art. 1 del decreto dell’11 giugno 2020, sarà reso noto nei prossimi giorni.
Domenico Falcone
Roma, 26 giugno 2020